Perché Adrian non è mai stato un flop?
In questi giorni, tra social e quotidiani abbiamo potuto leggere attacchi di ogni tipo contro “Adrian” l’ultimo progetto artistico di Adriano Celentano.
Molti si stanno scagliando soprattutto contro il cartoon definendolo un “flop” a causa dei bassi dati di ascolto delle cinque puntate trasmesse fino ad oggi.
Allora… proviamo ad analizzare insieme i dati Auditel delle prime 5 puntate del cartoon (escludo volutamente i risultati degli show live da quest’analisi):
- 21 gennaio 2019 | 4.544.000 telespettatori | 19,07% share
- 22 gennaio 2019 | 2.887.000 telespettatori | 13,26% share
- 28 gennaio 2019 | 2.038.000 telespettatori | 10,55% share
- 4 febbraio 2019 | 1.527.000 telespettatori | 07,66% share
- 7 novembre 2019 | 1.859.000 telespettatori | 10,44% share
In termini di valori assoluti sicuramente ci troviamo di fronte ad un risultato di gran lunga inferiore rispetto ai record ai quali Celentano ci aveva abituati.
Per capire prendiamo ad esempio i risultati ottenuti con le due puntate del precedente show di Adriano Celentano su Mediaset e cioè il concerto “RockEconomy” trasmesso in due serate consecutive:
- 8 ottobre 2012 | 8.918.000 telespettatori | 31,81% share
- 9 ottobre 2012 | 9.112.000 telespettatori | 32,82% share
La domanda alla quale vorrei rispondere è: possiamo realmente definire i risultati del cartoon “Adrian” un flop?
Partiamo innanzitutto da una considerazione molto semplice, e cioè: avrebbe senso paragonare i dati di ascolto di una partita di calcio dei mondiali, con quelli di una soap opera? Chiaramente NO e non credo ci sia bisogno di spiegare il perché visto che i due spettacoli si rivolgono a due tipologie di pubblico totalmente diverse.
Allora per capire se sia corretto o meno accostare ad “Adrian” il termine “flop”, i dati Auditel in questione andrebbero messi a confronto, NON con un altro spettacolo di Celentano come il concerto all’arena di Verona “RockEconomy”, bensì andrebbero paragonati a quelli di una qualsiasi altra serie di animazione che rispecchi un po’ lo stesso tipo di format rappresentato dalla serie “Adrian”.
Ora il punto della questione è che serie di animazione di questo tipo in prima serata se ne vedono raramente sui canali generalisti. Si tratta infatti di un di un tipo di programmazione che in genere viene riservata in seconda o terza serata, fatta eccezione per altri canali televisivi del digitale terrestre con un’impronta più tematica (es: Rai 4) e decisamente meno generalista di Canale 5. Normalmente queste serie di animazione proposte su altri canali raccolgono indici di ascolto ben al di sotto anche del mezzo milione di telespettatori e spesso nella presentazione dei dati Auditel vengono classificate sotto la voce di insieme “altre reti”.
Una delle rare occasioni in cui una serie d’animazione di questo tipo venne trasmessa nella fascia del prime time, furono le 4 prime serate in anteprima mondiale andate in onda su Italia 1 nel 2015 della serie di animazione “Lupin III – L’avventura italiana”, serate che ottennero i seguenti risultati:
- Lupin III episodio 1: 1.338.000 telespettatori | 6.6% share
- Lupin III episodio 2: 1.016.000 telespettatori | 5.08% share
- Lupin III episodio 3: 983.000 telespettatori | 5.50% share
- Lupin III episodio 4: 896.000 telespettatori | 6.25% share
Se andiamo quindi a paragonare i risultati ottenuti, sia in termini di spettatori che di share, da “Adrian” e da “Lupin III”, una delle serie di animazione più amate al mondo, possiamo constatare che “Adrian” vince il confronto a mani basse ottenendo risultati dalle 2 alle 4 volte superiori a quelli di “Lupin III”. Nonostante ciò gli articoli dei recensori parlano di “buoni risultati” per “Lupin III” e di “flop” per “Adrian” quando in realtà i dati sembrerebbero suggerire l’esatto contrario.
Ottenere un pubblico consolidato di 2 milioni di telespettatori in prima serata su una rete generalista abituata a tutt’altro tipo di programmazione, con una serie di animazione come “Adrian” si tratta (a mio avviso) di un risultato STRAORDINARIO e come tale andrebbe apostrofato.
Ci tengo a precisare che non sto entrando nel merito del gradimento delle due programmazioni a confronto che chiaramente è qualcosa di decisamente soggettivo. “Lupin III” è e resterà una delle più belle e amate serie di animazione al mondo, ma le mie considerazioni nascono non da una analisi critica delle due serie, ma dalla semplice analisi oggettiva dei dati auditel totalizzati e dall’ingiusto appellativo di “flop” che è stato attribuito al progetto “Adrian” da troppi “disattenti” giornalisti.
Un’altra delle analisi più interessanti che potrebbe scaturire da questo confronto sta proprio nel cercare di capire quindi chi sono gli spettatori dell’una e dell’altra serie di animazione.
La mia sensazione, dovuta anche ad un piccolo sondaggio personale (estremamente limitato in quanto fa riferimento soltanto alle mie conoscenze), sembrerebbe suggerire una pista totalmente inaspettata.
Lo spettatore tipo che ha seguito le prime 5 puntate di Adrian sono convinto che è uno spettatore amante dell’animazione e fortemente incuriosito dal fatto che sia stato un personaggio totalmente alieno a questa forma di arte, come lo è Adriano Celentano, ad essersi gettato inaspettatamente in un’operazione così singolare e totalmente lontana dalle logiche commerciali del mercato italiano. Infatti, molti dei fans, anche tra i più fedeli dell’artista, hanno seguito soltanto lo spettacolo live per poi abbandonare completamente la visione del cartone animato… proprio perché l’interesse maggiore dei fans è quello di sentire Celentano cantare o cimentarsi in qualche sua gag/provocazione/monologo in prima persona e non provano lo stesso tipo di interesse nei riguardi di una versione disegnata del loro idolo.
Per certi versi sembra quasi che lo show dal vivo non sia riuscito a trascinare gli ascolti del cartone animato come si sperava e che, al contrario, il cartoon abbia avuto quasi un effetto “zavorra” che ha tolto interesse nei confronti dello show ad una porzione di pubblico interessato soltanto all’artista nella sua veste di cantautore/showman.
…perché intendiamoci. Su una cosa non ci sono dubbi: se l’interesse di Celentano fosse stato quello di mettere in piedi un progetto commerciale destinato al solo tornaconto personale avrebbe potuto semplicemente fare uno show musicale fatto di ospiti e canzoni, con un repertorio musicale fatto di evergreen e successi più o meno recenti senza pari!
Repertorio dal quale basterebbe estrapolare soltanto un decimo dei successi per far gola a cantanti di tutto il mondo.
Insomma, se Celentano avesse voluto, avrebbe decisamente potuto “vincere facile” giocando sul sicuro accontentando tutti senza dover rischiare nulla… ma così non sarebbe stato Adriano Celentano… e se dopo 62 anni carriera c’è chi ancora non ha capito questo, vuol dire che ha colto soltanto l’aspetto più superficiale delle infinite sfaccettature che caratterizzano l’artista.
“Adrian” è una delle tante sperimentazioni artistiche che nascono dall’esigenza di “dire qualcosa” da parte dell’artista, che da sempre ha dimostrato molto più interesse verso il comunicare la sua visione di società e i “mali del secolo” che ruotano intorno ad essa piuttosto che all’industria del monetizzare i propri talenti. Quando Celentano dice che vorrebbe andare avanti per la sua strada anche al costo di rimanere con un solo telespettatore, io sono assolutamente convinto che Adriano questa cosa la pensa realmente… e questa è da sempre la sua più grande forza.
Il SUCCESSO in Celentano è una conseguenza delle proprie espressioni artistiche e non una finalità ricercata a tavolino.
Chi si limita a seguire gli spettacoli di Celentano soltanto per sentirlo cantare senza accorgersi di tutto il resto, vuol dire che si sta perdendo TUTTO IL BELLO.
Basti pensare a quanto sia unico il modo di fare televisione di Celentano. Accendere la TV su un suo spettacolo significa ritrovarsi di fronte alla bellezza di una fotografia televisiva che trasforma ogni singola inquadratura in un vero e proprio dipinto.
Basta osservare la scenografia di questo ultimo show (molto in linea con tutte le precedenti). Si tratta di un vero e proprio piccolo borgo che sembra vivere di vita propria. Uno spazio televisivo in cui i personaggi si alternano entrando e uscendo dalla scena senza essere presentati in modo classico, ma incontrandoli quasi per caso come si incontra la gente camminando in strada nella vita reale.
Una regia totalmente diversa dalle logiche televisive e che invece attinge a piene mani da un gusto cinematografico in cui i personaggi parlano tra di loro alternandosi in campi e controcampi volgendo anche le spalle al pubblico… perché quando Celentano entra in scena tutto sembra perdere la direzione piatta e scontata alla quale ci siamo abituati. Entriamo invece in un mondo tridimensionale in cui lo spettatore non è davanti all’artista ma ACCANTO.
Tutto questo Celentano lo ha sempre fatto sin dalla sua prima storica partecipazione al Festival di Sanremo, quando voltò le spalle al pubblico prima di cantare. Oggi, come allora, Celentano continua a voltare le spalle a tutto quel mondo artefatto e scontato della televisione che confonde il concetto di innovazione con quello di tecnologia. Non servono raggi laser e le luci sparate per essere moderni e Celentano ci dimostra ancora una volta che la vera avanguardia sta nel sapersi muovere in penombra… ma dentro un ambiente reale dove il silenzio si contrappone al suono a tutti i costi; l’ombra si contrappone alla luce; e la riflessione che scaturisce da un pensiero libero si contrappone ai tanti cervelli spenti che la TV coltiva ossessivamente da anni.
Per quel che può valere scritto da uno sconosciuto come me… GRAZIE Adriano!
Alessandro Grassi