La strana coppia Olmi-Celentano
rocker e regista per l’ambiente
Il cantante sbarca al Lido di Venezia per consegnare a Olmi il premio
alla carriera. Le collaborazioni al suo primo film “Il tempo si è fermato”
Adriano a suo modo è un’icona della modernità
Olmi è l’opposto, parla di mondi concreti e antichi
di CARLO PETRINI
ROMA – Cosa c’entra Adriano Celentano con Ermanno Olmi? Il mondo dello spettacolo e della comunicazione ci ha abituato a qualunque abbinamento (Paris Hilton che si occupa di John McCain e viceversa, Dulbecco al festival di Sanremo, Schwarzenegger a governare il più importante e popoloso stato dell’Unione), ma non dobbiamo lasciar scorrere via questa notizia – Celentano che domani consegnerà il Leone alla Carriera a Olmi – come se fosse una qualsiasi accoppiata di star. Per quel poco che conosco i due, non potrebbero essere più diversi, al punto che, a dispetto dei pochi anni che li separano, sembrano appartenere a due epoche diverse.
Adriano è a modo suo un’icona della modernità. Lo è sempre stato, lo ha voluto essere. È come se gli scivolasse sempre un piede nel futuro, come se facesse fatica a restare tutto in una stessa epoca. Quell’aria concentrata è un inganno, la testa lo porta altrove, la realtà e le persone che lo circondano gli servono come spunto, ma dove sia davvero lui, a cosa stia pensando mentre ti parla e ti guarda negli occhi, non si può sapere.
Olmi è l’esatto opposto, pensare a lui significa pensare ai mondi concreti e antichi, che lui con esattezza conosce e di cui è intimamente costruito. La trappola, con lui, è quell’aria svagata e distratta. Balle: vede tutto, registra tutto; è presente a se stesso e agli altri con millimetrica precisione, ha tempi di reazione immediati, si ricorda di chi ha incontrato e dietro quei modi docili c’è una volontà di ferro: si fa come dice lui.
Allora, dove sta il nesso?
Sono stati bambini nella Milano dell’anteguerra, poi la guerra l’hanno vista, anche se non fatta, e se la ricordano. Hanno, soprattutto, assistito alla ricostruzione. Quegli anni Cinquanta e Sessanta che hanno cambiato l’anima delle cose, e dunque delle persone. Celentano, figlio di immigrati, ci è nato nella Milano della via Gluck: e proprio perché già negli anni Sessanta riusciva a vedere un po’ più avanti ha scritto, con potente semplicità, quei versi che oggi, in tempi di cementificazione a ritmi sfrenati, che toglie spazio all’agricoltura e alla buona gestione del suolo, sono ancora perfetti: “non so perché continuano/a costruire le case/e non lasciano l’erba”… Al posto delle case, se volete, o insieme, metteteci i capannoni, gli ipermercati con annessi iperparcheggi, le “zone industriali” di ogni paesino di provincia che abbia un po’ di pianura a disposizione delle devastazioni.
Non potevano non incontrarsi, Olmi e Celentano: lo hanno fatto quando avevano meno di cinquant’anni in due, nel lungometraggio d’esordio di Olmi, che ha un titolo che sembra una preghiera: Il tempo si è fermato.
Le sensibilità di Olmi sono già tutte chiare in quella storia di amicizia tra un ragazzo di città e il guardiano di una diga. Sensibilità che si esprimeranno sempre più fino a quella celebrazione attuale e rispettosa del mondo contadino che è L’albero degli zoccoli.
Celebrazione non patinata, rispetto vero per le persone e i luoghi e per le dinamiche, complesse e robuste al tempo stesso, che tra le persone e i luoghi s’instaurano. Siamo una cosa sola con la natura, sembrano dirci tutti i contadini del mondo, quando lo capirete?
Ecco: quando lo capiremo? E quando lo capiranno i nostri politici della “crescita innanzitutto”, a destra o a sinistra che siano? Quando avremo il bene di sentire qualcuno che dica: “È vero, così non sta funzionando, proviamo in un altro modo, proviamo a fare come dicono gli altri”?
Milano, città cara a entrambi questi autori, si prepara a ospitare l’Expo 2015, tra desideri di gloria e preoccupazioni di carattere ambientale. E Milano ha un parco, il Parco Agricolo Milano Sud, che chiede attenzione. 47 mila ettari di natura e cultura sono in attesa di politici attenti e intellettuali che sappiano distinguere tra un maggese e un campo da golf. Il tema dell’Expo è la sicurezza alimentare, come si può nutrire il pianeta in modo sostenibile. Il Parco Agricolo Milano Sud può e deve diventare una scommessa di tutti coloro che hanno a cuore non solo il futuro e la salute dei milanesi, ma anche il futuro e la salute ambientale del nostro paese. È possibile lavorare per far sì che le tantissime aziende agricole che vivacchiano in silenzio in quell’area diventino un motore economico sano e consapevole, e che si leghino alla città con una relazione paritaria e prestigiosa. Se quel parco non diventa tutto questo, diventerà una nuova via Gluck: le ambizioni cementificatrici sono infinite e stanno guardando sempre più insistentemente da quella parte. Il cemento non spiana solo l’erba: spiana anche quella cultura e quelle sapienze che Olmi continua testardo a raccontare, ma che mai ha raccontato come se fossero reperti fossili. Ne ha sempre raccontato la vitalità e l’attualità, ne ha sempre raccontato la lezione presente.
È ora di trovare nuove connessioni per proteggere quel che abbiamo: quelle connessioni che sembrano improbabili, come quella tra un teorico del rock e un cantore del mondo contadino. Sono queste le alleanze che funzionano, moltiplichiamole.
04/09/2008 – La Repubblica