La Fimi e lo streaming: come cambiano (in male) le classifiche di vendita degli album
Lo streaming musicale è un fenomeno in costante crescita, che ha ormai raggiunto livelli tali da convincere la FIMI (la Federazione che si occupa di pubblicare le classifiche relative alle vendite dei dischi e dei singoli musicali), seguendo l’esempio di Inghilterra e Stati Uniti, dapprima di introdurlo, già nel 2014, nelle rilevazioni di vendita dei singoli digitali e poi, a partire dall’ultima classifica pubblicata lo scorso 7 Luglio 2017, di estenderlo alle rilevazioni degli album.
Innanzitutto, cosa è cambiato? A partire dalla classifica pubblicata il 7 Luglio dalla FIMI, le vendite di un disco dipenderanno non più soltanto dalle copie fisiche e digitali vendute tra negozi, store online (Amazon, Ibs, Feltrinelli…) e store digitali (iTunes, Google Play), ma anche dallo streaming gratuito (seppur limitato rispetto alle opzioni Premium) offerto da varie piattaforme come Spotify (la più importante e diffusa), Deezer, Google Music e TIMmusic (ma NON YouTube).
In che modo? Mediante un fattore di conversione pari a 1.300 ascolti corrispondenti ad una copia venduta, ascolti che ogni settimana vengono divisi con la somma TOTALE degli stream accumulati settimanalmente da un album, prendendo in considerazione tutti i brani che lo compongono.
In poche parole, gli ascolti (stream, per l’appunto) settimanali totali di un disco vengono divisi per 1.300.
Le uniche condizioni sono due: un brano deve essere ascoltato per più di 30 secondi affinché lo stream venga conteggiato, e le tracce i cui ascolti superano il 70% del totale accumulato dal disco stesso, vengono escluse dal computo finale.
Per semplificare ulteriormente le cose, facciamo un esempio pratico prendendo in considerazione il disco di Mina e Celentano “Le migliori”, e basandoci sui dati forniti da Spotify (l’unica piattaforma musicale che rende pubblici gli ascolti ottenuti da ogni brano):
- Amami amami – 1.100.307 ascolti
- E’ l’amore – 273.931 ascolti
- Se mi ami davvero – 276.189 ascolti
- Ti lascio amore – 211.839 ascolti
- A un passo da te – 1.456.536 ascolti
- Non mi ami – 301.638 ascolti
- Ma che ci faccio qui – 270.014 ascolti
- Sono le tre – 179.265 ascolti
- Il bambino col fucile – 168.467 ascolti
- Quando la smetterò – 137.293 ascolti
- Come un diamante nascosto nella neve – 206.532 ascolti
- Prisencolinensinainciusol – 267.700 ascolti
Per un totale di 4.849.711 riproduzioni totalizzate dall’uscita del disco (11 Novembre 2016) in avanti, che andrà diviso con il fattore di conversione (1.300) in maniera tale da ricavare il numero di copie vendute solo attraverso lo streaming.
4.849.711 ➗ 1.300 = 3.731 copie
Mina e Celentano avrebbero quindi “venduto” su Spotify (vanno considerati anche i dati delle altre piattaforme di streaming, però decisamente più bassi oltre a non essere pubblici) soltanto 3.731 copie in confronto alle quasi 300 mila vendute tra fisico e download digitale.
Avrebbero perché in realtà sono molte di meno, dal momento che lo streaming è stato introdotto a partire dall’ultima classifica datata 7 Luglio, che corrisponde ai dati di vendita della settimana compresa tra il 30 Giugno e il 6 Luglio.
Nell’ultima settimana, il disco “Le migliori” avrà totalizzato con lo streaming all’incirca 70/80 copie vendute (e forse mi sto tenendo pure largo).
Una miseria, se messe a confronto con i dati dei grandi fenomeni del web e dello streaming, carenti invece sulla vendita del fisico; l’album appena uscito del rapper Gué Pequeno, “Gentleman”, ha totalizzato circa 6.500 copie vendute in UNA settimana e SOLO su Spotify, a cui vanno aggiunti i dati delle altre piattaforme di streaming (probabilmente in totale con lo streaming avrà sfondato le 10 mila copie vendute in una settimana) e del fisico.
Cifre che gli hanno permesso di arrivare al primo posto nell’ultima classifica FIMI, a discapito di Vasco Rossi, grande protagonista dell’ultima settimana grazie al concerto record svoltosi a Modena il 1 Luglio, che si è piazzato soltanto terzo.
Ma non solo Guè Pequeno, nell’ultima classifica parecchi rapper o altri artisti, perlopiù sconosciuti al grande pubblico e poco incisivi sulle vendite del fisico, sono risaliti addirittura di 30/40/50 posizioni. Viceversa, i big della musica, da sempre fortissimi sulla vendita del fisico, hanno quasi tutti perso per strada diverse posizioni, chi più e chi meno; sono calati Tiziano Ferro (anche se di poco, per il momento), Ligabue (ben 11 posizioni), Fiorella Mannoia (12), precipitati i nostri Mina e Celentano (perse ben 26 posizioni) e i Pooh (addirittura 35).
Album leggendari, come “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles e “The Dark Side Of The Moon” dei Pink Floyd, che ancora oggi normalmente stazionavano nelle zone medie della classifica, hanno perso rispettivamente 47 e 38 posizioni.
Ecco dunque spiegato il motivo del pesante calo subito da Mina e Celentano con il loro ultimo disco, la cui situazione già di per sé non era più tanto rosea da diverse settimane, per ovvi motivi che tutti sappiamo (la mancanza di promozione dovuta alla totale assenza dei due artisti da qualsiasi veicolo promozionale, che si va ad aggiungere, ahinoi, all’insuccesso degli ultimi due singoli).
Ma purtroppo, che prima o poi anche la classifica degli album sarebbe stata “contaminata” dallo streaming, era nell’aria da tempo. Perché purtroppo?
Al di là del fatto paradossale che una classifica VENDITE dipenda anche da semplici ascolti gratuiti (la maggior parte, quantomeno), se, bene o male, la classifica dei singoli è ormai legata esclusivamente ad Internet e quindi lo streaming potrebbe pure avere un senso nel contesto, la classifica degli album invece, almeno per come è gestito ora, non può minimamente coesistere con lo streaming.
Gli ascolti dei brani nelle piattaforme di streaming, infatti, sono spesso e volentieri “pilotati”, per diversi motivi:
- Profili gratuiti: per poter usufruire di tutte le funzioni offerte da una qualsiasi piattaforma di streaming occorre abbonarsi per una tot cifra al mese (generalmente circa 10 Euro), ma nonostante questo gli account gratuiti sono in stragrande maggioranza. E sapete come funzionano gli account gratuiti? Permettono all’utente di scegliere solo due/tre brani, per poi propinare brani a random del disco che si sta ascoltando intervallati da altri brani a casaccio che non c’entrano nulla. Questo vuol dire che io, che magari sono intenzionato ad ascoltare l’album di MinaCelentano tramite un account gratuito sul mio cellulare, potrei tutto ad un tratto ritrovarmi, senza che muova un dito, ad ascoltare un brano di Fedez! E intanto il contatore degli stream sale (e non puoi nemmeno saltare il brano in questione perché si tratterebbe di una funzione Premium!).
- Le playlist: altro grande fenomeno delle piattaforme streaming. Sono usatissime, ma basta darvi una rapida sfogliata per accorgersi che non vi è alcun tipo di equità. Troverete i fenomeni del momento, i rapper che tanto bene vanno nello streaming quanto male sul fisico (eccetto alcuni), oltre ad un’incredibile vagonata di illustri sconosciuti al pubblico italiano. Vi invito a trovare le ultime canzoni di Mina, Celentano, Baglioni e Morandi (per citarne alcuni) in quelle playlist, dopo due ore sareste ancora lì a cercare.
Ma anche grandi big della musica italiana, che da sempre vendono tantissime copie fisiche, come Tiziano Ferro, Vasco Rossi e Ligabue non sono poi così tanto “tutelati” come altri presunti fenomeni del web. - Il numero di canzoni contenute in un disco: come detto, gli ascolti settimanali totali di un disco vengono divisi per 1.300 in modo da ottenere le copie vendute con lo streaming. Piccolo particolare, il numero di brani contenuti all’interno di un album è variabile. C’è chi ne mette 8, chi 10, 12, 14, chi addirittura ne inserisce 20 o 30. E non vi pare buffo e assurdamente privo di ogni logica che il numero di brani possa influire in maniera sostanziale sulle vendite di un disco?
Con questo meccanismo, un disco che contiene 8 brani è potenzialmente una Punto, mentre un disco che ne contiene 20 potenzialmente una Ferrari. - Le fanbase: incredibile ma vero, come testimoniato dal Blog musicale All Music Italia, gli artisti più “cool” e di moda del momento, hanno il vantaggio di disporre di un pubblico fatto quasi esclusivamente di giovanissimi particolarmente avvezzi alla tecnologia e, di conseguenza, pure allo streaming, che per far raggiungere al proprio beniamino la tanto famigerata certificazione sono disposti ad ascoltare ripetutamente in massa i suoi brani. E da questo punto di vista complimenti alla FIMI, che gli facilita pure il compito permettendo il conteggio di ben 10 stream GIORNALIERI dallo STESSO account per ogni brano, perlopiù ascoltando solamente poco più di 30 secondi anziché tutto il pezzo. In pratica, pochi minuti al giorno, ed il gioco è fatto. Come se non bastasse, è capitato pure che fosse l’artista stesso ad invitare i propri fan all’ascolto in massa!
E se già queste cose si verificavano quando lo streaming contava soltanto per la classifiche dei singoli, figuriamoci ora, che è stato esteso alle vendite di tutto il mercato discografico.
E questo è soltanto ciò che avviene alla luce del sole, ma chissà quante altre schifezze si verificano “dietro le quinte”, a maggior ragione in una piattaforma così instabile e facile da manipolare come il web.
Il caso più eclatante è quello dell’autobuy, offerto da appositi siti specializzati che permettono, dietro pagamento, di incrementare i download e gli streaming di un determinato brano o di un album, allo scopo di farsi conoscere e scalare le classifiche.
Uno dei chissà quanti altri magheggi disponibili, che magari noi nemmeno conosciamo. Ma, purtroppo, ormai la frittata è stata fatta, e indietro non si tornerà.
D’altronde, si sa, quando di mezzo ci sono i soldi, il parere della gente non conta più nulla.
Lorenzo