Adriano Celentano: “Yuppi Du” (1975)
di Alessandro Freschi
Uno scenografico colpo alla Banca Nazionale di Milano, la fuga con il malloppo, il riparo in un convento abbandonato. Un inverosimile noir all’italiana dal retrogusto ‘parrocchiale’, per lunghi tratti decisamente dimenticabile. Se non segnasse l’esordio dietro la macchina da presa di uno che all’anagrafe di cognome fa Celentano probabilmente oggi “Super Rapina a Milano” (1964) sarebbe parte del tracimante calderone di film minori distribuiti negli anni sessanta. Eppure dietro gli inevitabili colpi a vuoto suscitati dalla tangibile impreparazione, si lasciano intravedere velleità registiche non comuni. Geneticamente ambizioso e geniale, talvolta tracotante, “Questo ragazzo della Via Gluck” oltre ad essere un amatissimo habitué delle hit-parade discografiche riesce con estrema naturalezza ad ‘ingombrare’ tanto il piccolo quanto il grande schermo, assicurandosi puntualmente consensi popolari e ridondanti prime pagine sui rotocalchi. Dopo gli immancabili “musicarelli“, a cavallo degli anni settanta, Adriano prende parte, con risultati alterni al botteghino, a pellicole dirette da Pietro Germi (“Serafino” del 1968), Sergio Corbucci, Alberto Lattuada, Pasquale Festa Campanile e persino Dario Argento nell’atipica commedia storica “Le Cinque Giornate” del 1973, al fianco di Enzo Cerusico.
Partendo da un soggetto di Alberto Silvestri (l’autore romano che di lì a poco contribuirà al successo del “Sandokan” televisivo di Sollima), nel 1974 Celentano intuisce che è sopraggiunto il momento di ritornare a ‘filmare’ in proprio (in occasione della “Super Rapina” era stato supportato da Piero Vivarelli) e lo fa inscenando tra i canali di una Venezia decadente una sorta di musical dalle tinte naif. Sperimentato con successo Prisencolinensinainciusol, ricorre ad un linguaggio completamente inventato, a sua detta universale, per tenere a battesimo la seconda avventura nel regno della settima arte. “Yuppi Du” (1975) è il titolo che affibbia a questa sua inedita tragicomica creatura – inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi “Acqua sul Nostro Amore” – di cui è allo stesso tempo produttore, protagonista principale, regista ed autore delle musiche. Inquinamento, morti bianche, affidamento dei minori e violenza sulle donne rappresentano tematiche care al ‘Molleggiato’ meneghino e spontaneamente affiorano all’interno del canovaccio di una surreale storia d’amore inquadrata dalla prospettiva ardua degli ultimi della fila. Felice Della Pietà, squattrinato barcarolo veneziano dopo aver sposato in seconde nozze Adelaide scopre che la prima moglie Silvia, scomparsa suicida nel fiume anni prima, è ancora viva e vegeta e che lo ha abbandonato, attratta dal lusso e la ‘bella vita’ per seguire un uomo facoltoso a Milano.
Riemersa dalle acque (‘Silvia non è morta, è ritornata dal canal’) Silvia torna ad ingannare con false promesse Felice, inguaribilmente ancora innamorato di lei, sino a strappargli, con una deprecabile offerta (tre milioni al chilo) la giovane figlia Monica nata dalla loro unione. Per ricoprire il ruolo di Silvia la scelta ricade sull’etereo fascino dell’attrice inglese Charlotte Rampling, fresca del successo de “Il Portiere di Notte” (1974) di Liliana Cavani, mentre la bellezza sanguigna di Adelaide viene incarnata dall’altra metà de “La Coppia più Bella del Mondo“ (Claudia Mori). Nel cast trovano spazio numerosi ‘avventori’ del Clan Celentano (comune artistica raccolta sotto il vessillo della label omonima) a partire dal nipote Gino Santercole mascherato da Napoleone, amico di Felice malinconicamente ridotto sulla sedia a rotelle dopo aver sventato uno stupro, a Memmo Dittongo passando per Lino Toffolo e Jack La Cayenne. Un piccolo cammeo viene riservato anche alla giovanissima Rosita, primogenita di Adriano e Claudia. La sperimentale fotografia di Alfio Contini amplifica con oscillazioni cromatiche e un ossessivo ricorso alla frammentazione dello schermo, l’emozionale impatto visivo impresso dal montaggio tachicardico di Celentano, abile nel condurre lo spettatore in un altalenante labirinto temporale sospeso tra reale e onirico.
La rifinitura dell’acuta messa in scena passa per gli orditi sonori di un commento musicale che si incastona perfettamente nel delirante susseguirsi dei fotogrammi, tratteggiando a tempo di swing uno scanzonato balletto tra le calli (La Ballata), con liturgici corali e arie di organo un bizzarro matrimonio (La Messa) o accompagnando con ritmiche funk – tema che paga pegno a “Also sprach Zarathustra (2001)” di Eumir Deodato – l’inesorabile inabissamento di un natante (L’Affondamento). La scaletta del 33 giri segue passo passo l’evolversi cronologico della proiezione presentando l’inserimento di alcuni dialoghi provenienti dal film nelle spaziature tra le tracce. Santercole-Napoleone compone ed interpreta l’intensa Such a Cold Night Tonght (rivisitata in seguito da Celentano in versione italo-disco) mentre Claudia Mori architetta la minimale filastrocca Do Dap che consegna ai bisbigli dei figli Rosita, Rosalinda e Giacomo. Con il suo incalzante ritornello Yuppi Du, ballad acustica in un inglese dall’accento ‘maccheronico’ suggella la seconda facciata del disco, custodendo idealmente tra i suoi ripetitivi accordi l’indimenticabile danza di una sensuale Rampling immersa seminuda nel Ticino, sogno erotico proibito dell’abbagliato Felice Della Pietà e di molti fans dell’epoca.
Proceduto da un imponente battage (chi non ricorda le migliaia di maglietta con l’iconico ‘Adriano rosa’ di spalle della locandina?) “Yuppi Du” viene distribuito nelle sale il 6 Marzo 1975 e al termine della stagione si attesta all’undicesima posizione del Box Office, collocandosi a ridosso di pellicole come “L’Esorcista”, “Profondo Rosso”, “L’Inferno di Cristallo” e soprattutto “Fantozzi” di Luciano Salce che incassa qualcosa come cinque miliardi di lire. La colonna sonora distribuita su vinile, musicassetta e Stereo 8 si colloca a ridosso della top ten di vendita del 1975 e l’anno successivo si aggiudica l’ambito Nastro d’Argento. Curiosamente il 45 giri del tema principale, che a distanza di anni risulta essere tra i più ricordati del repertorio di Celentano, non va oltre il terzo posto della hit parade di Lelio Luttazzi, finendo ampiamente surclassato da un’altra produzione Clan, Buonasera Dottore , brano composto da Paolo Limiti e Shel Shapiro, ed interpretato da Claudia Mori ed il doppiatore Franco Morgan, secondo il collaudato schema della ‘telefonata in musica’.
Mai pubblicato su VHS per espresso volere di Adriano, censurato o semplicemente dimenticato dai palinsesti televisivi per oltre trent’anni, “Yuppi Du” ricompare fuori concorso nel 2008 alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia in una versione digitalizzata, ‘rivista e corretta’ dallo stesso autore originario, con sostanziali modifiche nel montaggio e nei commenti audio. Pur avanzando concrete perplessità sulla necessità di ‘ritoccare’ un cult d’epoca per renderlo inutilmente attuale, la stravagante operazione di recupero consegna finalmente una significativa testimonianza su DVD a coloro che, per distrazione o semplicemente per età anagrafica, non avevano ancora avuto modo di adocchiare l’anarchica opera pop. Per tutti gli altri l’occasione per riscoprire un piccolo, grande capolavoro del cinema italiano degli anni settanta, che inconfutabilmente segna lo ‘zenit cinematografico’ dell’ex orologiaio di Via Correnti. Yuppi Du, Yuppi Du, Yuppi Du. Yuppi Du-I-Du. Yuppi Du.
01/08/2021 – www.magazzininesistenti.it