Lo scatto di una paralisi
Alle primarie hanno vinto le persone in fila
C’è bisogno di programmi rivoluzionari
Belle e avvincenti queste primarie. Un Bersani bravo, come del resto lo è sempre stato, ma ancora più bravo perché durante la corsa gli è bastato sentirsi affiancato dal validissimo e altrettanto bravo Matteo Renzi, nuovo cavallo di una sinistra a lui allergica, da cui Bersani ha ricavato la forza per sferrare il suo giovane scatto e vincere la prima tappa. Anche se poi l’ultima parola la diranno i ballottaggi. Davvero una bella corsa quella dei due contendenti e anche per Vendola, devo dire. Ma i veri vincitori sono stati quei quasi quattro milioni di persone che con grande senso di responsabilità hanno affrontato ore di coda, quasi come a voler dare ai partiti (nessuno escluso) un avvertimento: «Noi siamo pronti al gioco, ma attenti a quello che fate!».
Tuttavia, queste primarie, per quanto belle e in un certo senso incoraggianti, raccolgono però una risposta che purtroppo non basterà a soddisfare la più insidiosa delle domande che da qualche anno a questa parte, sorge spontanea da quello che attualmente è lo stato confusionale in cui versa il mondo politico.
Non c’è un partito, grande o piccolo che sia, caduto in disgrazia o meno, che non cavalchi, prima e dopo i pasti, la parola «cambiamento». Una parola così inflazionata attraverso la quale si fa sempre più insistente il SOSPETTO che nessuno di questi partiti abbia la minima idea del peso che ESSA ha assunto. A tal punto che la si può benissimo sostituire con RIVOLUZIONE.
Perché è di questo che ha bisogno la gente. Un programma dai contenuti rivoluzionari. Per esempio, il ritorno massiccio all’agricoltura. La difesa per l’ambiente. L’arte e, ridare alle città quel volto che gli immobiliaristi hanno orrendamente SFREGIATO senza alcuna pietà. Non tagliare, ma aumentare la spesa sulla SCUOLA e la RICERCA. Una legge contro l’omofobia e la violenza sulle donne. Una SANITÀ che permetta a chi non ha i soldi di ottenere una risonanza magnetica entro 24 ore, mentre adesso questo è valido solo per i ricchi e chi invece non può deve aspettare anche otto mesi. Perché solo i poveri devono morire, secondo il malevolo e oscuro pensiero dei ricchi. Un governo dunque, che non abbia paura di abolire gli inceneritori e quindi combattere chi inquina e avvelena la gente, come a Taranto, dove i lavoratori non hanno alternative: «Se vuoi lavorare devi anche morire, altrimenti se proprio vuoi vivere, sei disoccupato».
Un governo che abbia il coraggio di non chiedere ai cittadini la crescita se prima non abbassa le tasse a un terzo di quello che uno guadagna, in modo che nessuno può avere convenienza a evadere o a portare i soldi in Svizzera. Un governo che aumenti il netto della busta paga dei lavoratori e abbassi invece gli stratosferici stipendi dei parlamentari. Un governo che abbia il coraggio di mettere in riga le banche, obbligandole a un atteggiamento più benevolo verso le piccole imprese. Un governo insomma, che abbia il coraggio di rifare l’Italia da capo e che cominci lui a scendere nelle piazze contro quegli italiani che pur di non cambiare, accettano il gioco di scambio con la ‘ndrangheta. Sono queste le cose principali che chiedono gli italiani.
Ma Bersani e Renzi avranno il coraggio di fare tutte queste cose?… Dalla simpatia che i due emanano, si è quasi propensi a pensare che ce la potrebbero fare.
Però… se scaviamo nel loro background, ci viene il dubbio che per fare un SALTO così grande, bisogna essere allenati e aver attraversato, almeno in MOSCONE, lo stretto di Messina… altrimenti non è più un salto, ma lo scatto di una paralisi. Non c’è dubbio che Bersani e Renzi faranno bene. Ma è quel bene che se non parte dalle radici e non ci si dimentica di cambiare la terra che le avvolge (ormai asfittica) con una terra nuova di cultura, poco per volta «la pianta Italia» ritornerebbe ad ammalarsi e in modo sempre più grave.
Cari Bersani e Renzi, non è meglio che vi soffermiate a riflettere un pochino, prima di avventarvi su un qualcosa di così malconcio come è l’Italia oggi?…
Adriano Celentano
29/11/2012 – Corriere della Sera