L’OMAGGIO: LA SCENEGGIATURA INEDITA DEL REGISTA CHE EVOCA IL «DIALOGO» DEL POETA E L’IMPEGNO DEL MOLLEGGIATO
«Scusi, ma secondo lei, lui è davvero uno normale come lo si vede in tv?»
«Dialogo tra un Passeggero e un Cameraman». Così Ermanno Olmi ha intitolato questo scritto dedicato all’amico Adriano Celentano. Uno stile ironico e un titolo che sembrano citare quelli di alcuni componimenti in prosa raccolti nelle «Operette Morali» di Giacomo Leopardi, in particolare il «Dialogo di un Venditore d’almanacchi e di un Passeggere». «Cosa succede?», chiede un Passeggero al Cameraman della tv già pronto nella sua postazione. «Un’inaugurazione». Dietro lo sbarramento delle transenne, una folla composta attende paziente. Tuttavia non si nota alcun indizio che possa dare l’idea di cosa si sta per inaugurare. E allora il Passeggero si rivolge di nuovo al Cameraman: «Mi scusi se sono importuno, ma cos’è che si inaugura?». L’incertezza del Passeggero è del tutto giustificata poiché davanti all’assembramento dei curiosi non c’è assolutamente nulla di significativo se non un quadrato di terra smossa, poco più grande di un’aiuola, chiuso fra i palazzi di un quartiere cittadino. Il Cameraman: «Inaugurano un prato». «Un prato?», sul volto del Passeggero appare evidente la perplessità: «Vedo la terra dissodata, ma del prato non c’è alcuna traccia?». «Oggi fanno la posa del primo ciuffo d’erba». Il Passeggero accetta rassegnato la spiegazione: «E come mai un prato proprio qui?». Il Cameraman abbraccia la sua telecamera per provare l’assetto di ripresa e aggiunge: «Perché il prato è dedicato a Celentano; per quando lui abitava da queste parti». All’improvviso, tra la folla paziente corre un brivido di agitazione: tutti gli sguardi si volgono da una sola parte e pure il Passeggero allunga il collo per guardare chi arriva: «È lui?» «No, ancora no». E il Cameraman indica al Passeggero la cuffia radio che gli copre l’orecchio. «Quand’è il momento, mi avvertono dalla regia». L’agitazione svanisce e la folla si ricompone. Il Passeggero si assesta il suo cappello dalle larghe falde e tuttavia quel semplice gesto del tutto normale sembra quasi un segno di riverenza nei riguardi del suo cortese interlocutore: «Mi perdoni, non vorrei approfittare troppo della sua cortesia». «Dica pure». «Se le mie domande le recano disturbo, non abbia riguardi». Il Cameraman pare ben disposto e il Passeggero si fa coraggio: «Lei che è della tv, di sicuro lo conoscerà bene Celentano». Dire di no, sarebbe forse per il Cameraman una diminuzione del suo prestigio professionale. «Beh, sì: però non è che ci si vede tutti i giorni». Il Passeggero intuisce che ora l’interpellato deve mantenersi all’altezza del suo ruolo: «In ogni caso, lei ha avuto modo di conoscerlo da vicino. E mi dica: com’è di persona?». «Di persona? – breve esitazione – Uno normale». Il Passeggero insiste: «Ma, in tutta confidenza – e naturalmente se la domanda non le risulta sconveniente – questo Celentano è proprio come lo si vede in televisione o fa solo finta?». Il Cameraman sa reggere bene la parte che gli compete e si compiace di mostrare che conosce bene il suo mestiere: «Forse lei intende dire, se canta in playback?». Ma anche il Passeggero non è del tutto uno sprovveduto. «No, non dico quando canta: mi riferisco a quando parla in televisione o scrive sui giornali». Il Cameraman va dritto alla questione: «Vuol dire, quando fa le sue tirate?». Il Passeggero: «Esattamente». Il Cameraman: «Secondo me, non è che fa finta: lui è proprio uno così». Il Passeggero, sempre col suo garbo da vero gentiluomo: «Certamente si domanderà perché mai sono tanto curioso, ma – sempre se è lecito sapere – vorrei chiedere a lei che lo conosce bene, se davvero lo ritiene del tutto in buonafede». Il Cameraman non ha dubbi. «A sentirlo parlare, io dico che lui è uno che gli sta a cuore che si rispetti la natura». E pure il Passeggero deve ammettere l’evidenza. «Ha ragione: Celentano ha sempre avuto un grande attaccamento ai prati della città». Il Cameraman è lui per primo a essere soddisfatto della propria opinione: «E bisogna anche ammettere che l’ha detto e cantato quando parlare di prati non era di moda». Sopraggiungono alcune auto blu e il Cameraman inquadra l’accadimento. «E adesso quelli lì si fanno belli». Fanno la loro comparsa le autorità cittadine che si compiacciono nel mostrare al pubblico le loro scambievoli riverenze. Il Passeggero, quasi fosse un tic, si assesta di nuovo il suo cappello a falde larghe. «Forse potrei anche sbagliarmi ma, a quel che vedo, credo che Celentano non sia stato correttamente informato su cosa si sta per inaugurare». Poi rimane qualche istante pensieroso prima di riprendere a dire con ponderatezza. «Eppure, un prato per una città è molto più importante di un monumento. Un prato è soprattutto un luogo dove lasciar giocare i bambini in libertà; perché agli occhi di un bambino, un prato deve sembrare grande come tutto il mondo». Tra i due c’è oramai una tacita complicità e così il Cameraman volentieri si confida. «Ma lo sa che un personaggio importante, e che adesso è anche lui lì in mezzo a quelli che contano, ha detto ai giornali che Celentano invece di parlare dei problemi della città farebbe bene a occuparsi di canzonette e basta?». Il Passeggero vuole avere una conferma definitiva: «E lei sarebbe d’accordo su questo?». Il Cameraman oramai è ben disposto a dirla tutta fino in fondo. «Confidenza per confidenza: io non mi intendo tanto di politica, però secondo me Celentano fa benissimo a dire tutto quello che secondo lui è giusto dire. Perché uno come lui la gente lo ascolta». Il Passeggero è davvero interessato a conoscere l’opinione di quel suo genuino interlocutore. Che ora addirittura rimarca con più convinzione. «Ma lo sa lei che uno come Celentano, quando va in televisione, lo stanno a sentire milioni e milioni di persone?». Il Passeggero lo incalza: «Anche se, come dice qualcuno di loro, Celentano è soltanto un cantante?». Il Cameraman si ribella per un suo moto istintivo: «Ma cosa credono? La gente non è mica stupida! Cosa vuoi dire “soltanto” un cantante? Perché secondo loro un cantante non è forse anche lui un cittadino come tutti gli altri?». Il Passeggero sembra soddisfatto d’aver smosso l’orgoglio del Cameraman. Che si va sempre più infervorando: «E allora mi dica un po’, egregio signore, lei che sicuramente ne sa più me, avanti, mi dica: di chi è prima di tutto la città se non dei cittadini che ci vivono?». Sono proprio le parole che il Passeggero vuole sentirsi dire. Mentre l’altro continua con passione il suo sfogo: «E lo sa invece cosa le dico io? Che se Celentano è quel grande artista che è, è proprio perché anche lui è sempre rimasto come uno di noi: lo stesso di quando ancora non era Celentano». Le autorità sono spazientite, guardano gli orologi, si consultano tra loro: hanno mille altri impegni e sono sempre di fretta. Il Passeggero: «Secondo me, Celentano non arriva» Il Cameraman ribatte deciso: «E farebbe bene» «Ma non è che magari, a non presentarsi, rischia di fare brutta figura?». «Per conto mio, farebbe ancora più brutta figura a presentarsi qua, davanti a ‘sta miseria». Il Passeggero si guarda intorno: «Lei, caro amico, ha proprio ragione». Un tecnico sale sulla padana a provare se il microfono funziona. Il Passeggero: «Vedo che stanno per cominciare i discorsi ufficiali: è meglio che io me ne vada». Il Passeggero si congeda dal suo saggio interlocutore e stavolta, sempre con quel suo gesto elegante, si toglie dal capo il cappello a falde larghe che gli nasconde parte del volto: «È stata per me una vera soddisfazione ascoltare quel che ha detto». Il Cameraman: «Cose semplici, da uno che non conta niente». «E invece è proprio dalle persone semplici come lei, che c’è sempre qualcosa da imparare». Il Passeggero, con un sorriso subito riconoscibile, allunga la mano al Cameraman. «Piacere: Adriano». Grandi amici
Olmi Ermanno
28/11/2008 – Corriere della Sera