Il cantante ha ai miei occhi e orecchie una gran quantità di meriti, compreso quello di essersi fermato sull’orlo del passo che ha mutato Grillo in un capo, dispotico per giunta, di partito
di Adriano Sofri
Ieri ho letto il diario di viaggio di Knut Hamsun in Russia e nel Caucaso, pubblicato nel 1903 – il viaggio era avvenuto nel 1899. Il titolo originale è, se non sbaglio, “Nella terra dell’avventura. Cose vissute e sognate nel Caucaso”. Vedo che ce ne sono due traduzioni italiane, del 1966 e del 1968, dai titoli più stringati, “Terra favolosa” e “Viaggio nel Caucaso”. Io l’ho letto ritrovando in casa un’edizione francese del 1926 intitolata “Aux pays des contes”. Ci tornerò domani, a proposito di un excursus interessante sulla letteratura russa e in particolare su Tolstoj. Oggi invece ne scrivo prendendo spunto da un episodio avvenuto a Tiflis. L’orologio di Hamsun si è fermato, lui ne apre la cassa ma non ha gli strumenti appropriati e va a cercare un orologiaio che glielo ripari: sarà un granello di sabbia finito nell’ingranaggio, tutt’al più. L’orologiaio armeno non si accontenta di un rublo, e Hamsun offeso lo avverte che lui stesso è un orologiaio. Ne trova un altro, un vecchio russo che prende il sole davanti alla bottega vuota: la guida presenta Hamsun come “un grande orologiaio straniero, il cui solo desiderio è di farsi prestare qualche strumento”. Il russo non ci pensa nemmeno: e se arrivasse qualcun altro a farsi riparare l’orologio? Se lo fa dare, lo esamina alla lente d’ingrandimento, sentenzia che non c’è niente di terribile, le vene delle tempie gli si gonfiano come a chi stia pensando. “Non era più uno straniero per me, l’espressione del suo viso mi era familiare, somigliava a quella delle persone che avevo visto sforzarsi di scoprire qualcosa”. Il russo prende una cannuccia, soffia nell’orologio, ci riguarda dentro, e con un paio di pinzette ne estrae un capello che solleva in alto. L’orologio ha già ripreso ad andare. Prezzo: 30 copechi. “Mai visto un prezzo così irrisorio”.
Ora, tutta questa citazione perché io non ho mai avuto un orologio e l’unico orologiaio che conosca, sia pure solo indirettamente, è Adriano Celentano, e dunque mi è venuto in mente, tanto più che nei giorni scorsi qualche imbecille ha diffuso la notizia che era morto, invece era del tutto vivo, ha compiuto 79 anni, e va forte nelle classifiche, come cantante e non come orologiaio, insieme a Mina. Ora, benché abbia avuto la debolezza, ai miei occhi, di sostenere pochi anni fa il movimento di Grillo con una brutta canzone, Celentano ha ai miei occhi e orecchie una gran quantità di meriti, compreso quello di essersi fermato sull’orlo del passo che ha mutato Grillo in un capo, dispotico per giunta, di partito. Potreste obiettare che al contrario Celentano gli abbia aperto la strada: mi pare di no, che si sia preso il diritto di dire la sua sulle cose di questo e dell’altro mondo, che si sia assegnato il titolo, davvero anticipatore rispetto ai 5 stelle, di re degli ignoranti, di avere anche avvicinato la propria figura a quella di Gesù (lo fece anche Grillo, da giovane, e poi si sarebbe capito che si era preso troppo sul serio), ma si sia anche imposto un limite. Si può essere un gran molleggiato, e anche un orologiaio più che dilettante (la figura più ricorrente a descrivere l’operato del Creatore), guardandosi dal farsi capo di partito. Forse a questa misura ha contribuito la signora Claudia Mori che sembra completare così felicemente la vita di Celentano e viceversa. Fatto sta che, senza conoscerli di persona, ho un’impressione: che Celentano sia un uomo che vuole bene agli altri, e Grillo no. Auguri, e a domani.
10/01/2017 – Il Foglio (www.ilfoglio.it)