Bruno Perini, nipote del Molleggiato, racconta ad Affari “Yuppi du”, il film cult di Celentano
Il 4 settembre al palazzo del Cinema al Lido di Venezia, alla presenza del regista, interprete e autore Adriano Celentano, verrà presentata in prima mondiale la versione restaurata di ‘Yuppi Du’, pellicola del 1975 interpretata, oltre che dallo stesso Celentano, da Charlotte Rampling e Claudia Mori e ambientata in gran parte proprio a Venezia. Sono stati infatti finalmente ultimati il delicato processo di restauro e il nuovo mixaggio delle musiche. Il film, certamente il più importante e rappresentativo della carriera cinematografica di Celentano, è un’opera che, a oltre trent’anni dalla sua anteprima al Festival di Cannes rivela ancora oggi tutta la sua attualità: basti ricordare che i temi sono le morti sul lavoro, la disoccupazione, le difficoltà di vivere al limite della soglia della miseria, l’inquinamento, i cantieri navali e le fabbriche chimiche, la disuguaglianza sociale (tra i protagonisti del film c’è anche una coppia gay).
E’ la storia di un barcaiolo veneziano che, convinto di essere vedovo, si risposa per dare una madre alla figlioletta e si ritrova bigamo e incerto. Favola surreal-farsesca, alimentata dal Celentano-pensiero con ingredienti di magia, confusa filosofia antiscioperistica e cattolicesimo “lumbard”.
Nel cast dello storico film c’è anche Bruno Perini, giornalista e nipote del Molleggiato. Interpretò il ruolo del prete che celebra le nozze tra i protagonisti (Adriano Celentano e Claudia Mori). In occasione del lancio della pellicola ristrutturata, sceglie Affari per raccontare i ricordi di quel lontano ’75 quando ‘lo zio’ gli chiese: “Vuoi fare una parte nel mio film, hai bisogno di soldi per sposarti?” e poco dopo si trovò a camminare per Venezia vestito da prete abbracciato alla sua futura moglie, scandalizzando le benestanti signore veneziane che lo incrociavano nelle calle…
Ecco il racconto di ricordi:
di Bruno Perini
Quando il 4 agosto del 1974 scesi dal treno non me ne resi subito conto. Alla stazione Santa Lucia di Venezia c’era grande confusione, gli altoparlanti annunciavano treni in ritardo, la gente assembrata in piccoli capannelli commentava qualcosa che era avvenuto sulla linea feroviaria ma allora non esistevano i cellulari, la comunicazione era molto più lenta e così non mi resi conto immediatamente dell’accaduto, pensai a un ‘incidente ferroviario. Mi imbarcai sul primo traghetto e raggiunsi l’albergo. Ero tutto concentrato sulla piccola parte che lo zio Adriano mi aveva assegnato nel suo nuovo film, Yuppi Du, e per tutto il tragitto nel labirinto veneziano pensai al fatto che mi sarei dovuto vestire da prete. Un prete un po’ ortodosso, d’accordo, ma pur sempre un prete.
Già, lo zio Adriano, dispettoso come al solito, con tono sarcastico mi aveva detto: “Vuoi fare una parte nel mio film, hai bisogno di soldi per sposarti? Bene te li devi guadagnare. Se vuoi ti faccio fare la parte del prete, se no niente”. Io, contestatore pre-sensantottino, fan di Lenin e di Marx alla stessa stregua dei fans dei Rolling Stone e dei Beatles, vestito da prete! Che orrore! Alla fine, come si deduce dal film che verrà presentato a Venezia dopo una attenta rivisitazione dello zio, accettai. Lo considerai una forma molto personale di compromesso storico. Solo qualche ora dopo, però, mi resi conto che i miei problemi politico esistenziali erano poca cosa rispetto a quello che era accaduto in Italia quello stesso giorno del mio arrivo a Venezia: quel trambusto alla stazione che avevo visto con i miei occhi era più che giustificato, quella data sarebbe passata tristemente alla storia come la strage dell’Italicus compiuta in Val di Sambro il 4 agosto del 1974. 12 morti e 44 feriti. Era l’epicentro della strategia del terrore, iniziata nel 1969 con la strage di piazza Fontana e continuata nell’80 con la strage di Bologna. I lettori si chiederanno perchè ricordare Yuppi Du con quelle date tragiche della storia d’Italia. Non c’è, ovviamente, un nesso, se non una singolare sovrapposizione di date, quella coincidenza mi è semplicemente rimasta impressa. Ho calcolato in seguito che l’esplosione dell’Italicus avvenne 20 minuti dopo aver incrociato il treno che mi portava a Venezia sul set di Yuppi Du.
A parte gli eventi tragici di quell’epoca, quando la redazione di Affaritaliani mi ha chiesto, in occasione della presentazione di Yuppi Du a Venezia, di mettere nero su bianco frammenti di ricordi e emozioni ho cercato di scavare nella memoria, lasciando volentieri ai critici cinematografici un giudizio postumo sul film. Ai tempi mi colpì il giudizio di Grazzini del Corriere della Sera, “Una ventata d’aria nuova nel cinema italiano”, ma per me la vera novità, mista a emozione, fu vedere Charlotte Rampling in carne ed ossa. Aveva già turbato i miei sonni di ventiquattrenne nel Portiere di Notte ma vederla da vicino, con quello sguardo carico di sensualità e perversione, fu un vero trauma. Fino al momento in cui andai sul set lei era uno dei tanti miti irraggiungibili del cinema, ma quando quel lunedì di agosto mio zio me la presentò non riuscii neppure a dire “piacere”, la salivazione si azzerò e per tutto il giorno continuai a guardarla. Chissà cosa avrà pensato di quel giovanotto che continuava a fissarla come se fosse stata la madonna.
Ricordo altri episodi divertenti. A parte l’espressione turbata di mio padre quando Adriano gli chiese si fare la parte del gay, ricordo un particolare che ancora oggi mi fa ridere. A quell’epoca ero fidanzato con Delia, la donna che sarebbe diventata mia moglie l’anno successivo e madre di Virginia nell’80. Il giorno in cui dovevo esordire sul set con la mia comparsata, Delia mi venne a trovare a Venezia. Alla mattina del grande giorno essendo in ritardo mi vestii da prete e a piedi mi diressi con lei verso il set. La tenevo per la vita e non mi rendevo conto dell’abito che indossavo. Svoltando in una minuscola calle feci quasi svenire una anziana donna veneziana. Vedendo quel prete per mano con una giovane donna dai capelli rossi l’anziana signora volse gli occhi al cielo in segno di preghiera e sussurrò “Oh santo Dio un prete abbracciato a una donna. Cosa dovremo ancora vedere?!”.
Non meno divertente fu la trattativa per i miei compensi. Avevo bisogno di soldi per mettere su famiglia. E lo zio lo aveva capito. Io d’altronde non ero un attore e non lo sarei mai diventato quindi mi sarebbe andato bene qualsiasi compenso. Quando arrivai a Venezia il direttore di produzione mi prese da parte e mi disse in tono confidenziale: “Caro Bruno, ti possiamo dare 60.000 lire a posa per quattro pose, più 20.000 lire di diaria”. A me sembrava un’enormità ma tentai il colpaccio, andai dallo zio e gli chiesi se mi poteva alzare la parcella. Lui ci penso un po’ e poi disse: “Me ne occupo io”. Fui pagato 200.000 lire a posa più 20.000 lire al giorno di diaria! Insomma un milione in tutto! Non ci volevo credere ma fu davverò così. I lettori avranno capito che oltre ad essere un bel film Yuppi Du per me è una specie di album di famiglia. Quando ho saputo che Adriano stava rimettendo le mani sulla pelliccola del 1975 gli ho chiesto con apprensione: “Non è che tagli la mia parte?”. “No, non preoccuparti, la tua parte è intatta”.
02/08/2008 – Affaritaliani.it