Altro che Junior Cally: Chi non lavora non fa l’amore, 50 anni del duetto della discordia di Celentano-Mori
di Totò Rizzo
Aveva detto la sua sul divorzio (La coppia più bella del mondo, 1968) e sull’adulterio, di lei (Storia d’amore, 1969, censurata in radio e tv, Luttazzi si limitava al piazzamento in classifica a Hit parade, ma niente disco). Nel 1970, da cui ci separano 50 anni tondi, che fa invece Adriano “il Molleggiato”? Arriva a Sanremo e un paio di mesi dopo l'”autunno caldo” gareggia e vince con Chi non lavora non fa l’amore. Le tute blu erano scese in piazza a migliaia, braccia incrociate, cortei, tafferugli, qualche serrata. Aria di tensione, caricata d’angoscia dalla strage di piazza Fontana, preludio a un decennio terribile.
Negli ultimi tre giorni di febbraio, Celentano, sulla ribalta canterina più popolare d’Italia, inscena il dilemma di un operaio diviso tra la moglie che, novella Lisistrata, se sciopera lo lascia digiuno a tavola e sul talamo, mentre i compagni di fabbrica lo picchiano se fa il crumiro: combattuto tra lite domestica e conflitto aziendale, invoca la pax sindacale e sociale («dammi l’aumento signor padrone, così vedrai che in casa tua e in ogni casa regna l’amore»).
Altro che Junior Cally e la polemica retroattiva su una canzone di due anni fa. Per Celentano è il finimondo: è bollato come reazionario, fascista, amico del padrone. «Volevo dimostrare – replica lui, figlio di immigrati pugliesi, ex orologiaio – che senza lavorare l’uomo perde dignità e serenità». Nella furbissima sortita festivaliera, Adriano si alterna alla moglie Claudia Mori (allora c’era la “doppia esecuzione” del brano). La canzone è accattivante, incuriosisce il pubblico ingioiellato del Casinò, Adriano “molleggia” da par suo e la consorte ancheggia con matriarcali mani sui fianchi. Le giurie ci cascano: ed è vittoria.
Musicalmente non è un capolavoro: autori lo stesso Celentano, De Luca, Beretta e Del Prete, la canzone ambisce a essere una sorta di gospel ma echeggia piuttosto un coro di mondine. Adriano usa il solito trucchetto dello “smemorato”, fa finta di dimenticare le parole (in realtà dimenticò veramente le parole, ndr), si ferma, poi riprende: così la canzone, che dura 3 minuti, s’allunga a 5 e il ritornello è presto un tormentone. La sua storia però resterà lì, negli annali del Festival, ventesima edizione. Le vendite andranno bene (750 mila copie) ma in quel 1970 Chi non lavora non fa l’amore sarà solo il ventitreesimo disco più venduto in Italia, farà meglio la seconda classificata in Riviera, La prima cosa bella (Nicola Di Bari-Ricchi e Poveri), quarta nelle richieste dei 45 giri.
Intanto, tra canzoni, scioperi e polemiche, tre mesi dopo è approvata la legge n. 300 del 20 maggio 1970: comunemente conosciuta come «Statuto dei lavoratori».
27/01/2020 – Leggo.it