Il «solito» Celentano è un déjà vu: le pause, l’acqua, la finta di andarsene
Eppure Celentano ha allestito uno show che avrebbe le carte in regola per essere definito un evento con cinque conduttori sul palco da 16 milioni di spettatori
di Renato Franco
Sua Assenza questa volta c’è, pause comprese. Celentano dimentica Adrian e torna a fare Adriano, non si limita alla sola esperienza cartonata, ma si manifesta anche in carne, ossa e voce. Il solito tavolo con il bicchiere e la bottiglia d’acqua; la finta di interrompere il suo monologo e andarsene. Déjà vu. I pilastri su cui ha costruito la sua carriera televisiva ci sono tutti, i temi di cui parla sono quelli che gli stanno a cuore: il mondo della tv, l’ambientalismo. Celentano ha allestito uno show che avrebbe le carte in regola per essere definito un evento, a partire dai conduttori che riesce a mettere insieme attorno a un tavolo in rappresentanza delle diverse anime della tv generalista: c’è la Rai (con Carlo Conti), c’è Mediaset (con il trio Bonolis, Chiambretti, Gerry Scotti), c’è La7 (con Giletti). Gente che ha in dote qualcosa come 16 milioni di spettatori a sommare i loro programmi da Tale e Quale Show a Non è l’Arena. Il risultato del dibattito risulta però troppo improvvisato, tra qualche banalità e analisi superficiali.
Sullo sfondo lo skyline di una città piena di grattacieli affacciata sul mare, entrano uno alla volta e si mettono da un lato del tavolo; sull’altro c’è Celentano annunciato come «il conduttore». Ci mette un po’ a far uscire la voce – se no non sarebbe Lui: «Qui c’è la televisione. Loro sono la nostra finestra sul mondo, attraverso di loro ci arriva il bello e il brutto dell’umanità. Io credo che dobbiamo cambiare la tv: cambiare è sempre positivo, anche quando si sbaglia. Bisogna essere più diretti, più schietti, meno caramellosi». Celentano dà anche i giudizi sui loro programmi. «Il difetto di Tale e Quale è nella giuria, non hanno il coraggio di dire ai concorrenti quando non sono stati bravi. Metterei una giuria che giudica la giuria». Giletti? «Non riesce a frenare il caos quando gli ospiti si accapigliano». Gerry Scotti? «Sono contrario a regalare soldi in un quiz attraverso un gioco, non è un bel messaggio per i giovani». L’accusa a Bonolis è di indugiare troppo su bellissime ragazze in tanga, «dovresti cambiare». «Ma io cambio culo ogni settimana», la risposta al laser del conduttore.
Poi arriva il «solito» monologo, la preoccupazione per le ferite del nostro Pianeta («La Terra è arrabbiata con l’Uomo»). Con Ligabue invece parlano di acqua. Il momento migliore però è il riassunto teatrale di Adrian fatto da Alessio Boni. Celentano ha puntato anche su una durata che è il futuro della tv, si rimane intorno all’ora, un minutaggio che ha una diversa lettura: poco tempo per annoiarsi a morte (se non piace), ottimo per non essere sazi (se diverte gli spettatori), perfetto per non diluire le idee (se ci sono) in 3 ore di programma che in questi tempi di attenzione ristretta sono ormai un residuo del Novecento televisivo.
07/11/2019 – Corriere della Sera