Amarcord – C’è sempre un motivo: l’intervista ad Adriano Celentano
di Aldo Vitali
La sede del Clan è nel cuore di Milano, nascosta in un elegante condominio a due passi dal Tribunale, mimetizzata tra decine di studi legali. Ma quando Claudia Mori apre la porta, nessun dubbio su dove ci si trovi: poster e manifesti di Celentano dappertutto, memorabilia che farebbero impazzire i fans e i collezionisti, locandine e manifesti alle pareti.
E dietro un’altra porta, in uno studio dominato da due grandi foto di Celentano con Sophia Loren e con Mina, appare lui, Adriano in carne e ossa, identico alle centinaia di “adriani” sulle pareti fermati nei tanti momenti della carriera. Seduto “molleggiatamente”, Adriano ascolta in sottofondo le canzoni del suo disco (che esce nei negozi il 12 novembre ed è intitolato “C’è sempre un motivo”) e conferma di essere una di quelle (rarissime) persone che misteriosamente riescono a trasmettere un’aura speciale indefinibile eppure così concreta. Sarà anche per via dei suoi silenzi, che in questo articolo troverete solo in parte, ma che hanno contrappuntato una conversazione riservata a “Sorrisi”. I silenzi, che non abbiamo indicato, perciò, spargeteli voi dove preferite: difficilmente finirete per metterne qualcuno di troppo…
Dopo il primo imbarazzo, rotto da una domanda banale (“come sta?”), Adriano comincia a parlare: “Sto bene. Anzi, sono un po’ inquieto. E’ il termine giusto anche per definire il mio stato d’animo nell’incidere questo disco. Un disco, appunto, inquieto.” Infatti: nelle undici canzoni che compongono l’album troverete un po’ di tutto, il Celentano “classico”, quello “trasgressivo”, lo “sperimentale” e il “nostalgico”, persino quello “jazz”.
Deve essere stata divertente l’atmosfera in studio d’incisione…” C’era il clima allegro di sempre – dice – perché non amo le atmosfere cupe, specialmente quando si lavora. In sala di registrazione, e dopo il mix, ascolto il parere di tutti i miei collaboratori per prendere la decisione migliore. O almeno quella che ritengo tale. Non mancano però le discussioni. Soprattutto con Gianni Bella (autore insieme a Mogol di sei canzoni del disco, ndr) e con Claudia, che sono quasi sempre coalizzati. Li ho soprannominati “la giuria”. L’atmosfera è sempre la stessa, “scherzosamente attenta“.
Non è uno scherzo, invece, il fatto che su questo disco ricompaia a sorpresa “Il ragazzo della via Gluck”. In una straordinaria e imprevedibile versione cantata (e arrangiata) da una regina della musica etnica, Cesaria Evora. Su come sia nata questa collaborazione, Adriano è generoso nei dettagli: “Da sempre ascolto e amo la sua voce e la sua musica, che mantiene lo spirito della sua cultura. Un giorno chiesi a Claudia di rintracciarla per proporle di cantare insieme. Ma non sapevo bene cosa chiederle. Quando le parlai, dissi che mi sarebbe piaciuto cantare insieme. O un brano inedito o “Il ragazzo della via Gluck” arrangiato e con il testo riadattato dal suo gruppo. Volle ascoltarlo. Le piacque molto e decise per quest’ultima idea“. Ecco la genesi di un capolavoro, raccontata da Adriano lentamente, mentre si accarezza il mento con le dita, un gesto, un tic che abbiamo visto spesso in tv: “Le nostre voci per certi aspetti sono simili. Lo spirito del testo del “Ragazzo della via Gluck” è rimasto lo stesso e “purtroppo” è ancora attuale. Pensate a che cosa ha in mente di fare il sindaco di Milano (ha in progetto di costruire grattaceli, ndr). Sarei tentato di dedicargli anche questa canzone. L’altra fu “Un albero di trenta piani”. Cesaria è venuta a Milano anche per girare insieme il videoclip alle ex acciaierie Falck di Sesto San Giovanni. Sono molto contento di aver lavorato con lei, ma soprattutto di averla conosciuta“.
Un’altra sorpresa è la canzone inedita di Fabrizio De André, “Lunfardia”, che Adriano canta in dialetto argentino, il lunfardo, appunto: “Quando Dori Ghezzi mi propose di incidere questo pezzo scritto da Fabrizio con Roberto Ferri, rimasi colpito. L’ho ascoltato e mi ha emozionato, soprattutto pensando a come Fabrizio lo avrebbe interpretato. L’ho cantato una sola volta, tutto d’un fiato, e il risultato è quello che si sente sul disco. Sono contento di aver avuto questa opportunità, perché sono convinto che Fabrizio De André sia il più grande autore italiano. C’era il problema del dialetto lunfardo, ma Ferri mi ha consigliato la consulenza di un esperto. E così ho fatto“.
In un pezzo, Adriano, lei “rappa”. Si considera un po’, grazie a “Prisencolinensinainciusol” (rivoluzionario pezzo del 1973 con un testo nonsense e un solo accordo, Mi bemolle) il papà dei repper? “Sì – risponde senza esitazioni – Prisencolinensinainciusol è stato il primo rap del mondo. E non ho paura di essere smentito. Dieci anni dopo arrivarono i rapper americani. Quando lo incisi volevo comunicare… l’incomunicabilità che stava travolgendo le persone. E come ribellarci a tutto questo. Cercavo un modo per interpretarlo che fosse tra il cantato e il parlato, ma con una forte ritmica di sfondo. Quasi ossessiva“. E così nacque il rap: “Preparai in sala d’incisione un “loop” che ripeteva sempre lo stesso passaggio musicale e ritmico e iniziai a cantarci sopra. Immaginando un gergo che per me rappresentasse la ribellione alle convenzioni. Anche musicali. Esattamente come faccio io oggi“.
Questo per la storia. Per la cronaca, invece, gli chiediamo come spiega il successo dei suoi silenzi in tv, quanto di meno spettacolare e televisivo possa esistere. O almeno sembrerebbe: “Non so spiegarmi perché piacciano. Li faccio perché io sono fatto così“. E a proposito di tv, quando la rivedremo? “Non lo so“: E al cinema? Tutte queste locandine appese ai muri fanno venire un po’ di nostalgia del Celentano attore. Manca da così tanto tempo: ha intenzione di ricominciare? “Può darsi, ma non programmo mai niente…”.
Torniamo al disco. Al quale hanno collaborato Celso Valli e Michele Canova, quest’ultimo giovanissimo produttore a cui si deve molto del successo di Tiziano Ferro. Infatti “In quale vita” sembra un remix di un pezzo dance: “Questa canzone potrebbe dare delle sorprese”. Nel disco c’è una buona dose di elletronica: perchè molti cantanti italiana la temono lei no? “Il fatto è che sono rimasto uno sperimentatore. Per natura sono sempre alla ricerca di quello che ancora non c’è. In tutti i campi. Ma per rimanere nell’ambito musicale questo non vuol dire che i suoni reali, quelli non elettronici, siano superati. Ogni canzone ha il suo suono. La musica elettronica è comunque affascinante ed è sbagliato demonizzarla“. Anche il singolo che ascolteremo alle radio, e che come l’album si intitola “C’è sempre un motivo”, è sorprendente. Sia per i suoni (c’è ancora Canova al mixer), sia per il modo di cantare di Celentano, che adotta uno stile di (apparente) nonchalance: “L’ho scelto come singolo proprio per la sua atipicità. E’ una canzone strana, senza un genere di riferimento. E credo che in questo stia gran parte della sua forza… e anche della mia“. Il secondo singolo sarà invece un Celentano doc, con cori ruvidi e voce classica: “Ancora vivo”, firmato da Mogol-Bella. Oltre a Cesaria Evora, nel disco ci sono altri illustrissimi collaboratori: da Richard Galliano (al bandoneon in Lunfardia) a Michael Landau, la cui chitarra è straordinaria. E oltre a Canova ci sono bellissimi arrangiamento di Celso Valli. E ancora, due pezzi dal sapore jazz. Quanta abbondanza! Claudia Mori interviene: “Vede, in un momento difficile per la discografia, in cui tutti tirano i remi in barca, noi seguitiamo a investire nella musica. Nella grande musica“. E a proposito di Claudia, viene da chiedere a Celentano quale sia il segreto che, da più di quarant’anni, tiene legata la “coppia più bella del mondo”. Ma risponderà Adriano a una domanda così privata? Sorprendentemente sì: “L’unione tra noi due si regge, oltre che sull’amore, su una base comica. Questo potrebbe essere il segreto dell’amore. Certamente lo è del nostro“. Ed è da escludere che lei e Claudia torniate a cantare insieme? “No, se avremo voglia“.
Da certi impercettibili segni di impazienza si capisce che per Adriano l’incontro è finito. Così sempre circondati dalle locandine dei film e dai manifesti dei suoi concerti in tutto il mondo, ci avviciniamo all’uscita. Adesso, per strada ci sarà qualcuno che riconoscerà Celentano e gli chiederà… cosa chiede di solito la gente a Celentano? “Sempre la stessa domanda – ride lui – mi chiedono, “Adriano quando torni in televisione e a cantare dal vivo?“. E tra le tante cose che ha realizzato, ce n’è una invece che non è riuscito a fare? “Sì quasi tutte….“. Sulla porta, resta un’ultima curiosità da soddisfare, questa: perché non le piace concedere interviste, è diffidente nei confronti della stampa?
Adriano regala un ultimo sorriso: “E questa non è un’intervista?“.
09/11/2004 – TV Sorrisi e Canzoni