Una voce «maleducata» come rock comanda
di Antonio Lodetti
La voce è ancora abrasiva e ineducata come rock comanda. Lo si capisce subito quando attacca – dopo un’attualissima Svalutation – il classico di Little Richard Rip It Up con controllata veemenza. A 74 anni il suo (unico) mestiere è ancora quello del cantante e dell’entertainer, quello più amato dal pubblico osannante che lo segue con urla, applausi e striscioni. Caro Adriano, è facile mettere d’accordo tutti; basta inanellare i classici di un’esaltante carriera (leggendo i testi da un enorme gobbo per essere sicuro di non perdere una battuta) che vanno da Si è spento il sole a Io non so parlar d’amore dedicata a Gianni Bella e a Mogol (seduto fra il pubblico in mezzo a numerosi vip). Sono passati 55 anni da quando Celentano vinse il primo festival rock italiano al Palazzo del ghiaccio di Milano con i Rock Boys (Gaber, Jannacci e Tenco) e lui non ha perso quello spirito lì, guascone, ribaldo, epitome del r’n’r come della ballata melodica (da brivido Pregherò, gloriosa versione italiana della mitica Stand By Me e Il ragazzo della via Gluck versione gospel cantata in coro da tutto il pubblico mentre Adriano si accompagna con la chitarra) ma in grado di spaziare in mille altri generi. Inutile fare il guru, appena si muove col suo passo dinoccolato o accenna due parole di presentazione delle varie canzoni l’Arena si trasforma in uno stadio e si sprecano gli «Adriano, Adriano». In un cocktail elegante ma dai sapori forti ora si diverte con La cumbia di chi cambia, ora crea l’atmosfera cantautorale con Io sono un uomo libero scritta da Ivano Fossati, ora duetta con Gianni Morandi (unico ospite musicale) in Ti penso e cambio il mondo e La mezza luna, sempre ben guidato dagli arrangiamenti moderni ma rockeggianti di Fio Zanotti e della sua orchestra. Certo viaggia sul sicuro giocando perlopiù su un repertorio che suscita mille ricordi ed emozioni ma questa è la forza dei grandi intrattenitori, quelli che non chiacchierano ma che ti riempiono il cuore con il carsima della loro inquietudine modulatoria.
09/10/2012 – Il Giornale