La sperimentazione a tutti i costi – senza essere sorretta da uno show vero e proprio – non convince il pubblico. La seconda puntata del programma di Adriano Celentano perde sette punti percentuali di share, crollando da sei a tre milioni e 900mila spettatori
di Eva Elisabetta Zuccari
La prima domanda che sorge spontanea osservando “Adrian” non è – a differenza di quanto auspicato dagli autori – come abbiamo fatto noi, uomini del ventunesimo secolo, a smarrirci nel cinismo di “sicurezza e benessere” perdendo di vista la “bellezza”, né se sarà davvero l’ “amore” un giorno a salvarci, quanto, piuttosto, un semplice “Perché?“. Perché una produzione del genere, una graphic novel concettuale e a lento rilascio, abbia scelto come collocazione la prima serata di Canale 5. Quella stessa prima serata che il giorno prima manda in onda la leggerezza della Dottoressa Giò e il giorno dopo l’intrattenimento puro dell’Isola dei Famosi. Perché non consegnare quelle che sono le “memorie di Adriano” a proposito del nostro tempo, anti globalizzazione e anti consumiste, ad una sede più idonea, come sarebbero state una rappresentazione teatrale, un volume, o, appunto, Sky, con cui in origine ci fu un primo accordo (la gestazione dello show è cominciata dieci anni fa, ndr).
Sia chiaro, non intendiamo che Canale 5 debba essere deputata esclusivamente al contenuto leggero (Dio ce ne liberi!), né che il pubblico di riferimento della rete manchi del guizzo per comprenderne il messaggio profondo. A spiazzare è il linguaggio. La sperimentazione è improvvisa e prepotente: il cartoon è un salto nel vuoto se non sorretto da uno show vero e se privo, fondamentalmente, di quel Celentano che servirebbe a fare da collante tra il décolleté della Cipriani e un cartone sperimentale (e sublime, grazie anche al tratto di Milo Manara e alle musiche di Nicola Piovani).
Tutto suona come un omaggio un po’ presuntuoso, forzato e concesso in prima serata a Celentano solo perché è Celentano. E il 13 per cento di share arrivato stamattina dimostra lo svezzamento mancato. Sono i famosi “conti senza l’oste”. Lo share è dimezzato tra la prima parte di programma dell’altroieri sera, che ha registrato il 21 per cento sull’onda dell’attesa fervente, e la seconda di ieri, ferma al 13 per cento. Un risultato che resta comunque alto per un film d’animazione, ma che perplime se si pensa ai (presunti) costi dell’operazione, che si aggirerebbero intorno ai venti milioni di euro.
L’Epifania di Celentano avviene, in entrambe le puntate, a mezz’ora dall’inizio dello show e dura, appunto, il tempo di una apparizione. Il Molleggiato sale sul palco in abiti “scaciati”, per dirla in dialetto romano, attraversa la scena con l’atteggiamento compiaciuto, pronuncia appena tredici parole (di numero) in due prime serate e se ne va. Quindi lascia i telespettatori alle prese con un collage di metafore “animate” sull’analogico e il digitale, sull’omologazione e la visionarietà di società distopiche, su dittature e supereroismi (a tratti neanche troppo originali). Un piglio squisitamente provocatorio, come è nel suo stile; il ritorno alle sue leggendarie “pause” da copione, che qui diventano portanti. Ma quei concetti che funzionano senz’altro come “una carezza” per il pubblico abituato ormai al disimpegno televisivo, finisco per arrivare “in un pugno”.
23/01/2019 – Today.it