Un sogno realizzato
Incontrare Adriano Celentano è certamente il sogno di ogni fan. Purtroppo però non tutti possono avere questo grande privilegio. Ci vogliono tanta pazienza, caparbietà ed anche una buona dose di fortuna. Olga, una nostra carissima amica russa di 25 anni, ci racconta la sua indimenticabile esperienza.
Andrea
Carissimi amici, finalmente ho un po’ di tempo per scrivere due righe su quell’evento magico successo ormai quasi tre settimane fa.
A dir il vero, allo stesso tempo voglio raccontare tutto e non voglio raccontare niente.
Da una parte voglio condividere con voi la mia gioia, la felicità e le emozioni che provavo in quel momento, ma c’è un’altra parte di me che mi chiede di non raccontare nulla a nessuno, di nascondere questi ricordi nel profondo del mio io per non spargerli al vento, per non perderli, per tenere tutti quegli attimi solo per me e ogni tanto, sorridendo, aprire la scatola dei ricordi e rivivere ancora e ancora quegli attimi di gioia sublime che ho aspettato per ben 11 anni, senza mai credere veramente che un giorno li avrei potuti vivere.
Il nostro viaggio è cominciato il 4 agosto a Milano.
Le date scelte a caso, una macchina, due persone (io e il mio ragazzo), due valigie, una borsa a tracolla con dentro una fotocamera, il libro Un marziano in TV e un pennarello…
Alle 10-10:30 circa siamo partiti.
Ci sono volute circa 2 ore e mezza per arrivare a destinazione e alla fine ero proprio strapazzata, il sole scaldava la nostra auto nonostante l’aria condizionata accesa. A Milano, che avevamo lasciato qualche ora fa, erano quasi 40 gradi all’ombra.
Per strada vedevo ogni tanto dei tabelloni con su scritta la temperatura. Mentre ci avvicinavamo alla Liguria, la temperatura scendeva un po’, ma non tanto. Siamo rimasti un po’ delusi poiché c’aspettavamo di trovarvi un po’ di freschezza e di brezza marina.
+30 +33
Alle 14 circa siamo arrivati a destinazione.
Sono scesa dalla macchina e ho capito subito che l’aria era molto umida, sembrava l’aria tropicale, si poteva tagliarla con il coltello. Sembrava la stessa aria che c’è quando di mattina tutto è velato di nebbia. Ma la nebbia non c’era – splendeva il sole e il cielo era sereno.
Ahimè, faceva caldo anche lì!
Siamo andati alla reception, abbiamo fatto al personale le solite domande che interessano ai turisti (colazione, spiaggia, check out, pagamento, ecc.), abbiamo lasciato le nostre valigie nella camera e siamo usciti subito fuori; quindi abbiamo fatto un piccolo giro per la città e dato un’occhiata alla nostra spiaggia e alle altre nelle vicinanze.
C’è da dire che subito, il primo giorno, abbiamo trovato quella famosa spiaggia di Adriano che appare così spesso nella cronaca estiva di giornali e riviste vari. Ricordandoci delle foto fatte ad Adriano e Claudia negli anni passati su quello scoglio, ci siamo detti: “Eccolo qua! Non c’è dubbio!”
La spiaggia era tutta ghiaia e sassi. Anche nel mare non mancavano i sassi, abbastanza grandi (abbiamo visto diverse spiagge ed erano tutte uguali, non c’era la sabbia). Facendo poi i bagni avevo sempre paura di farmi male perché i sassi erano scivolosi e le onde erano abbastanza forti, non era proprio possibile stare fermi nell’acqua per almeno 5 secondi – o scivolavi su qualche sasso, o arrivava un’onda che ti spingeva avanti o indietro.
Il giorno del nostro arrivo, il 4 agosto, abbiamo passato diverso tempo su quello scoglio e nelle vicinanze, sperando di vedere quella camminata, quel sorriso, di sentire quella voce… ma niente. Non c’era nemmeno una traccia di Adriano.
Siamo andati in città per pranzare, poi siamo tornati di nuovo sullo scoglio. Niente. Zero.
A dir il vero sono rimasta un po’ delusa: prima del nostro arrivo ero sicura che l’avremmo incontrato subito, diciamo nelle prime 3-4 ore dal nostro arrivo. Non so perché pensavo così, semplicemente avevo questa sensazione. Ne ero quasi certa.
Poi ho ricordato di aver letto qualche articolo su/o qualche intervista di Adriano in cui diceva che andava in spiaggia di mattina presto, quando non c’era nessuno. Non so se era vero o erano le ennesime storie inventate dai giornalisti, ma abbiamo deciso di rilassarci un po’ e di aspettare la mattina.
Il giorno dopo, il 5 agosto, ci siamo alzati abbastanza presto, tipo alle 7:20.
Purtroppo, pur essendo in ferie ci alzavamo presto come se dovessimo andare a lavorare. L’attesa di Adriano mica è uno scherzo, è un duro lavoro. 🙂
L’attesa quella mattina è durata 3 ore circa.
Non avevo più forze per stare lì sotto il sole. Ero nervosa e giù di morale: “domani dobbiamo tornare a Milano e Adriano non c’è?!” Nella mia testa balenavano tanti pensieri, idee e domande: “ma a che ora realmente va in spiaggia?”, “e se lui non c’è ed ha deciso di sfuggire da questo caldo e di andare in montagna?”, “forse non sta bene e sta a casa?”, “forse quest’anno non viene proprio in Liguria?”, ecc…
Così, dopo un’altra giornata passata in attesa, in serata abbiamo deciso di spostarci – andare in un’altra città ad 80 km dal nostro hotel. Volevamo cenare lì e fare una passeggiata serale lungo il mare.
Purtroppo, per la strada di ritorno ci siamo persi. Il navigatore ci faceva fare dei giri strani e pure la benzina stava per finire. Alla fine, dopo un’avventura notturna, siamo riusciti a fare benzina e trovare la strada giusta. Stanchissimi, a pezzi. Io tra l’altro ero ancora incacchiata per aver già passato due giorni in Liguria, ma di Adriano non c’era nemmeno una traccia, sembrava non ci fosse proprio.
Siamo tornati in albergo verso le 3 di notte, da quello che mi ricordo, e alle 7 dovevamo già rialzarci per poter cogliere l’ultima occasione: si avvicinava il nostro ultimo giorno passato lì. Il 6 agosto. L’ultima chance!
Quella mattina mi sono svegliata con la testa pesante, non ho dormito a sufficienza. Non volevo lasciare il mio lettone, così comodo e caldo. Ma dovevo. Avevo una missione incompiuta, mica ero in vacanza, anche quello era un lavoro: aspettare Adriano!
Ci siamo alzati, ci siamo vestiti e siamo usciti dall’albergo. Non avendo nemmeno fatto colazione, ci siamo recati direttamente sul famoso scoglio.
Alle 7:30 circa eravamo già lì.
Il tempo quella mattina era così così.
Mi sono arrotolata in un asciugamano, siccome il vento che arrivava dal mare mi sembrava un po’ fresco, e mi sono messa a guardare attorno.
E’ cominciata la terza giornata di sorveglianza…
Alle 8:30 circa ho visto un uomo strano, a 30 m circa da noi.
Aveva su una t-shirt bianca e i pantaloncini. Da lontano si capiva che era abbastanza robusto e muscoloso. Aveva anche un paio di occhiali da sole ed era rasato a zero.
Mi sembrava strano il suo comportamento. Non sembrava affatto una persona che era uscita di casa per respirare un po’ l’aria marina, mettendo le mani in tasca o incrociando le braccia dietro la schiena.
Guardava attorno a sé, a destra e a sinistra, osservava le finestre e i balconi, il mare, esaminava tutto…
Ho detto al mio ragazzo: “Guarda, che strano tipo!”
E lui mi ha risposto: “E’ la guardia del corpo di Adriano, fidati! Ci siamo!”
Per un momento mi si è fermato il cuore. Da una parte volevo credere che era la sua guardia del corpo, dall’altra parte, delusa dopo 2 giorni passati senza aver visto nemmeno una traccia di Adriano, non volevo fare conclusioni affrettate. Cercavo di stare calma dicendo a me stessa “beh, può essere anche un vicino di casa… Aspettiamo, vediamo che combina”.
Ma non era un semplice vicino di casa…
Ancora per 30 minuti circa, ho osservato la zona in cui si trovava quest’uomo, notando anche maggior movimento rispetto ai giorni precedenti: donne con grembiuli (sembravano le signore delle pulizie) che andavano avanti e indietro, entrando in una casa e parlando ogni tanto con quell’uomo lì.
Era chiaro che si preparavano perché aspettavano l’arrivo di qualcuno… Si sa già di chi e si sapeva allora.
Stavamo fermi, non ci rimaneva che osservare e aspettare.
Poi, alle 9 circa, dopo un’ora e mezza di attesa ho visto… Claudia!
Giusto per 4-5 secondi. E’ passata vicino alla guardia del corpo ed è entrata in casa.
Ho detto al mio ragazzo: “Roberto, c’era Claudia! Ho visto Claudia!”
Lui avendo una posizione un po’ meno comoda della mia, non l’ha vista. Mi ha chiesto: “Ma dove? Ma sei sicura?”
Ho detto: “Ma sì! Era lei, ne sono sicura al 100%! E’ già passata, non c’è più”.
E mi fa: “Allora ti dico che sono sicuro al 100% che oggi vedremo pure Adriano”.
Da allora stavo sulle spine. Era chiaro che era quel momento, quel giorno!
Sono passati altri 15 minuti di attesa snervante.
Altri 10-15 minuti.
Poi ancora un quarto d’ora…
E ancora…
Il sole iniziava a rompermi le scatole e ho sentito pure la fame, siccome eravamo usciti dall’albergo di corsa e non abbiamo mangiato un bel nulla.
Roberto mi ha detto: “Ma vai pure, mangia qualcosa e torna qui. Ti aspetterò”.
Ma ormai non potevo andarmene, dopo aver visto Claudia dovevo stringere i denti e continuare a stare seduta.
Alle 10 circa, quando ho lasciato in pace la guardia del corpo e ho deciso di concentrarmi sul mare per un paio di minuti, con la testa volta nella sua direzione, Roberto mi fa: “Ecco, arrivato Adriano!”
Così mi sono voltata ed ho visto Lui, a circa 30 m da noi, sempre in quella zona lì, dove si trovava la guardia del corpo. Ha fatto giusto 5-6 passi nella nostra direzione. Era vestito come nelle foto dall’ospedale di Sanremo: una maglietta marrone e pantaloncini neri. Senza occhiali da sole, senza cappello. Il solito sorriso, la solita camminata. Uguale a come l’ho visto in TV e nei giornali. In quel momento mi sembrava di vedere un film.
Ho sentito il mio cuore battere più forte. Mi sono inchinata per mettere le infradito (non potevo mica camminare a piedi nudi visti tutti sti sassolini che c’erano in giro), mi ci son voluti 5-6 secondi circa e quando ho alzato la testa, Lui non c’era più. Sparito nel nulla!
Intanto Roberto si era già alzato, stava in piedi e cercava il libro e il pennarello nella borsa.
Gli ho detto: “Ma dov’è Adriano? Che fine ha fatto? Mi sono inchinata un attimo per mettere le infradito e non l’ho più rivisto”.
E lui: “Ah ma non c’è più? Sarà entrato in casa. Non l’ho visto nemmeno io. Ma dai, uscirà ancora”.
Mi sono sentita una cretina: sarei dovuta correre lì da lui anche a piedi nudi, che importanza aveva!
Roberto ha ripetuto: “Tranquilla, uscirà ancora, vedrai”.
Ed io: “Ma no, c’è troppa gente, non vedi? Ci ha visti ed ha capito che siamo in tanti. Qui non ci torna più, te lo dico, puoi starne certo”.
Ma no, vedrai che esce. Vedrai.
Lui avendo già visto Adriano diverse volte in passato, era più tranquillo di me. Per me era la prima volta che lo vedevo da vicino ed era un grande stress per me.
Erano le 10. Adriano non tornava…
Sono passati ancora 10 minuti.
E altri 10 minuti…
E ancora…
Erano le 10:30…
In totale erano già passate 3 ore dall’arrivo al nostro “punto di osservazione”.
Iniziava a far caldo, non riuscivo a nascondermi bene dal sole, avevo fame, a mezzogiorno dovevamo fare il check out, ma le valigie non erano pronte, quindi tra un po’ ci toccava andare a fare le valigie e, di conseguenza, lasciare il nostro posto. Mi scocciava stare lì, ma capivo che dovevo farlo, dovevo continuare a star lì, oramai eravamo molto ma molto vicini allo scopo del viaggio.
E…. finalmente…. è tornato Lui!
Aveva i vestiti diversi: una maglietta grigia e i pantaloni neri.
Mi sono emozionata, il cuore batteva a mille. Ma cosa fare adesso?!
Stavo ferma. Lui è andato nella direzione opposta, lo ha seguito la guardia del corpo. 6-8 secondi e non li vedevamo più.
Roberto si è alzato in piedi, ha preso il libro, il pennarello, li ha coperti con l’asciugamano per non farli vedere, e mi ha detto: “Prendi la fotocamera! Andiamo!”
Mi sono alzata, ho messo la fotocamera nella tasca dei miei pantaloncini (così almeno non si vedeva, non avevo nulla in mano e sembravo una persona disinteressata).
Gli ho detto: “Ma sei sicuro che possiamo andare lì?”
Ma sì! O lo becchiamo adesso o non lo becchiamo mai più. Qui non torna perché c’è troppa gente.
Siamo andati in quella direzione e abbiamo visto prima la guardia del corpo e poi… Lui.
Adriano, come niente fosse, parlava coi suoi vicini di casa. C’erano 3 o 4 persone. Stavano facendo colazione sul terrazzino. Lui si avvicinava ad ognuno di loro, salutava tutti stringendogli le mani.
Ci separavano 6-7 metri.
Io ero in panico, Roberto sembrava molto più tranquillo di me.
Io pensavo: “Oddio! Che faccio adesso?! Devo avvicinarmi a lui? Ma poi se mi ferma sto tizio qua? E poi Adriano sta parlando con quella gente, forse non è bello interromperli e andare lì a rompere le scatole… Ma se starò ferma qui non mi vedrà e potrebbe pure andar via… Cosa faccioooo?!”
Ho chiesto a Roberto cosa dovevamo fare, perché io non ragionavo più e potevo combinare qualche cavolata.
Mi ha detto: “Ma tranquilla, poi verrà qui da noi”.
La guardia del corpo si è avvicinata un po’ a noi, ci guardava, noi guardavamo Adriano. Per un attimo Adriano ha girato la testa e ha guardato nelle nostra direzione. Ho fatto cenno con la testa, ma lui (come immaginavo) non ci ha notati, si è girato e ha continuato a parlare coi vicini di casa.
Stavamo sempre fermi lì, al nostro posto. Si è avvicinata la guardia del corpo e Roberto ha deciso di scambiarci qualche frase: “Ciao! Non si preoccupi, volevamo solo salutare Adriano. La ragazza viene da lontano”.
E lui ci ha detto: “Ok, ma anche Adriano ha bisogno di riposo, anche lui è in ferie, capite?”
E Roberto: “Sì, certo, ci mancherebbe. Ma volevamo solo salutarlo. Magari lascia pure uno scarabocchio per la ragazza. E’ più per lei che per me, io ho già avuto modo di conoscerlo in passato, ma lei ci tiene. Comunque, siamo tranquilli, se non vorrà parlare, fa niente.” – e gli ha fatto vedere il libro nascosto sotto l’asciugamano.
Lui si è allontanato un po’ soddisfatto dalla risposta, a quanto pare.
Sono passati 2-3 minuti. Adriano ha finito di parlare coi vicini di casa e si è diretto di nuovo in quella direzione da dov’era arrivato prima. Ho pensato: “Mannaggia! Ma non è che torna in casa?”
Fortunatamente non era così…
Su un altro terrazzino ho visto Rosita. Stava seduta con qualche gadget in mano e, forse, guardava qualcosa su internet.
Adriano si è avvicinato a lei e ha cominciato a guardare sullo schermo del suo gadget.
Sorrideva, rideva, indicava qualcosa col dito, pure Rosita sorrideva.
Così sono passati alcuni minuti. Stavamo sempre fermi lì, sullo stesso posto. La guardia del corpo era a 5-6 metri da noi.
Adriano ha finito di parlare con Rosita, si è alzato in piedi, ha salutato i suoi cagnolini sorridendo e ha continuato a camminare nella stessa direzione, allontanandosi da noi… Ho pensato di nuovo: “Nooo! Ma possibile che va via così? Ma ci ha visti!” Pensavo: “Ma non ci saluterà nemmeno da lontano?!”
Ma lui ci aveva visti… Solo che non aveva fretta… E solo dopo aver salutato tutti gli altri… Si è girato… E ha cominciato ad andare verso di noi!!! E qui sì che la nostra pazienza e la nostra tranquillità sono state premiate.
Il mio cuore forse si è fermato in quel momento. Non sapevo cosa fare. Il corpo non era più mio. Tutto quello mi sembrava un film!
Adriano si avvicinava a noi, con quella sua famosa camminata, così sicura e distinta. E sorrideva! Con gli occhi e con quel suo sorriso senza far vedere i denti, poi stringe le labbra e poi sorride di nuovo. Un sorriso che sembra un po’ timido e modesto. E camminava così, verso di noi, guardando per terra davanti a sé.
Ha percorso quei 7-8 metri in pochi secondi, ma mi sembravano lunghi lunghi.
Finalmente ci ha raggiunti mentre sorrideva ormai con quel suo sorriso a 72 denti, come dice Roberto, come solo lui sa sorridere, e mi ha allungato la mano. Gli ho allungato la mia. E me l’ha stretta. Ha stretto la mia mano! Adriano – ha – stretto – la – mia – mano… Roba da non credere!
Ricordo le mie sensazioni: era una mano normale – non era ruvida, non era sudaticcia e appiccicosa, era morbida e calda. Non so dire se era molto più grande della mia o no, sinceramente è stato un attimo e quando aveva lasciato la mia mano, mi è sembrato che non fosse stata la mia mano, quella che aveva stretto, mi sembrava surreale e impossibile una cosa del genere – Adriano che stringeva la mia mano. Invece era tutto vero.
Poi ha sorriso e ha detto semplicemente: “Ciao!”
Anche io ho detto: “Ciao!”
Poi ha stretto la mano a Roberto e ha salutato pure lui.
Poi Roberto ha cominciato a parlarci:
Adriano, ciao! Ascolta, c’è la mia ragazza che viene da lontano, aveva tanta voglia di vederti.
Adriano: “Ah sì? Ma è la tua ragazza?”
Roberto: “Sì”.
Adriano, col sorriso da furbetto: “Allora complimenti!”.
Abbiamo riso.
Roberto: “Come ho già detto, lei arriva da lontano”.
Io: “Sono arrivata da Mosca”.
Adriano: “Ma va?”.
Roberto: “Sì sì, è vero. Guarda che lei ha imparato l’italiano ascoltando le tue canzoni”.
А.: “Davvero?”
R.: “Sì, era così presa dalle tue canzoni, che si è messa addirittura a studiare la lingua italiana”.
А.: “Brava. E infatti parli bene”.
Questo è stato un complimento “tanto per dire”, parlavo poco, quindi non poteva capirlo.
A.: “Ma sai, ho letto questa storia nei giornali”.
Io e Roberto ci siamo meravigliati un po’ perché sapevamo per certo che la mia storia non poteva essere stata riportata in qualche rivista o giornale. Soprattutto in un giornale italiano.
Ma qui Adriano ha precisato: “Ho letto che tante ragazze dell’Est, soprattutto in Ucraina, studiano l’italiano proprio per questo”.
Io: “Sì, è vero”.
A.: “Ragazzi, ma siete stati a Verona l’anno scorso?”.
Noi: “Sì, certo!”
A.: “Strano, non vi ho visti”.
Abbiamo riso di nuovo.
R.: “Adriano, ascolta, io ti avevo già visto così, a un metro da me, ma per la ragazza è un evento molto importante… A proposito, ma mi ricordi? Sono Noè. Roberto Noè. Abbiamo cantato insieme alla festa per i tuoi 40 anni di carriera”.
A.: “Mmmh…”
R.: “Hai cantato con me e il mio gruppo, La banda di Noè. A Bergamo. Vabbè, anni fa”.
A.: “Ah… Sì, adesso sì, mi ricordo. Ma sei tu che vai spesso in Russia per fare i concerti? Canti le mie canzoni”.
R.: “Ma sì. Canto un po’ le tue canzoni, un po’ altre canzoni italiane… Ma come fai a saperlo?”
A.: “Me l’hanno detto, sì. Tu e c’è ancora un altro cantante che va spesso in Russia ma mi sfugge adesso il nome”.
R.: “Ma chi è quell’altro? Boh… Chi te l’ha detto poi?”
A.: “Non mi ricordo, ma ne ho già sentito parlare, quello sì… A proposito, a Verona l’anno scorso c’erano tantissimi russi. Mi hanno detto tipo 2000! Pazzesco!”.
R.: “Ma sì, in Russia amano le tue canzoni. Ma anche tu ci sei stato una volta! Sicuramente ti arrivano ancora gli inviti dalla Russia”.
А.: “Sì, ogni tanto mi chiamano. Ma sai, io non ci posso andare”.
Io: “Per paura di volare”.
А.: “Sì, ho paura di volare”.
R.: “Ma quella volta sei salito sull’aereo no”.
А.: “Sì, ma sai… E’ una storia un po’ particolare”.
Io: “Ci sei andato per presentare il film Joan Lui”.
А. (non avendo sentito quello che avevo detto io): “Io ho girato un film. S’intitola Joan Lui, non so se lo conoscete (qui ha fatto una pausa forse per farci capire che era una battuta e ha sorriso per l’ennesima volta. Teneva in tasca la sua mano sinistra e puntava l’indice e il pollice della mano destra nell’aria, una delle sue posizioni tipiche). Ecco. E’ un film su Gesù. E allora mi è arrivata una chiamata dal Cremlino. Mi hanno invitato a Mosca a presentare quel film. E mi sono detto: “Adriano, quell’aereo non può cadere! Questa è una missione!” E sono salito sull’aereo. E devo dirvi che l’aereo per Mosca non ha mai ballato così (ci faceva vedere la mano che tremava per spiegare come ballava l’aereo), ballava forte eh! Il bello è che ero io a tranquillizzare tutti, dicevo “ehi ragazzi, quest’aereo non può cadere, tranquilli!”
Questa storia l’avrò già sentita un centinaio di volte, l’avevo letta su diversi giornali russi e mi è sembrato un po’ strano che Adriano abbia cominciato a raccontarci proprio quella. Ma ero contenta lo stesso, perché avevo possibilità di sentirla da Joan Lui in persona!
E poi, ascoltandolo, pensavo: “Ma ha la voce diversa!.. Ma veramente!”
Non so come mai, ma la sua voce, sentita così, dal vivo, senza microfoni, non alla radio o in tv che comunque un po’ la deformano, nel senso che la modificano leggermente (è come il telefono che trasforma un po’ la voce, giusto un pochino), mi è sembrata un po’ diversa. Una sensazione strana. Era sempre QUELLA VOCE che amo, certamente era sempre quella. Ma ho sentito dei toni mai sentiti prima. Forse perché era rilassato, e allora la pronuncia cambiava un po’, appena appena.
E poi lo osservavo molto attentamente, mentre ci raccontava la sua storia: sembrava un uomo qualsiasi incontrato per strada. Poteva essere un mio vicino di casa – semplice e aperto, simpatico e gentile. Non sembrava affatto una star. Era uno come tanti, vestito in un modo molto semplice, proprio da spiaggia.
All’improvviso si è avvicinato a noi un signore anziano, uno di quelli che Adriano aveva salutato prima. Teneva in mano il telefono. Si è rivolto a noi: “Ragazzi, scusatemi”.
Poi ha detto ad Adriano: “Adriano, scusa, c’è Sandro, oggi è il suo compleanno. Potresti fargli gli auguri?” e gli ha allungato la mano col telefono.
А. (sorridendo): “Sandro? Ma chi è, Sandro?”
Il signore: “E’ mio figlio. Ha solo 10 anni meno di te e oggi compie gli anni”.
Adriano ha preso il telefono e ha cominciato a parlare con Sandro.
Intanto il signore si è rivolto di nuovo a noi dicendo: “Scusate che ve l’ho rubato… Ma con Adriano è sempre così, tutti lo vogliono”.
Noi: “Ma non c’è problema, si figuri”.
Il signore: “Avete visto che spettacolo a Verona l’anno scorso? E’ stato bravissimo Adriano!”
Noi: “Sì sì, davvero bravo, uno show eccezionale, ci siamo stati”.
Intanto Adriano ha finito di parlare con un certo Sandro e ha restituito il telefono a quel signore. Lui l’ha ringraziato e se n’è andato.
Adriano ha continuato a parlare: “Ecco, mi piacerebbe tornare in Russia, ma non posso”.
R.: “Capito… Adriano, ascolta, prima che scappi…”
A. (sorridendo in un modo un po’ furbo): “Hai capito che devo andare, eh?”
R.: “Ma lo sappiamo quante cose hai da fare, vai di fretta, lo so, lo so. Ecco, prima che scappi, potresti lasciare un autografo, uno scarabocchio per la ragazza?”
A.: “Sì, certo”.
R.: “Ecco, abbiamo preparato tutto”, ha tirato fuori il libro e il pennarello.
Ho aperto il libro sull’ultima pagina e l’ho dato ad Adriano.
A.: “Come ti chiami?”
Io: “Olga”.
R.: “Si chiama Olga”.
Adriano ha cominciato a scrivere… Ha scritto circa 5 lettere. Poi si è fermato per un attimo. C’ha pensato un po’ su… Poi ha aggiunto decisamente un punto esclamativo e la sua firma, e mi ha ridato il libro.
L’abbiamo ringraziato e Roberto ha aggiunto: “Ascolta, ma possiamo magari fare anche una foto con te?”
A. (sempre sorridendo): “No, le foto no”.
R.: “Ma non con me eh! Io ce le ho già, le foto con te. Con la ragazza. Ci tiene”.
Adriano ha fatto una pausa di 3 secondi, ha sorriso e ha detto: “Allora… Il sole è di là… Contro il sole non si fanno le foto… Mettiamoci di qua”. E mi ha indicato il posto dove voleva mettersi.
R.: “La fotocamera ce l’hai? Ce l’ho anch’io nel caso, la mia”.
Io: “No no, ho la mia”.
A.: “Quale delle due fa le foto più belle?”
Io: “La mia”.
A.: “Allora fai la foto con la sua”.
Abbiamo riso.
Mi sono messa vicino a lui per fare la foto. Mi ha subito abbracciata per la spalla. Mi sembrava un po’ strano stare così vicino a lui e toccarlo! Mi dicevo: Olga, tranquilla, è una persona come tante, di carne e ossa… Ma io stessa credevo difficilmente nelle mie parole… Adriano non è una persona come tante. Dopo tutti questi anni di ammirazione, di stima, dopo migliaia di video che ho visto, dopo decine di film che ho guardato, dopo milioni di volte che ho ascoltato le sue canzoni, finalmente l’avevo qui vicino. Nella vita reale. Era tutto reale, Lui era reale.
L’ho abbracciato leggermente per la vita.
Roberto ci ha fatto una foto e mi ha dato la fotocamera dicendo: “Vedi se è a posto”.
Adriano: “Allora, va bene?”
Ho dato un’occhiata al volo alla foto, ho capito che almeno non era sfocata, quindi andava bene così. Non volevo disturbarlo più di tanto. Ho detto: “Sì, tutto a posto! Grazie!”
A.: “Perfetto!”
L’abbiamo ringraziato.
Roberto ha detto: “Grazie, è stato un piacere fare due chiacchiere con te”.
Adriano sorrideva e guardava me e lui.
Poi all’improvviso Roberto ha aggiunto: “Olga, ma non vuoi dare un bacio ad Adriano? Dai che sarà contento!”
Adriano ha sorriso un po’ imbarazzato, giusto un pochino. Forse non se l’aspettava.
Io non sapevo se potevo farlo e rimanevo ingessata (del resto ero ingessata durante tutta la nostra conversazione, non riuscivo a dire una “a”, solo ogni tanto mi inserivo nella loro conversazione). Adriano mi ha guardata un attimo e poi, non avendo detto niente, ha fatto un passo avanti, ha sorriso e mi ha dato un bacio sulla guancia destra!
Cos’altro posso sognare dopo questo?! Io stessa non avrei mai chiesto ad Adriano di baciarmi: meno male che c’era Roberto che alla fine ha creato questa situazione. La modestia non è sempre un vantaggio, una buona qualità, a volte, essendo troppo timidi e modesti, si perdono molte occasioni come sarebbe potuto succedere a me quel giorno. Alle volte bisogna essere un po’ più insistenti, e Roberto lo era stato.
Dopo il bacio, lentamente e delicatamente ho cominciato a spostarmi per poi fare un passo indietro, stringergli la mano e salutarlo ancora una volta. Ma ho capito… che lui voleva darmi un altro bacio! Sono rimasta al mio posto e ho ricevuto il secondo bacio, sulla guancia sinistra!
Ero stra-felice, non posso descrivervi minimamente quanto ero felice e contenta!
Roberto mi ha chiesto se ero contenta e se ormai tutti i miei sogni erano realizzati.
Ho detto: “Ma certo!”
Adriano, sempre sorridendo, ha stretto la mano a Roberto, poi ha stretto la mia mano. Ho detto: “Grazie Adriano. Grazie di tutto!”
Ho tenuto la sua mano forse un po’ più di quello che dovevo ma lui non diceva nulla, non lasciava la mia mano. Sorrideva.
Durante 11 anni che seguo Adriano ho sempre sognato stringergli la mano e dire semplicemente GRAZIE DI TUTTO. E l’ho fatto. Non m’importa se c’ho parlato solo 10-15 minuti, che poi in realtà gli parlava quasi sempre ed esclusivamente Roberto. Io ho detto poco. Ma gli ho detto la frase più importante, quella che volevo dirgli da anni. Dopo quello ho sentito, come dire… La pace assoluta dentro di me. Ma allo stesso tempo quest’incontro mi ha svuotata. Tutti gli scopi che volevo raggiungere sono stati raggiunti nel corso di 10 minuti. Quella persona, che ha cambiato totalmente la mia vita, stava lì, davanti a me, gli stringevo la mano e mi sorrideva. Era esattamente così come lo immaginavo e com’era in TV e nei film. Identico, uguale. Una persona aperta, semplice, solare e simpatica.
Ho lasciato la sua mano.
Ha sorriso un’altra volta, ci ha salutati con la mano e se n’è andato.
Abbiamo cominciato a camminare in quella direzione da dove eravamo arrivati.
Ci siamo avvicinati alla guardia del corpo e Roberto lo ha ringraziato.
Lui ha detto: “Ma grazie di che? Non ho fatto niente”.
Roberto: “Ma così… Volevamo salutare Adriano. Certo che rompiamo un po’ le scatole… Comunque, grazie! Ciao!”
…
P.s. Ah già!.. L’autografo che mi ha lasciato Adriano l’abbiamo esaminato meglio solo dopo. E abbiamo notato un errore carino. Allora ho capito perché Adriano si è fermato un po’ scrivendomi la dedica. Avrà pensato “ma ho già messo la L o no?” e l’ha messa un’altra volta. Per sicurezza. 😉
C’era scritto:
Per Olgla! Adriano Celentano
Che dire? Se non sbagliava, non era lui, Il re degli ignoranti.
Olga B.