Joan Lui (1985), curiosità sul film di Adriano Celentano
di Gianmarco Cilento
Il terzultimo film interpretato da Adriano Celentano, ovvero Joan Lui – Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì, girato nel 1985, è anche uno dei più controversi capitoli del cinema italiano. Oltre ad essere la quarta e ultima regia del cantautore milanese, è anche la sua opera più complessa e assurda. La più ambiziosa in poche parole.
È una sorta di videoclip apocalittico, affascinante e sbalorditivo. Il film racconta di Joan Lui, una sorta di reincarnazione di Gesù Cristo, catapultato in un non meglio precisato paese dell’occidente nel 1985, dove sono all’ordine del giorno i sequestri di persona, il disordine e la droga. L’antagonista è Yarak, un maligno con le fattezze da orientale. Joan si attira nel frattempo le attenzioni di Tina Foster, una giornalista del “Corriere dell’Est” (Claudia Mori, qui alla sua ultima apparizione cinematografica) e di Judith (Marthe Keller). Per quest’ultimo ruolo Celentano aveva in un primo momento pensato a Meryl Streep, ma l’attrice statunitense, già impegnata sul set di un altro film, si era vista costretta a rifiutare. Joan Lui predica, contro le superpotenze, contro l’ipocrisia della politica, ma alla fine viene assassinato, per poi risorgere come il Messia, sulle note de L’ora è giunta, una delle canzoni più azzeccate di tutto il film.
Il progetto di Joan Lui viene da molto lontano: Adriano lo vorrebbe girare sin dalla metà degli anni ‘70. Ma gli intoppi sono tanti, a partire dall’ambizione del soggetto e dalle pretese di realizzazione, ovvero quelle di un musical religioso con connotazioni da kolossal. Gli anni passano e nel frattempo il cantautore milanese, oltre a girare un altro film da regista, ovvero Geppo il folle (1978), si cimenta in una fortunata serie di film di cassetta, prima Il bisbetico domato, poi Asso, Innamorato pazzo e non ma meno il divertentissimo Bingo Bongo. Tutti film che, anche grazie alla presenza di partner femminili di grande appeal (da Ornella Muti a Edwige Fenech), saldano l’immagine di Celentano come re del botteghino, in un momento alquanto critico per la sua carriera discografica, segnata dall’assenza di grandissimi successi in hit parade (fatta eccezione per Soli, scritta da Totò Cutugno nel 1979).
Dopo ulteriori rimandi (e altri film nel mezzo come Segni particolari bellissimo, Sing Sing e Lui è peggio di me), Celentano nel 1984 riesce ad avviare definitivamente la produzione del film, completando il soggetto e la sceneggiatura. Adriano e i produttori, ovvero i Cecchi Gori, annunciano il film agli inizi del 1985, come una superproduzione da 15 miliardi di lire, anche se in realtà il film alla fine ne costerà 21. Le riprese si svolgono tra il 2 maggio e il 30 ottobre di quell’anno, senza particolari interruzioni, tra il Teatro 15 di Cinecittà, il Lago di Formello (per la scena con Claudia Mori che corre nel torrente), Abruzzo (per gli esterni iniziali fuori dal treno), Genova e la Stazione Centrale di Milano. Una scena, quella della discoteca in chiesa, viene girata nella chiesa consacrata di Sant’Adriana a Piazza Navona.
L’uscita, prevista per il periodo natalizio, rischia però di saltare a causa del ritardo del Molleggiato nel terminare il montaggio. Per non perdere tempo i Cecchi Gori si appropriano del montato preliminare dalla durata smisurata (163 minuti), portandolo al cinema. Anche a causa di questo stampaggio frettoloso delle copie, molte di queste presentano gravi problemi: mancanza di rulli, a volte le pizze vengono numerate al contrario, tanto da far proiettare il film al contrario, con gli ultimi venti minuti come la parte iniziale, con il risultato che il pubblico, non capendo il senso del film, esce dalle sale perplesso.
Proprio una di queste copie “sbagliate”, priva di un rullo (17 minuti), crea una situazione assurda: una fan segnala a Celentano che il film sia stato tagliato, avendo già visto il film in precedenza completo, e notando a Milano la proiezione in questa forma ridotta, la donna fa venire al cantautore il dubbio che i Cecchi Gori possano aver accorciato il film per renderlo più digeribile, vista la sua eccessiva durata, a sua insaputa. La conseguenza è ovvia: convinto di questo Celentano fa causa alla produzione, chiede il sequestro del film e un lauto risarcimento di dieci miliardi. La questione viene chiarita nel giro di pochi giorni; la copia accorciata era solo un errore dello stabilimento di sviluppo e stampa, e le accuse decadono.
Ma il film nel frattempo non incorre in alcun successo nel nostro paese. Si rivela un flop di incassi, messo a confronto con i miliardi spesi. All’estero, in particolare in Unione Sovietica, ottiene al contrario un buon successo, oltre che un premio. Con gli anni è stato ampiamente rivalutato, soprattutto tra i fan più acritici del cantautore milanese. Lo stesso Celentano ha contribuito a rendere in seguito il film più presentabile, curando una versione di 125 minuti per la televisione, più curata nel montaggio ma mancante di moltissimi segmenti (tra cui la canzone La prima stella, cantata da Claudia Mori), in virtù di una maggiore fluidità narrativa. La versione integrale circola comunque da anni sul web, anche in versioni di ottima qualità.
Alfredo Petti, il microfonista del film, ricorda oggi: “Grazie a questo film ho imparato in venti settimane quello che un membro della troupe di solito apprende in tre anni. A Cinecittà avevamo costruito un teatro di sana pianta, il Teatro Tempio. Quando abbiamo girato a Genova abbiamo dovuto interrompere il traffico sulla sopraelevata per tutta la giornata. Per quelle scene con tutti gli scontri e i ribaltamenti delle auto, Adriano aveva chiamato dalla Francia lo stunt Rémy Julienne, uno dei più bravi e conosciuti coordinatori di scene d’azione del genere. Ho girato tutta la pellicola, ad eccezione dell’ultima settimana di riprese riguardante la scena alla Stazione di Milano con l’arrivo dei feti morti nel treno, perché ero stato chiamato da Maurizio Nichetti per girare Il Bi e il Ba, e ho dovuto lasciare la produzione.
Celentano era molto disponibile al confronto con tutta la troupe. Degli altri attori ho pure un bel ricordo, in particolare di Gian Fabio Bosco, del duo Ric e Gian, che era davvero un grande compagno di lavoro. Con la Keller non c’erano difficoltà di comunicazione, anche perché capiva bene l’italiano. Questo film era un’impresa realizzativa molto complessa anche per l’infinità di comparse e ballerini da gestire, per il particolare uso della steadycam nelle scene finali, oltre che per tutti quei crolli nelle spettacolari sequenze finali. Per quelle utilizzavamo anche più cineprese. In Italia non era per niente consuetudine girare un film così, e se Cecchi Gori ha messo a disposizione un budget così mostruoso in questo film ci aveva visto senz’altro qualcosa di buono”.
26/10/2020 – Marsilinotizie.it