In via Gluck oggi si parla cinese. «Salvate i luoghi di Celentano».
Petizione per la strada di 90 metri cantata dal Molleggiato. C’è una coppia di inquilini dell’epoca.
MILANO – Una «ballata» l’ha resa celebre e oggi si chiede alla Soprintendenza un vincolo ambientale e paesaggistico per salvarla. Per la via Gluck, stradina lunga e stretta, tanto anonima che quasi non si vede e corre accanto alla massicciata della ferrovia, e per la casa dove nacque il Molleggiato, si stanno muovendo i circoli milanesi di Legambiente e l’Associazione amici della Martesana. Sono novanta metri di via in tutto e quel palazzo di fine Ottocento, al civico 14, dov’è rimasta solo la Ginetta con il marito Amedeo a rispondere al citofono: «Andate via, qui è una processione tutti i giorni e io non ho più voglia di parlare». Ma, poi, ti fa salire: prima scala a sinistra, terzo piano, seconda porta a destra lungo la ringhiera. E qualcosa racconta, lei che con Adriano è cresciuta ed è l’unica che in quel palazzo oggi multietnico può ancora dire di ricordare.
Il portoncino là dabbasso si apre e chiude di continuo. Entrano ed escono cinesi e filippini. Sul citofono, due cognomi, il resto numeri ed etichette lasciate in bianco. E il retrobottega al piano terra, dove Adriano Celentano visse con la famiglia (mamma Giuditta era sartina e aveva il negozio affacciato sulla strada), poi deposito di pesce congelato e dopo ancora panetteria, è tornato all’antica funzione abitativa. I muri interni sono scrostati. Lungo le scale, le ampie finestre a vetri «cattedrale» (a pezzi) e la ringhiera in ferro battuto con foglie d’edera lavorate sono tracce del primo Liberty, fregi che gli architetti allora non facevano mancare anche alle più semplici case di ringhiera.
Pippo Amato, presidente del comitato Martesana, non è nuovo a queste battaglie. Riuscì tempo addietro a mettere sotto tutela la cascina Conti, il nucleo antichissimo di Greco. «Questo fazzoletto di città non ha certo caratteristiche monumentali di particolare pregio – spiega, illustrando la richiesta presentata in Soprintendenza -, ma costituisce l’ultima testimonianza storico-culturale degli insediamenti sorti nei Comuni attorno a Milano, in concomitanza con lo sviluppo industriale». A Greco, piccolo comune della cinta orientale della metropoli, dalla quale sarebbe stato assorbito nel 1923, la vita costava meno e la via Gluck fu il centro del nucleo abitato dagli operai della Pirelli. Eccole quelle case, «fuori città… gente tranquilla, che lavorava» in mezzo al verde… che Celentano renderà celebri e immortali con la sua ballata. Ora non ci sono il verde né l’erba, non senti più neppure l’«amico treno che fischia così, wa wa!».
Il bagno in cortile è il ripostiglio della spazzatura. Hanno chiuso panettiere, macellaio e idraulico. La gelateria è un centro massaggi. L’iniziativa milanese ha dei precedenti: in Inghilterra, la casa dove abitava Paul McCartney a Liverpool in Forthlin Road 20, è stata inserita da tempo tra gli edifici storici da tutelare, a cura del National Trust . «Il Ragazzo della via Gluck – conclude Amato – è uno dei primi fermenti della coscienza ambientalista ed ecologista, un grido di dolore contro un’insensata identificazione del progresso e della riqualificazione dell’habitat con la cementificazione, che a Greco non s’è mai fermata».
Ancora oggi, il lato Nord della via è un cantiere senza soluzione di continuità. Rimane poco di quella strada, che persino il regista Pasolini, lucido e profetico osservatore della società italiana, volle visitare assieme al cantante pop che più ha raccontato e interpretato quella società: novanta metri di via, dove le saracinesche dei negozi s’abbassano per non riaprire più. Resistono il pellettiere Astolfi e Franco, 75 anni, il parrucchiere. «Facevo i capelli ai suoi amici, all’Adriano no, lui era fedele al mio collega in piazzetta. D’estate lo sentivamo cantare e provare le canzoni dal terrazzo di sua sorella, qua dietro, al 3 di via Zuretti. Sono in pensione, ma il mio cuore, come il suo, può trovare pace solo nella via Gluck».
Paola D’Amico
03/02/2013 – Corriere della Sera