Compleanno Celentano, 80 anni: rock rivoluzionario, no al divorzio, natura rovinata dalla violenza umana
La visione del mondo secondo Adriano Celentano, gli stralci dalla lunga intervista che il Molleggiato fece in occasione della pubblicazione di un’antologia di 5 dischi in vinile
di Mario Luzzatto Fegiz
Celentano fa cifra tonda, sabato 6 gennaio Adriano compie 80 anni. Nel 1979 decise di dare alle stampe un’antologia in cinque dischi di vinile che poi venne ristampata e ampliata un decennio più tardi. Il cofanetto, impreziosito da un Celentano avvolto nell’edera ideato dall’art director Luciano Tallarini fra decine di foto del Molleggiato, conteneva un fascicolo con una lunga intervista a Celentano, che fu affidata a me. Lavorare fianco a fianco con questo artista è stata un’esperienza indimenticabile. Già da allora Celentano aveva idee chiare e risposte pronte. E su quasi tutti i grandi temi la sua visione del mondo non è cambiata.
Serenità — «Il mio primo ricordo di bambino è un pomeriggio d’estate. Mia madre usava mandarmi a letto a fare il riposino pomeridiano. Abitavamo al 14 di via Gluck. Verso le 16 mi sono svegliato e sono uscito. Aspettavo che anche i miei amici si svegliassero. Intanto ero solo in questo cortile. Davanti a me avevo una visione fantastica che mi è sempre rimasta impressa nella mente: un cielo azzurro, il sole, il cortile diviso in due dall’ombra. Da una parte c’era mia madre che cuciva una calza dall’altra mia zia stendeva i panni. E si parlavano in serenità».
Divorzio — «Non ho mai creduto al divorzio anche se credo che ci vorrebbe una patente per essere autorizzati a sposarsi».
Il rock — «Il mio era un genere nuovo, il rock era qualcosa di sovversivo. Andavano per la maggiore Villa, Tajoli, Tonina Torielli e a me non dava retta nessuno. Quando portai 24 mila baci a Sanremo mi dicevano che ero un violento. Per un festival di Sanremo ero quasi una provocazione con quei movimenti del corpo. Ci fu perfino una interrogazione parlamentare perché, per qualche attimo, voltai le spalle al pubblico dei telespettatori» («Hai mostrato il meglio di te» gli disse una acido Cladio Villa durante un dibattito in tv, nda)
Mondo in mi 7ª — «Rovinando l’ambiente si rovinano le coscienze. Il male della società deriva dal fatto che l’uomo non ha una casa a sua misura integrata con la sua natura e la natura circostante. Io penso che da queste privazioni nascono le violenze. Adesso mettono gli operai nelle scatole-alveare dove diventano brutti, nervosi e irascibili»
Ha una missione da compiere? — «No. Sarei un presuntuoso».
Pasolini — «Un giorno in via Zuretti, dove abitavo, venne a trovarmi Pier Paolo Pasolini. Mi disse: “Dopo aver ascoltato “Il ragazzo della via Gluck” ho avvertito il bisogno di venire a parlare con lei. A me piacerebbe molto fare un film sul Ragazzo della via Gluck e vorrei che fosse lei a interpretarlo. Ma se io non lo farò lo faccia lei un giorno o l’altro».
Diritto di sciopero — «”Chi non lavora non fa l’amore” è una canzone che collega il privato con il politico quando quest’operazione non era affatto di moda: insomma, tutta la mia produzione è di sinistra. Questa, per via del titolo, diventava un po’ fascista senza esserlo per niente visto che minacciava il padrone: come finisce l’amore per me che sono operaio, finirà anche per te, padrone, se non mi aumenti la paga. Altro che reazionaria. Rivoluzionaria».
Improvvisazione — «Io speculo molto su questa capacità di improvvisazione. Ogni tanto questa brutta abitudine la pago. Mi odio per le imperfezioni e per il cattivo sincronismo con l’orchestra».
Qualunquista? — «Ogni tanto mi faccio spiegare cosa significa questa parola. Al momento capisco, poi dopo due minuti mi sono già dimenticato tutto»
L’esperienza irripetibile — «Nel film Yuppy du ho proiettato tutti i sentimenti, le ansie, le gioie e i dolori che ho sempre avuto dentro. Un esperienza irripetibile».
Il Clan — «Per me significava poter verificare sempre un’idea, avere sempre dei compagni di gioco».
Nato per correre — «Un giorno da bambino guardavo le montagne intorno a Milano, E pensavo che da grande mi sarei fermato. E invece la corsa continua».
04/01/2018 – Corriere della Sera