«Adrian», Celentano torna in tv (a fumetti e in carne e ossa) ma non graffia
di Titta Fiore
Dove eravamo rimasti? Al rock nostalgia «Rip it up», alla scenografia che riproduce una piazza di paese, come in «125 milioni di cazz…te», al tavolino con le sedie dove allora si accomodavano Dario Fo, Enzo Jannacci e Giorgio Gaber e ieri hanno preso posto Nino Frassica e Francesco Scali vestiti da frati guardiani di una postapocalittica nave della salvezza: «Siamo qui per decidere chi può salire sull’arca e costruire un futuro migliore grazie alla bellezza di cui è portatore». Verità, gentilezza, talento, i requisiti necessari, ma con i soldi e una generosa scollatura tutto si può aggiustare («sai ballare, cantare, recitare? no? sei perfetta per la televisione»). Il Bar Chiesa e una luce messianica sullo sfondo. Benvenuti nel mondo di Adriano Celentano, l’ultimo guru della tv a passo ridotto. Quasi mezz’ora e non è ancora successo niente, su Canale 5. Poi tuoni e fulmini, come nel più classico dei giudizi di Dio: ed eccolo, perché «Adriano sembra che non c’è, ma quando arriva rompe i co…ni!!!». Potrebbe essere l’inizio di un sermone («c’è qualcosa che bisogna cambiare, qui»), invece no. Le bordate sull’attualità, sull’ossessione per la sicurezza mentre «la maggior parte delle violenze in Italia avvengono in famiglia», sulle politiche dell’accoglienza (poste in atto davanti a una rudimentale Dogana), questa volta sono affidate agli attori. Ecco la novità. Poi il solito sorso d’acqua (un altro tenero déja-vu) e via, dopo tre minuti si comincia.
«Finché mi cercano, vuol dire che non mi hanno ancora trovato»: benvenuti nel mondo di Adrian, l’Orologiaio che abita in via Gluck. L’avatar di Celentano vive nel 2068, però i temi cari all’ex Molleggiato, cui somiglia come una goccia d’acqua, ma più giovane, aitante e capelluto, sono ancora gli stessi del movimento che sognava la rivoluzione, secolo più secolo meno: la prevalenza dell’essere sull’avere, la difesa dell’ambiente, la condanna del consumismo, i diritti delle donne. Milano in periferia ha ancora case di ringhiera, ma in centro è un’esplosione di grattacieli controllati da un potere livido e dispotico. Napoli, quella che «un tempo chiamavano la bella Napoli», ora è sede di una holding criminale che non ha ritegno a definirsi «Mafia International» e «mostra evidenti i segni di un qualcosa ormai prossimo alla fine». Il Bene e il Male si fronteggiano senza sfumature, in «Adrian», e se la parte napoletana riecheggia temi affrontati con ben altra complessità nel film d’animazione «Gatta Cenerentola», il resto è pura Celentano-way-of-life.
Intorno al cartoon evento andato in onda su Canale 5 ieri sera, dopo tredici anni di difficile gestazione, tutto, fino all’ultimo, è stato avvolto nel mistero. Lo show live di complemento realizzato faticosamene al teatro Camploy di Verona dopo l’addio di Teo Teocoli e Michelle Hunziker in disaccordo sul copione, il ruolo di Ambra Angiolini, Giovanni Storti (che ieri non si sono visti), Nino Frassica e Natalino Balasso e, soprattutto, gli interventi di Adriano autore e regista della serie animata in onda per nove prime serate sulla rete ammiraglia del Biscione, realizzata da un cast stellare: con i disegni di Milo Manara, le musiche originali del premio Oscar Nicola Piovani, la supervisione ai testi di Vincenzo Cerami, scomparso nel 2013, e il contributo di alcuni giovani sceneggiatori della Scuola Holden di Baricco.
Vigilia di prove blindate, dunque, a Verona, massimo riserbo sui preparativi, bignami di filosofia celentanesca per i provini alle aspiranti comparse («che cosa pensi del mondo moderno?», «se andassi in un altro mondo, cosa faresti per rifondarlo?»), buio assoluto sulle intenzioni di Adriano a sette anni dalle ultime apparizioni in tv, a Sanremo 2012 con Gianni Morandi e nell’ottobre dello stesso anno con «Rockeconomy» su Canale 5. E polemiche, le polemiche che ogni volta accompagnano le epifanie del «re degli ignoranti» sul piccolo schermo, da quando nel 1987 a «Fantastico» s’inceppò su una di quelle imprevedibili pause che poi sarebbero diventate marchio di fabbrica del suo stile. Questa volta, a tenere banco nell’attesa del kolossal animato fortissimamente voluto dall’ex Molleggiato a dispetto di ritardi, ripensamenti, cambi di rete e di produttori con il consueto strascico di beghe legali è stata la qualità degli spot, sparati a volume altissimo e quindi insopportabile ai più, scatenati in insulti pittoreschi sui social.
Articolata in nove serate, la storia di «Adrian» è ambientata in un futuro distopico dove un potere corrotto verrà combattuto da un misterioso Orologiaio (il primo mestiere di Celentano) mosso da ideali di Libertà e Bellezza. Al suo fianco, la sensuale Gilda, una bruna procace con il fascino giovanile di Claudia Mori, provocante come tutte le donne di Manara: ed è evidente, fin dalle prime scene, il rapporto ad alto tasso erotico tra la coppia più bella del mondo. Il progetto sarà completato da un triplo album, prodotto dal Clan, con le musiche della graphic novel, i classici e i remix. E come sempre, quando canta, Adriano-Adrian dà il meglio di sé.
22/01/2019 – Il Mattino