Il Molleggiato compie 70 anni
Celentano, tra musica, cinema e tv
Settant’anni e non sentirli, il prossimo 6 gennaio. Adriano Celentano compirà 70 anni. Il ragazzo della via Gluck è considerato da molti un genio, da altri un despota. Con le sue canzoni ha raccontato l’Italia per cinquant’anni. Da venti ha stravolto i canoni del varietà televisivo. Il cinema è una delle sue più grandi passioni. Per chi l’ha conosciuto o ha lavorato con lui è “un’icona inossidabile, un vero mito”.
Le pause, celebri quanto i monologhi a sorpresa, l’assoluta libertà editoriale, i contratti milionari, le polemiche, i record di ascolti: sono gli ingredienti della Celentano-tv, definita anche la “dissoluzione del varietà”. L’avventura di Adriano Celentano sul piccolo schermo iniziò nell’autunno del 1987, quando venne chiamato a condurre dalla Rai il primo Fantastico del dopo-Baudo, passato da pochi mesi alla Fininvest. Fu un successo strepitoso, quanto inatteso.
Per 14 settimane inchiodò milioni di spettatori davanti a Raiuno, tra amnesie, sermoni, papere e silenzi. Quell’edizione di Fantastico verrà ricordato per il filmato choc sull’uccisione delle foche da parte dei bracconieri per farne pregiate pellicce. Il documentario viene mandato in onda alla vigilia del referendum sulla caccia e il Molleggiato invita gli italiani a scrivere sulla scheda: “La caccia è contro l’amore“. Si corregge per evitare l’annullamento delle schede, ma non riesce ad evitare la multa da 200 milioni per la Rai, nè il processo per turbativa elettorale, dal quale verrà assolto con formula piena.
Prima di tornare in tv e rimettere piede in Rai, Celentano dovrà attendere quattro anni.
Il rientro in tv avviene nel 1991, con Notte Rock. I monologhi, moderati da Enzo Biagi, non fanno sfracelli: mentre gli ascolti sfiorano i sette milioni.
L’autunno successivo porta su Raitre Svalutation: due puntate annunciate da dal promo “Si salvi chi può“. Il Molleggiato se la prende con i ricchi, chiede che vengano restituite all’Italia la bellezza di un tempo e le botteghe degli artigiani. Risultato: 5 milioni di media contro le “corazzate” Scommettiamo che? e Paperissima.
Sette anni di pausa, in cui si dedica maggiormente alla musica, salvo qualche sporadica apparizione televisiva. Francamente me ne infischio è il titolo dello show che nel 1999 lo riporta su Raiuno, annunciato da un battage mediatico senza precedenti. Forte della carta bianca avuta dalla Rai, il Molleggiato parla di pena di morte, fame, guerra, pedofilia, stupro, vivisezione, mine e mancanza d’acqua. Fioccano le polemiche e gli ascolti: la prima puntata fa oltre 9,5 milioni di spettatori (42.29%) con picchi di 14 milioni.
Ancora fibrillazione e allarme monologhi ad aprile 2001: è la volta di 125 milioni di caz…te, frutto di un compromesso su un titolo che aveva scomodato consiglieri Rai, parlamentari e perfino i frati di Assisi. I temi sono vere e proprie “bombe”: i cibi transgenici, la legge sulla donazione degli organi, la frenesia del vivere moderno, la salute, l’amore.
Il set è il più grande mai visto per uno show tv: oltre tremila metri quadri in un ex capannone industriale a Brugherio. Costi da capogiro: circa 23 miliardi per quattro puntate, si dice. Eccezionali gli ospiti (da Dario Fo a Giorgio Gaber) e gli ascolti: all’esordio oltre 12 milioni nella prima parte e quasi 8 nella seconda.
Nel 2005 il nuovo pulpito per Celentano è Rockpolitik, in onda su Raiuno fra ottobre e novembre: dividendo il mondo in lento e rock. Il telepredicatore parla di fame, guerra, violenza, desertificazione, ma anche di temi politici, ridà il microfono a Michele Santoro, diffonde la classifica della Freedom House sulla libertà d’informazione con l’Italia solo settantanovesima, ospita Roberto Benigni che, facendo il verso a Totò e Peppino, scrive una lunga lettera a Silvio Berlusconi. In quel momento dalla tv ci sono 15,5 milioni di telespettatori, mentre la media delle quattro puntate sarà del 46%. Anche questa volta, il ciclone Celentano ha avuto piena libertà autoriale, ma il direttore di Raiuno Frabrizio Del Noce ne prende le distanze.
Il resto è storia di oggi: dopo una promozione massiccia, il 26 novembre arriva su Raiuno La situazione di mia sorella non è buona, serata-evento legata al nuovo cd Dormi amore, la situazione non è buona. Le sentenze del di Celentano, che puntualmente accendono la polemica, spaziano da Prodi al nucleare, gli ultrà agli architetti a Berlusconi.
Chi lo ha conosciuto o ha avuto l’opportunità di lavorare con lui lo considerà un mito. Il cantautore milanese Pacifico che ha firmato uno dei brani dell’ultimo album del Molleggiato, I passi che facciamo, racconta: “Celentano ha molto talento e per questo suscita invidia. E’ inimitabile, chi tenta di fare ciò che fa lui diventa ridicolo. E’ un equilibrista perchè sembrà che stia lì per cadere, dopo tanti anni molti se lo aspettano, invece resta sempre in piedi e non stufa mai. Ha una forza che ti conquista”.
Lo scrittore Vincenzo Cerami, autore anche di Rock Politik parla così di Celentano: “Avrà fatto almeno 40 canzoni memorabili, nessun altro ha un repertorio di capolavori come il suo. A partire da Azzurro, la cosa più bella nella storia della canzone italiana. Neanche Paolo Conte la canta così bene. Pensare che quando la registrò, Adriano aveva il raffreddore. Il naso chiuso produsse una particolare voce, che fu la sua fortuna”.
”Settantanni? Non sembra! Tutti gli auguri più belli del mondo!”, esclama Ottavia Piccolo, che nel ’68 con Celentano girò Serafino di Pietro Germi. ”Era il mio primo film importante – ricorda – Non legammo molto perchè lui era già un divo e aveva un cordone protettivo intorno. E poi io ero giovanissima e Germi molto severo. Ma per me u un’occasione unica”.
Ricky Gianco ricorda così i suoi esordi nel Clan di Celentano: “Quando mi offrì di far parte del Clan avevo 19 anni. Lui era molto creativo, geniale. Dopo un bellissimo anno e mezzo, lasciai: spesso era dispotico, più che un Clan era una corte, cosa che avviene spesso quando uno ha grande carisma”. Gianco rivela che fu Celentano a scegliere il suo nome (all’anagrafe Ricky Sanna) e che ”a parte i suoi misticismi e gli aspetti monarchici della gestione, era l’uomo più pigro che avevo mai conosciuto: piuttosto che imparare a memoria due pagine, faceva carte false. E poi aveva paura di andare in aereo, rifiutò anche di fare un film in Russia per questo”. E afferma: “Tanti cari auguri Adriano, quando in tv dice quello che gli altri hanno paura di dire o fa vedere quello che gli altri hanno paura di mostrare, sono felice”.
02/01/2008 – TgCom