Fantastico Celentano, la voce del silenzio
Affidate al cantante, le 13 puntate dello spettacolo del sabato sera. Sono 13 eventi di cui parla tutta l’Italia. Per la Rai una bomba a orologeria, per la tv una svolta epocale, oggi rievocata da un protagonista.
di Bruno Gambarotta
Tre ottobre 1987, ore 20,40, va in onda su RaiUno, la rete ammiraglia, il primo dei silenzi di Adriano Celentano, una svolta epocale nell’intrattenimento televisivo. La Rai aveva scritturato un cantante per condurre Fantastico 8 e si era ritrovata in casa una bomba a orologeria. Cos’era successo?
Facciamo un passo indietro. I conduttori collaudati della Rai avevano ceduto alle lusinghe del Grande Seduttore. Pippo Baudo: «Berlusconi mi manda a prendere con l’aereo privato per discutere il contratto», quando in Rai ti contestano la ricevuta del taxi. Raffaella Carrà: «Come fai a resistere a uno che ti fa recapitare per un mese ogni giorno 200 rose rosse?». Renzo Arbore declina l’offerta, il Fantastico di Baudo è una messa cantata, un rito assiro-babilonese, non fa per lui, eterno scanzonato ragazzo. Resta Adriano, il ruolo di salvatore della patria gli è congeniale. Lui detesta la televisione seriale, quella dove lo spettatore ritrova, settimana dopo settimana, la stessa consolante minestrina. Le tredici puntate di Fantastico saranno tredici eventi di cui tutti parleranno e scriveranno in pensosi articoli di fondo. Qualche nome? Eugenio Scalfari, Enzo Biagi, Umberto Eco, Giovanni Arpino; Giorgio Bocca già il 4 ottobre “Celentano si conferma un cretino di talento”.
Idee impossibili
Adriano aveva visto e rivisto Quinto potere, il film di Sidney Lumet del 1976; gli viene offerta l’occasione di ripetere le gesta di Howard Beale, «il pazzo profeta dell’etere», che invita gli spettatori a spegnere il televisore, aprire le finestre e gridare «Sono incazzato nero, e tutto questo non lo accetterò più!». I capi della Rai l’avevano scritturato senza domandargli come pensava di impostare un programma che l’avrebbe visto nei ruoli di direttore artistico, conduttore e cantante. A comporre la squadra chiama tre personaggi che gli piacciono, lo «fanno ridere»: Massimo Boldi, Maurizio Micheli e Marisa Laurito che si era rivelata nell’aprile dello stesso anno come Marisa la Nuit.
Fin all’inizio Adriano manifesta idee grandiose, impossibili da realizzare con i mezzi della Rai. Il capo struttura Mario Maffucci mi chiede di affiancare Adriano, conquistare la sua fiducia e spiegargli i limiti delle nostre strutture produttive. È un invito a nozze, cantavo le sue canzoni ai miei figli mentre li imboccavo e loro mangiavano a gran velocità per far finire prima quello strazio. Mi portano a Galbiate nella sua villa a conoscere Adriano che divide il mondo in due categorie, amici e nemici. Diventiamo amici e lo saremo per sempre. Ma non mi ha mai rivelato il contenuto dei monologhi con i quali intendeva aprire il programma. Sicché, quando la sera del 3 ottobre, sovraccarico di tensione, ha un vuoto di memoria, non sono in grado di aiutarlo come si fa di solito con fogli e pennarelli stando al di qua delle telecamere.
Coppia fissa
Quella stessa sera, alle 23, impapocchia la spiegazione del regolamento di un gioco promosso dallo sponsor, legato a una marca di caffè, e dalla puntata successiva chiamerà me a spiegarlo, promuovendomi spalla. Nasce una piccola gag. Il giorno dopo mi confida: «I miei amici dicono che fai ridere più tu di me». Pensando a come avrebbero reagito i mostri sacri, Nino Manfredi o Alberto Sordi per non fare nomi, preparo le valigie per tornare a Torino. Invece Adriano vuole che facciamo coppia fissa. Fantastico ’87 diventa un programma adrenalinico e tale resterà fino al 6 gennaio.
Alla terza puntata Adriano chiede un minuto di raccoglimento contro l’inquinamento da rumore anche televisivo e invita i telespettatori prima dell’inizio: «Se volete cambiare canale fatelo pure, ma quali cazzate troverete che non siano migliori di quelle che sto dicendo io?».
È una stagione di referendum e Adriano ne critica la formulazione e si schiera apertamente contro le centrali nucleari. Sabato 7 novembre, sesta puntata, è la vigilia del referendum sulle centrali nucleari, i due che riguardano la caccia sono stati giudicati inammissibili dalla corte costituzionale. Adriano ha promesso alla moglie Claudia e a tutti noi che non avrebbe toccato l’argomento, ma ha chiesto come fabbisogno di scena una lavagna da scuola montata su rotelle. Su quella scriverà una frase («La caccia è contro l’amore, non la vogliamo») invitando gli spettatori a fare altrettanto sulla scheda elettorale.
La frittata è fatta
Al ritorno in camerino gli dico: «La scritta fa annullare la scheda». «Se sono poche sì, ma non se sono milioni». Chiedo l’aiuto del notaio che ribadisce il concetto e Adriano si convince. Il resto della serata sarà dedicato a convincere gli spettatori a non seguire il consiglio, ma oramai la frittata è fatta, Adriano sarà multato e dovrà saltare una puntata. Vota il 65,1 per cento degli aventi diritto e circa l’80 per cento cancella il nucleare. L’anno prima c’era stata la fusione nell’impianto di Cernobil. Al ritorno, sabato 21 novembre, Adriano chiedo agli spettatori, a metà del suo monologo, di cambiare canale e sintonizzarsi su Canale 5, alle 23,06. L’Auditel certifica il numero di coloro che gli hanno obbedito, fra i 2 milioni e 700 mila e 3 milioni e 700 mila.
La violenza sulle donne era già allora un tema d’attualità, Adriano ne parla e invita Franca Rame a recitare il suo sconvolgente monologo sullo stupro subito: aggredita, sequestrata e violentata per quattro ore. Un’altra puntata è dedicata al chirurgo oftalmico sovietico Fjodorov che ha operato con successo la zia di Claudia, con un seguito di proteste furibonde dei medici italiani.
«Spegnete il televisore»
Il 28 novembre arrivano altri due strappi alle sacre regole della tv: per 5 minuti trasmette l’inquadratura fissa della storica foto della stretta di mano fra Reagan e Gorbaciov e per invitare gli italiani a incoraggiarli nel processo della distensione chiede ai telespettatori di spegnere il televisore per 5 minuti, dalle 21,10 alle 21,15. L’Enel, in base al calo dei consumi, calcola che siano stati 5 milioni e 600 mila, l’Auditel 8 milioni 65 mila.
Infine, sotto Natale, Dario Fo recita il suo stupendo monologo sull’infanzia di Gesù, desunto dai vangeli apocrifi, scatenando l’ira dei vescovi. Il 6 gennaio si chiude con un primato, la puntata più lunga di un varietà, oltre sei ore. Il bilancio più lucido è dovuto alla nostra compianta Lietta Tornabuoni: «Celentano può salvare nell’emergenza, ma non porta mutamento nel sistema». Col senno di poi possiamo farci una domanda: celentanismo, malattia infantile del grillismo?
27/08/2017 – La Stampa