Oggi pubblichiamo il video-documentario incentrato sulle quattro regie cinematografiche di Adriano Celentano, realizzato, per la sua tesi di laurea presso l’Università di Udine, da Manuele De Marco. Troviamo sia ben realizzato e interessante e vi invitiamo a gustarvelo anche per alcune chicche presenti, come le testimonianze di chi con Adriano, ci ha lavorato. Nel documentario, infatti, intervengono anche Piero Vivarelli, Renato Casaro, che realizzò le locandine di alcuni suoi film, e Bruno Perini, nipote del Molleggiato.
La tesi “Le quattro regie cinematografiche di Adriano Celentano: un artista a 360 gradi” è un lavoro che avevo in mente già quando feci gli esami di terza media. Ma non volevo diventasse un lavoro banale o ridicolo. Negli anni ho sempre seguito Adriano come un Artista unico, capace di cimentarsi in qualsiasi ruolo appartenente al mondo dello spettacolo. Ho iniziato a seguirlo proprio tramite i suoi film che trasmettevano in TV. A 4 anni rimasi incantato dalla trasmissione “125 milioni di caz**te”, riguardai le puntate registrate su VHS tantissime volte. La prima musicassetta la comprai all’età di 6 anni. Da allora la passione non è mai tramontata: colleziono i suoi dischi, CD, musicassette, film, apparizioni televisive, spettacoli, speciali a lui dedicati, servizi televisivi e giornali. Oggi che ho 22 anni posseggo più di 270 dischi (compresi CD e musicassette).
Grazie ad Adriano mi sono appassionato al mondo del cinema. All’età di 14 anni dissi di volere fare l’elettricista in Rai in modo da poter lavorare a suoi spettacoli televisivi e così feci l’ITIS, indirizzo elettrotecnica. Ma nel corso di quei 5 anni mi appassionai al montaggio, e al mondo del cinema, proprio tramite i suoi film da regista e grazie alle sue trasmissioni televisive che avevo iniziato a guardare in modo diverso. Lo stile di Adriano ha indubbiamente influenzato il mio modo di vedere le cose e soprattutto di costruire i video. Così, avendo studiato cinema all’università, decisi di dover fare la tesi su di lui, perché è grazie a lui se ora aspiro a diventare un regista in grado di far riflettere le persone.
Una tesi ricca di racconti inediti, di interviste e immagini reperiti negli anni. Un racconto che per regolamento non avrebbe dovuto superare le 50 facciate e che io feci arrivare a 100, perché quando si parla di Adriano non ci sono regole.
Nella tesi studio le sue 4 regie cinematografiche analizzando il montaggio, lo stile, i riferimenti biblici, la colonna sonora, i messaggi trasmessi e la costruzione delle singole inquadrature. Ma non solo, ho comparato le versioni integrali con quelle tagliate e rimontate. Ho studiato il fenomeno della TV di Adriano (vi sono molti riferimenti con “Joan Lui”) fino ad arrivare alle prime supposizioni di un’opera che fino ad alcuni mesi fa era completamente avvolta dal mistero: “Adrian”. Il mio desiderio sarebbe quello di poter far arrivare questa tesi proprio ad Adriano. La lasciai al teatro Camploy quando andai a Verona a vedere “Adrian”, ma purtroppo quel giorno Adriano stava male.
Tornando alla tesi… Sapevo fin da subito che sarebbe stato un lavoro difficile, non perché fosse impossibile farla, ma perché puntavo in alto. Puntavo ad intervistare Adriano, anzi me lo ero imposto. Non lo facevo per raggiungere un punteggio alto alla laurea, infatti partivo già da una base di 109/110. Volevo coronare il mio sogno e poter ringraziare un uomo che negli anni mi ha aiutato a crescere. Così mentre mandavo delle mail al Clan Celentano, cercavo in tutti i modi di poter intervistare delle persone che avessero collaborato nei film da lui diretti (“Super rapina a Milano”, “Yuppi Du”, “Geppo il folle” e “Joan Lui”, il mio preferito e quello che occupa più spazio nella tesi). Iniziai così ad invadere le caselle postali di chiunque avesse collaborato con lui. Passai i titoli di coda dei film, mi segnai i loro nomi e li cercai in Internet. Purtroppo non tutti risposero, alcuni non c’erano più e altri non vollero farsi intervistare. Intano dal Clan Celentano non mi arrivò nessuna risposta, ma questa speranza in qualche modo era già spenta in partenza: seguo Adriano da sempre e so bene quanto sia un po’ ostile a rilasciare dichiarazioni. Per me però era importante e così continuai ad insistere, mandando anche una raccomandata a casa sua che purtroppo mi ritornò indietro. Un pomeriggio scrissi anche a Gino Santercole, e dopo alcune ore mi telefonò dicendo di essere ben felice di poter aiutarmi in questo mio sogno e si offrì di accogliermi in casa sua per dedicarmi del tempo e rispondere alle mie domande. Fu così che si concretizzò l’idea di realizzare un documentario da allegare alla tesi. Nel frattempo riuscii ad intervistare un altro pezzo forte del cinema: Renato Casaro, il più grande illustratore cinematografico. Abitando a 40 minuti da Treviso, dove Casaro abita, non mi feci scappare l’occasione. Andai ad intervistarlo assieme ad un mio amico che era curioso di conoscerlo. Casaro ci accolse a braccia aperte, ci parlò della sua carriera e ci raccontò molte cose su Adriano. Mi colpì molto l’allegria e la gioia che metteva nei suoi racconti, anche lui era stregato dal fascino di Adriano e per quello volle lavorare con lui. Realizzò molte delle locandine dei film di Adriano tra cui “Joan Lui”, “Il burbero” e “Asso” (le quali sono contenute a pagina intera all’interno del libro che finì di stampare in quel periodo). Dopo aver fatto la locandina de “Il burbero” però non lo vide più, così in cambio dell’intervista (in modo scherzoso) mi chiese tutti i possibili contatti per raggiungere Adriano e poterci parlare assieme.
Alla sera controllai i filmati, ma qualcosa era andato storto. Avevo filmato il tutto con due camere, ma nella scheda della PRIMA CAMERA erano stati memorizzati solamente i primi 7 minuti dell’incontro. Iniziai a sentirmi male, temevo di aver perso un lavoro perfetto. Per fortuna l’altra scheda era integra e tutti i file erano memorizzati. Intanto la parte scritta della tesi stava prendendo forma, anche grazie all’intervista che Detto Mariano mi concesse tramite mail, in quanto per impegni lavorativi non poté farsi intervistare di persona. Con quella intervista scoprii molti retroscena dei film, l’aria che si respirava sul set, ma soprattutto l’impegno che Adriano metteva nel fare le cose. Avevo ancora molte lacune alle quali dovevo darmi una risposta. Ero sicuro, però, che con l’aiuto di Gino i miei dubbi sarebbero spariti. Pochi giorni prima della mia partenza per Roma, ricevetti la terribile notizia della sua scomparsa. Fu un colpo tremendo veder sparire un artista con il quale si è cresciuti.
La sua morte mi sconvolse e il mio progetto rimase fermo per alcune settimane.
Non sapevo più se avesse senso fare un documentario con una sola intervista video.
Ma non misi da parte le speranze e ricominciai a scrivere. Nel frattempo dopo 3 mesi di ricerche riuscii a recuperare anche la versione integrale di “Yuppi Du”, da un ragazzo che l’aveva registrata in TV la prima volta che trasmisero il film. In questo modo potei comparare anche i diversi stili di montaggio dei film (versione originale e rimontata). Di “Joan Lui”, ad esempio, esistono 7 versioni differenti. Scrissi ai figli di Adriano, mi rispose solamente Giacomo che mi spiegò i motivi per cui non poteva farsi intervistare.
Quando la tesi stava ormai per essere conclusa, mi rispose un altro nome importante: Bruno Perini, il nipote di Adriano. Nonostante fosse in vacanza, mi dedicò molto gentilmente un’ora per intervistarlo telefonicamente. Ascoltando i suoi racconti mi sembrava di rivivere passo dopo passo la carriera di Adriano, fu un’emozione unica. La tesi così arrivò al termine.
Io mi laureai, avendo la totale attenzione (ed interesse) dei professori e delle centinaia di persone presenti in aula quel giorno. Un 110 e Lode che dedico a tutti coloro hanno creduto in me aiutandomi e a tutti gli amici conosciuti grazie a questa passione che ci accomuna, da nord a sud. Ma soprattutto: grazie Adriano!Manuele De Marco
Fabrizio