Vivarelli, Fulci e quel legame stretto con Celentano
Era l’Italia del boom economico, dei film di Ciccio e Franco e di Nando Meniconi di Sordi. E dei testi del “Molleggiato”: da “Il tuo bacio è come un rock a 24 mila baci”
di Steve Della Casa
«Devo ringraziare di cuore Adriano Celentano. All’epoca pattuimmo che io e Piero Vivarelli, come autori delle parole di “Il tuo bacio è come un rock” e di “24.000 baci”, eravamo proprietari per l’1 % a testa dei diritti di quelle due canzoni. Di fatto, quei soldi sono una ricca pensione che mi consente di vivere decorosamente».
Nel 1995, un anno prima della sua morte, Lucio Fulci raccontava in questo modo il legame con il Molleggiato a un pubblico che era accorso per applaudirlo come maestro del cinema giallo e dell’orrore con film come “Zombi 2”, “Paura nella città dei morti viventi”, Lo squartatore di New York, Non si sevizia un paperino. In verità, Fulci era stato anche l’inventore dell’americano de Roma Nando Meniconi reso famoso da Alberto Sordi e aveva diretto alcuni tra i più divertenti film di Franco e Ciccio. Ma alle canzoni ci teneva davvero molto. Le considerava uno dei terreni dove aveva dato il meglio di sé.
Insieme a Piero Vivarelli, rappresentava l’estrema sinistra del cinema italiano. Vivarelli era stato anche un rappresentante di Rifondazione Comunista, di Fulci si raccontava che dopo l’attentato a Togliatti nel 1948 si aggirasse per Roma cercando di unirsi a una insurrezione popolare che però non si era verificata. E tutti e due erano stati fedeli collaboratori del primo Celentano, Vivarelli anche il regista dei suoi primi film. Come questo si sia verificato, lo ha raccontato lo stesso Vivarelli nel documentario “Nessuno ci può giudicare” che racconta proprio quei film e quegli anni. «Celentano si stava accingendo a incidere una canzone che doveva intitolarsi Torna a Capri mon amour. Io e Fulci ci opponemmo: ma come, il rocker, il molleggiato che va a Capri come qualsiasi canzonettista? Cambiammo le parole in Il tuo bacio è come un rock, e Adriano ebbe un successo straordinario. Per la verità, l’idea fu soprattutto mia perché Fulci era tutto preso dalle canzoni di Wera Nepy, una cantante lombarda che eseguiva canzoni melodiche napoletane. Decidemmo di fare cassa comune: io portavo i testi per Celentano, lui quelli della Nepy. Inutile dire chi ci ha guadagnato da questo accordo…».
Inutile dire che secondo Fulci le cose non erano andate proprio così, e che rivendicava di essere a pieno titolo autore di quel testo così rock e così dirompente nell’Italia del boom economico. I due erano noti per volersi un gran bene e per fingere di litigare in pubblico. Sta di fatto che Vivarelli accompagnò Celentano nei suoi esordi al cinema e che Fulci alternò durante gli anni Sessanta la sua attività di regista con quella di autore e giurato al festival di Sanremo. «Mi divertivo da matti a prendere le canzoni dei capelloni e a scartare i melodici, quelli delle mamme e della rima cuore-amore. Molti colleghi mi odiavano, ma io piacevo ai più giovani. Sono sempre piaciuto ai più giovani, il problema è che poi invecchiano…».
15/06/2021 – La Stampa