“Giovani schiavi dei politici che hanno distrutto il Paese”
Celentano alla kermesse organizzata da Grillo per gli alluvionati
TEODORO CHIARELLI
INVIATO A GENOVA
Biagio canta, Beppe parla, Adriano… non si sa», recita la locandina appesa sui muri dei palazzoni popolari. Ebbene sì, Celentano c’è, è lì sul palco con Antonacci e Grillo, Gino Paoli e don Andrea Gallo, prete da marciapiede. E parla il molleggiato, duetta, si lancia in uno dei suoi celebri sermoni. E canta. Dopo diciassette anni, due canzoni in pubblico. Un happening, uno show, una grande, straordinaria serata ieri a Genova nel nome della solidarietà e a sostegno di chi è stato colpito dalla recente, tragica alluvione. Metti una sera nell’estremo ponente di Genova, al Cep, acronimo di «Centro Edilizia Popolare», micidiale risultato della santa allenaza fra i famelici costruttori genovesi e il centro sinistra degli anni Settanta.
«Celentano non va in tv da Fiorello, 12 milioni di spettatori e viene qui, al PalaCep: è una cosa straordinaria», urla Grillo dal palco, mandando in visibilio i duemila che si sono arrampicati fin quassù. E Adriano si presenta sul palco. Vestito di scuro, sorridente, si inchina davanti al pubblico. Arringa la platea, soprattutto i giovani. «Voi giovani non potete sognare perché siete schiavi degli immobiliaristi, degli imprenditori, degli industriali che quando perdono un centesimo di profitto non hanno scrupolo a lasciare a casa migliaia di operai». E ancora: «Non potete sognare perché siete schiavi di una destra corrotta colpevole di aver massacrato l’Italia e siete schiavi di una sinistra che quanto a corruzione non ha niente da invidiare alla destra. Come fate a sognare?».
Poi l’attualità. «Adesso il governo Monti ci dice che dobbiamo fare sacrifici. In effetti la crisi c’è, abbiamo un debito pubblico alle stelle. E chi ci rimette? La povera gente. Io sarei favorevole alla matrimoniale…». «Patrimoniale», lo interrompe Grillo. «No, no – fa Celentano – Quella era con l’altro governo. Ora si chiama matrimoniale». E per finire, una frecciata «a quel pazzo del ministro dell’Ambiente, che è favorevole al nucleare. Non si era accorto del referendum: lui non c’era, dicono che stava dormendo».
Per l’Adriano nazionale una standing ovation. Celentano è travolto dall’affetto dei ragazzi che cantano a squarciagola «Il ragazzo della via Gluck». Adriano si commuove, non voleva cantare, ma interviene don Gallo «che qualche volta fa anche i miracoli». Celentano si lascia andare: «Se me lo chiede don Gallo, canto». Così si lancia in un frenetico rock ‘n roll, con l’anziano sacerdote che si dimena come un ragazzino. Poi finalmente intona: «Questa è la storia di uno di noi, nato anche lui per caso in via Gluck». E’ l’apoteosi. La parabola della cementificazione e della natura derubata. Quello che in fondo è successo in Liguria. Cantano tutti. In un angolo del palco un coro d’eccezione: Paoli, Antonacci, Grillo e don Gallo. E’ veramente commmosso il “molleggiato”: «Sono diciassette anni che non salivo su un palco. Ma vi prometto che tornerò».
In apertura di serata Grillo ha ricordato la Genova di quando era bambino («davanti alla mia casa viveva il killer Donato Bilancia, ma la mia mamma mi diceva “Beppe, se fai tardi, fatti accompagnare da Donatino che sto più tranquilla”»). Poi tocca a don Gallo, il leader della comunità di San Benedetto al porto. A Biagio Antonacci il compito di aprire le danze, scaldando duemila del tendone prima con un omaggio al cantautore genovese Bruno Lauzi, poi offrendo i suoi brani più noti come «Se io, se lei» e «Ma che vita è». «Questa non dev’essere beneficenza – dice ma solidarietà». Dopo Antonacci, Gino Paoli che ha battibeccato con Beppe Grillo prima di intonare le bellissime «Senza fine» e «Sapore di sale». Una serata magica e un quartiere che si fa promotore di solidarietà, per gli alluvionati della città.
04/12/2011 – La Stampa