La recensione di Adrian La serie: ci sono l’ambizione, l’ego, i messaggi di Adriano Celentano, ma anche immagini sinuose e sensuali, di grande effetto.
di Maurizio Ermisino
Adriano Celentano è la Storia. La storia del rock’n’roll italiano, la storia italiana degli anni Sessanta. Basti vedere che Pawlikowski, per evocare un’epoca e un mondo, in Cold War, manda in sottofondo a una fondamentale scena del film la sua 24mila baci. Dagli anni Sessanta in poi, ogni cosa che fa Celentano diventa un evento. Per questo Adrian La serie è attesissima. Abbiamo appena visto il primo episodio, e possiamo subito dirvi che Adrian è Celentano all’ennesima potenza. Ci sono tutte le sue ossessioni e il suo mondo. Ma anche una realizzazione che è qualcosa che oggi vediamo di rado, che sia al cinema o in tv. Ovviamente, trattandosi di Celentano, non mancheranno le polemiche: quelle per la raffigurazione del potere e del sesso, come spiegheremo in questa recensione della prima puntata di Adrian – la serie, ma anche per il ruolo che si è ritagliato, e per una Napoli del futuro dove, su un grattacielo, compare la scritta Mafia International.
Un mondo alla Blade Runner
La prima cosa che balza agli occhi è la proverbiale ambizione di Adriano Celentano: nel prologo di Adrian La Serie, in un veloce montaggio che scorre dall’antico Egitto all’11 settembre 2001, passando per il Nazismo, sentiamo parlare di schiavitù, avidità, incuria per l’ambiente. Fino ad arrivare al 2068. Siamo in una Milano del futuro, in uno scenario (estremamente suggestivo, inutile negarlo) che deve molto a Blade Runner, Minority Report e a un immaginario di questo tipo. Ed è dickiano anche il cuore del film: la vita in una dittatura che promette benessere e ordine e, di fatto, omologa le persone. Celentano sceglie per sé il ruolo di Adrian, l’Orologiaio, modellato chiaramente sulle sue fattezze, e doppiato da lui in persona, così come la sua ragazza, Gilda, è ispirata a una giovane Claudia Mori, e ha la grazia delle tipiche bellezze disegnate da Milo Manara, che ha lavorato alla serie.
Milo Manara e i disegni animati
Ecco, la cosa che balza agli occhi prima di tutto è il tratto dei disegni: sinuoso e sensuale – Milo Manara, basta la parola – Adrian è il ritorno di un’animazione all’antica che non vedevamo da molto tempo, da quando, appunto, si parlava di disegni animati. Adrian è questo: una serie di tavole che prendono vita e movimento. Per capirci, l’effetto è simile a quello di un film molto apprezzato, Valzer con Bashir. A colpire è la vitale e sfrenata sensualità di certe immagini, insolite e sfrontate per una prima serata televisiva. Immagini animate che, per un amplesso tra i due amanti, si fermano in una serie di disegni statici, come appunto le tavole di un fumetto, ma per questo non perdono la loro carica erotica.
Rock: reazionario o rivoluzionario?
Al cento di un prodotto artistico di Celentano non può non esserci la musica – e infatti per Adrian di Celentano si parla già di una colonna sonora in 3 vinili. Dopo aver fatto l’amore, Adrian e Gilda si recano a un concerto rock, quello della star più in voga al momento: ma, dall’Alto Commissario, il villain della storia (che ha le fattezze di Javier Bardem) veniamo a sapere che è una sorta di oppio, di fumo negli occhi dato alle masse per calmarle, secondo il criterio “panem et circenses”. Il rock diventato musica di regime (la nullità reazionaria di cui parlava Sting?) è qualcosa che fa tristezza. Ma, a sorpresa, sul palco viene chiamato l’Orologiaio. Canta una canzone, I Want To Know (un rock prima acustico poi elettrico, in cui si parla del tema delle case di oggi come scatole di sardine, un aggancio a quel “Mentre là in centro respiro il cemento” de Il ragazzo della via Gluck). Il pubblico resta incantato, e dalle stanze del potere tutti cominciano a cercare l’Orologiaio, diventato un simbolo rivoluzionario. È il rock che riprende il suo ruolo.
Forever Young
Adrian è la strada scelta da Adriano Celentano per riprendersi il ruolo a cui, da sempre, aspira: quello del rivoluzionario, del predicatore, del simbolo. Nella storia di questa graphic novel animata ci troviamo la sua smisurata ambizione, il suo ego, l’ennesimo veicolo per lanciare i suoi messaggi ecologici e, in fondo, politici. Un cammino iniziato più di trent’anni fa con il suo film Joan Lui – Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedi’ e il suo Fantastico televisivo. Dietro a tanta costruzione e magniloquenza ci troviamo comunque una certa sincerità, un essere in buona fede. E anche un umanissimo desiderio: quello di ritornare giovane, aitante, attraente, potente dal punto di vista fisico e anche sessuale. L’animazione permette questo, di diventare qualcosa di nuovo: accade ogni giorno con attori che danno voce e ispirazione a personaggi di fantasia. Celentano sceglie un’altra via: diventare non un altro ma un se stesso più giovane, più potente, quasi una sorta di supereroe. Adrian è un Celentano Forever Young. Ma chi è che non sogna questo?
Come Elvis Presley
Adrian è almeno la quarta vita artistica di Adriano Celentano. Il suo è un percorso quanto mai singolare: vero e proprio mito della musica, precursore in Italia del rock’n’roll (e anche del rap), negli anni Ottanta ha avuto un clamoroso successo come attore di film comici (Innamorato pazzo, Asso, Il bisbetico domato, Bingo Bongo) che, in un momento che vedeva l’esplosione di una grande generazione di comici al cinema (Verdone, Troisi, Nuti) non erano, per usare un eufemismo, il top del nostro cinema. La sua fortunata stagione cinematografica si è chiusa con il pretenzioso Joan Lui, un brusco cambiamento di tono e genere che è coinciso con l’inizio del Celentano televisivo, e del suo famoso Fantastico, passato alla storia per i suoi sermoni e le sue pause. Dopo quell’evento ci sono state altre uscite televisive tra cui quella di Rockpolitik, del 2005, arrivata in pieno governo Berlusconi. Pensando a quella stagione cinematografica degli anni Ottanta, ci pare alquanto singolare che un cantante così importante abbia messo in gioco la propria carriera, e credibilità, con prodotti così discutibili. Poi abbiamo pensato che l’aveva fatto anche Elvis Presley: i suoi film non erano certo memorabili, eppure Elvis è rimasto la leggenda che era. In ogni caso, vada come vada l’operazione Adrian, Adriano Celentano sembra aver sempre ragione: a ogni movimento, accuratamente studiato, fa notizia, fa polemica, scatena un finimondo. Piaccia o no, gli artisti che oggi suscitano questo si contano sulle dita di una mano. E forse neanche tutte.
22/01/2019 – Movieplayer.it