Intervista di Gino Castaldo ad Adriano Celentano
Allora, Celentano, ci può raccontare com’è Mina?
E’ la più brava, anche se non si fa vedere, ed è un peccato perché è un animale da palcoscenico molto forte. E poi è in splendida forma. Secondo me c’è poca differenza tra la Mina di una volta e quella di oggi. è rimasta la stessa. Quando lavoravamo sembrava ringiovanita. In un mese è dimagrita di 15 chili, ma in genere quando uno dimagrisce si vede, invece lei ha un fisico talmente elastico che era perfetta, stava benissimo. E poi nelle foto del disco si vede.
Ma ci proverà a stanarla?
Beh, io ogni tanto glielo dicevo, un po’ per scherzo un po’ sul serio, ma lei da quest’orecchio non ci sente. Riuscire ad avere delle foto insieme è stato già un risultato. Poi vedremo, chissà…”.
A proposito di foto, come avete fatto a evitare i paparazzi appostati?
Oh sì, abbiamo sempre avuto l’ossessione dei fotografi. Ma anche questo a volte era molto buffo. Un giorno, a Lugano, i tecnici stavano impostando il missaggio di Sempre Sempre Sempre, e allora Massimiliano ha detto: è una bella giornata, è un peccato, perché non andiamo a farci un giro? E Mina, subito, ha detto: e se poi troviamo i fotografi? E io: ma no, figurati. Allora siamo andati a fare un giro in macchina intorno al lago. Al ritorno abbiamo visto una macchina sospetta a una cinquantina di metri, e io ho detto a Mina: guarda, se sono fotografi ci mettiamo addosso questa coperta e ci copriamo completamente così li freghiamo. Una volta arrivati ho detto che secondo me c’erano. Secondo Mina anche. Allora Mina ha aperto la portiera si è voltata verso di me e mi chiedeva di passarle la coperta. Io sono scoppiato a ridere, e lei mi diceva: ma perché ridi? Non si era accorta che il fotografo era davanti a lei e ha scattato almeno un centinaio di foto. Il giorno dopo entrando in studio abbiamo evitato i fotografi. Dopo otto ore di lavoro siamo usciti. Mina temeva che ci fossero ancora, e io di nuovo: ma no, si saranno stancati. Poi mi sono accorto che c’era un fotografo pronto, e anche uno con la cinepresa, allora le ho detto: c’è una sorpresa. E Mina: che sorpresa? C’è uno che ci riprende, anzi guarda, ora per fare uno scoop ti alzo le vesti. Lei mi diceva di non fare lo scemo, però si divertiva anche lei”.
Anche in studio c’era questo clima di allegria?
Sì, certo, si scherzava sempre. Si discuteva, è ovvio, su ogni cosa. Questo lo farei così, questo in quest’altro modo, ma c’era una grande intesa. Per esempio è divertente com’è nata Che t’aggia dì, la canzone in dialetto foggiano contenuta nell’album. M’è venuta all’improvviso, una notte, e il giorno dopo gliel’ho fatta sentire. Lei ha riso, ha detto: è fortissima, mi piace moltissimo, però io ‘cazzo’ non lo posso dire, quando lo sente mio padre spegne il giradischi. Io le spiegavo che era un fatto di costume, mia madre, foggiana, lo usava come intercalare. Poi, discutendo ci è venuto in mente di censurarlo, ma trasformandolo in una gag, col fischio, e lei che dice: ho sentito un fischio?
Però nel pezzo Mina ad un certo punto risponde con un “vaffanculo” bello chiaro…
Sì, è andata così. In studio io le dicevo le frasi del testo in foggiano e Mina le ripeteva al microfono finché non erano perfette. Poi lei è bravissima, arrivava a una pronuncia perfetta. Ho capito che era in vena, così a un certo punto anche se non era previsto ho detto ‘vaffanculo’ e lei lo ha ripetuto perfettamente, e io allora ho detto: questa la teniamo, è troppo bella.
Mai discussioni aspre?
Mai, anche perché andiamo abbastanza d’accordo su tutto, sulla scelta dei brani, anche quando eravamo in pausa e ci divertivamo a cantare tra noi, magari i pezzi di una volta. Una sera ci siamo messi a cantare una vecchia canzone che faceva più o meno ‘brasilena rumba ya aya’ . Poi ci piacciono gli stessi film.
Sembra che Mina la chiamasse Molly, da ‘molleggiato’ . Lei come rispondeva?
Questa di Molly le è venuta da quando abbiamo cominciato a lavorare al disco. A me non è venuto proprio un nomignolo, ma ogni volta che arrivavo a Lugano, dicevo: prima devo abbracciare la Regina, e la tenevo un po’ di tempo stretta così… Poi ci si metteva a lavorare.
Non soffre a rimanere nascosto anche lei, ora che il disco è in uscita?
Non tanto, perché anche a me non è che mi si vede molto. Certo che se Mina avesse accettato di fare una sola apparizione in televisione l’avrei fatto volentieri. Ma va bene anche così, me ne sto tranquillo, sto qui ad aspettare gli applausi, se verranno, anzi l’eco degli applausi.
L’avventura continuerà, o la considera esaurita?
Penso che continuerà. Se io e Mina ci divertiamo tanto, e abbiamo deciso alla fine di realizzare questo disco insieme è perché inconsciamente ci sentiamo i più forti, e dimostrarlo è quasi una necessità. Ora, bisogna vedere se con questo disco lo abbiamo dimostrato del tutto, e allora potrebbe esserci un seguito, per dimostrare, e questa è solo una mia personale opinione, quella parte che ancora non fosse venuta fuori…
Possiamo dire che lei avrebbe desiderato un disco più estroso, più folle?
Il disco lo reputo un buon disco. Non lo reputo un disco forte. Ci sono tre o quattro pezzi con delle impennate inaspettate. Quello che dico io è che a un progetto così importante dovevamo dedicare più tempo. Non è stata colpa di nessuno, solo che il fatto che la notizia sia trapelata ci ha messo un po’ di fretta. Abbiamo fissato una scadenza e questo ci ha condizionato. Ma diciamo che io mi accontento, perché ho anche questa virtù di accontentarmi…
Qualcuno, maliziosamente, ha dubitato che un disco del genere possa avere un pubblico. Lei come risponderebbe?
Non ci ho proprio pensato, mentre realizzavamo il disco. Ma penso che il pubblico potrebbe essere tutto, quello della nostra generazione, ovviamente, ma penso anche ai giovani. L’attesa che c’è stata è dovuta all’eccezionalità del fatto che due che sono sulla scena da quarant’anni si sono messi a lavorare insieme. La notizia è divampata, giornali, telegiornali, per cui magari anche i ragazzi saranno costretti almeno a dare un’occhiata, ammesso che esistano giovani che ascoltano solo certe cose e altre no. E’ come se un giovane studiasse solo la geografia e il latino. E come se io e Mina fossimo la storia e la matematica.
13/05/1998 – La Repubblica