Roma, 14 febbraio 2006 (servizio ripreso dalla rete). Adriano Celentano aveva lanciato il sasso già alla fine degli anni Ottanta, alla vigilia del referendum contro la caccia. Mostrando durante «Fantastico» un video di Greenpeace sulla caccia alle foche aveva scosso l’opinione pubblica violando la tranquillità del sabato sera di Raiuno. In tanti avevano preso posizione contro la pratica cruenta dei cuccioli uccisi sul pack a colpi di bastone e non con armi da fuoco, così da mantenere integro il pellame. Da allora le cose non sono molto cambiate: i cacciatori canadesi continuano a decimare le colonie del circolo polare artico, come documentato anche da un video dell’Ifaw, International Fund for Animal Welfare. A quasi vent’anni di distanza l’Italia prende una posizione ufficiale contro le pelli di foca.
Lo fa con un decreto interministeriale che sarà presentato nei prossimi giorni e che è stato annunciato oggi dal viceministro al commercio estero, Adolfo Urso. In una conferenza stampa promossa congiuntamente alla Lav, la Lega antivivisezione, Urso ha spiegato che l’Italia adotterà misure restrittive non solo per l’importazione dei mantelli dei cuccioli, un divieto già previsto da una direttiva Ue, ma anche per quelli di foca adulta. Si tratta di fatto di uno stop quasi totale alle pelli di foca, atteso da tempo dalle associazioni ambientaliste e animaliste. Per i cuccioli non sarà necessario aspettare il decreto: già da oggi è in in vigore «l’indirizzo politico vincolante per il divieto di importazione» delle loro pelli. A fare rispettare il divieto penseranno i funzionari delle dogane e gli agenti della Guardia di finanza.
Urso ha riferito inoltre che in Parlamento è stata inoltre depositata una proposta di legge firmata da 20 parlamentari della Casa delle Libertà (primo firmatario Maurizio Saia, di An) «per introdurre il divieto per legge dell’importazione e della commercializzazione di tutte le pelli di foca, cuccioli e adulte». Si pensa poi all’introduzione di un’etichetta «anti-barbarie, una sorta di marchio etico per consapevolizzare all’acquisto».
La volontaria dell’Ifaw, Rebecca Aldworth, vicino a due foche uccise a bastonate dai cacciatori canadesi (Ifaw).
Un piano che in sostanza ha l’obiettivo di salvare dal massacro 3 milioni di esemplari di foche, la quota di caccia prevista dal Canada per i prossimi 5 anni, secondo dati non ufficiali, come ha precisato Edoardo Bennati, responsabile Lav campagne europee. Nell’ultimo triennio gli animali uccisi sono stati, secondo stime degli scienziati, almeno un milione e mezzo. «In alcuni Paesi – ha sottolineato Bennati – la caccia alle foche è particolarmente crudele, come in Canada, dove è autorizzata l’uccisione di foche di appena 12 giorni di vita e dove è stato documentato lo scuoiamento di animali ancora in vivi! Ma le iniziative annunciate oggi determinano un primo stop all’importazione di prodotti di foca da Canada, Norvegia, Russia e all’attività di trasformazione dell’Italia, oggi economicamente meno rilevante di 10 anni fa quando il valore delle importazioni di pelli di foca era superiore ai 10 miliardi di lire all’anno, un valore sceso oggi a circa 60.000 euro».
«L’Italia è in prima linea nell’impegno civile e morale per far capire a tutti – dice il viceministro Urso – che l’uccisione barbara di animali lede i valori fondamentali della nostra civiltà». Un lavoro «che vuole essere la base di partenza per arrivare- al divieto di qualsiasi commercio di pelli di animali uccisi in modo barbaro». Nei mesi scorsi, ad esempio, aveva fatto scalpore un video che mostrava visoni e volpi scuoiati vivi in Cina. E per questo la proposta di legge «fa da rompighiaccio in questo tema fondamentale per i diritti degli esseri viventi». Una protezione a più livelli, quindi per le foche, a partire dai cuccioli. Per piccoli si intende l’esemplare di foca fino a 13 giorni. «Ma è difficile dire quando è 13 giorni più uno ha detto Bennati – da qui l’importanza di prevedere la tutela anche per gli adulti».
Il mercato di pelli di foca in Italia e Europa ha avuto un crollo negli ultimi 20 anni. Il nostro Paese nella seconda metà degli anni ’90 era il secondo al mondo per importazione e meno di 10 anni fa il valore del business si aggirava su cifre spaventose come 16 miliardi di vecchie lire. «Ora l’ importazione è irrisoria, per un valore intorno ai 60mila euro», hanno riferito Urso e Bennati. In Europa, Belgio e Olanda stanno per introdurre lo stop alle licenze. Su questa strada Messico e Groenlandia mentre in Usa lo stop risale al ’72. Ma la preoccupazione è rivolta ai mercati emergenti come Giappone, India e Indonesia.
15/02/2006 – Fashion Law