Esce oggi “… Adriano”, un cofanetto antologico con 65 brani. Più tre inediti: uno firmato da lui e gli altri due da Cocciante e Panella, e Sangiorgi
di ERNESTO ASSANTE
ROMA – Il titolo è semplice e chiaro:… Adriano. Arriva oggi un cofanetto di 65 brani che ripercorrono la carriera di Celentano, un percorso originale, provocatorio, di enorme successo. Ci sono, però, anche inediti come Io non ricordo, scritta da Giuliano Sangiorgi; Mai nella vita, di Cocciante e Panella; Ti fai del male di Celentano stesso.
Era giunto il momento di fare il punto su tutta la sua storia?
“Non ho mai fatto “punti” nella mia vita infatti in questo “box speciale” ho inserito nel titolo “tre puntini”, come a dire che “la storia continua…”. Proprio perché non amo trarre conclusioni. Sono inutili e poi non interessano a nessuno. A me per primo. Non so se lo hai notato ma non c’è tutto il mio repertorio musicale, fotografico e altri materiali vari, moltissimi dei quali inediti. Proprio perché evito sempre di fare “il punto”. Riguardo al “perché” di questa scelta (dello special box), non devo “spiegare” il mio lavoro. Le motivazioni delle scelte di un artista sono particolari e spesso più banali di quello che si vorrebbe far credere. A voi spiegarlo e spiegarmelo… potrei avere anche io qualche sorpresa”.
Quale immagine di Celentano propone attraverso questi cd?
“Il pubblico sa come sono. Ha capito che di me si può fidare. Può non apprezzare tutto quello che faccio, ma sa che sono sincero. In questi cd ho cercato di selezionare alcune canzoni che a volte in passato, sono state sottovalutate forse perché trattavano temi di cui non si parlava. Approcci e atteggiamenti inusuali verso la vita, la propria donna, la politica, l’inquinamento, un amico, la fede. Riascoltandole oggi, è una bella sensazione”.
Come sottotesto c’è la storia del nostro paese. Si sente più “testimone” o “motore” dei tempi?
“Io mi sento una persona che vive ogni attimo della vita coinvolto in ciò che accade. Né testimone e né motore. Forse “una spina nel fianco”. Nel fianco di tutti coloro che vogliono fare i furbi a scapito delle persone oneste e indifese”.
Cosa vuol dire per lei essere interprete?
“Quando canto le canzoni scritte da altri lo faccio solo se condivido il testo e musicalmente trovo qualcosa di originale, a quel punto è come se le avessi scritte io. In genere intervengo molto sull’arrangiamento e questo contribuisce molto a renderle più vicine al mio “gusto” e alle sperimentazioni che amo spesso fare”.
Il mondo della musica è stato rivoluzionato completamente dalle nuove tecnologie…
“Le nuove tecnologie sono già passate. Quando si parla di nuove tecnologie già ce n’è una più nuova. Per stare sicuri, bisognerebbe ricominciare a fare musica. Il resto è tutta roba vecchia, comprese le nuove tecnologie”.
Sembra che a muovere ogni sua scelta, sia sempre e solo l’amore.
“Sì è proprio così. Per me l’amore è il motore di ogni cosa. Amore nel senso più ampio. Non solo per una donna. Per un amico, per uno sconosciuto, per un albero, per chi soffre a causa di disumane diseguaglianze, per un tramonto o una tempesta, insomma per la vita. Ma in tutte queste cose alla fine io vedo sempre una donna… anche nella tempesta. Non amo però le zanzare. Ecco per quelle provo un sentimento simile all’odio. Mi beccano e sono allergico”.
E il futuro? Cos’altro immagina di fare?
“Quello che ho fatto, ma studiando di più. Anche se il mio migliore amico Memo Dittongo, che ora non c’è più, un giorno venendo a casa mia si accorse che avevo moltissimi libri nel mio studio e preoccupato si rivolse a Claudia dicendole allarmatissimo: “Claudia, se legge siamo rovinati!”.
19/11/2013 – La Repubblica