Lo studio (a cui ha partecipato anche l’Italia) frutto dei 100 milioni donati con la raccolta fondi che due estati fa coinvolse via social vip di tutto il pianeta
di Claudio De Frate
A colpi di secchiate d’acqua gelata, doccia dopo doccia, la Sla oggi è un po’ meno imbattibile rispetto a due anni fa. Ricordate le ironie sull’«Ice bucket challenge», quella specie di «catena di Sant’Antonio» che impazzava sui social nell’estate del 2014? Quella in cui vip di tutto il pianeta e gente comune accettavano di farsi immortalare mentre si rovesciavano addosso acqua ghiacciata e donavano nel frattempo soldi alla ricerca contro la malattia? Il giochino non solo ha messo assieme 115 milioni di dollari (oltre 1o0 milioni di euro) ma ha consentito a due progetti specifici di ricerca di aggiungere importanti tasselli sulla conoscenza della Sla.
«Idea bizzarra, ma ha funzionato»
La rivista Nature Genetics nel suo ultimo numero ha pubblicato i risultati dei due studi che hanno individuato altrettanti geni ritenuti responsabili dello sviluppo della malattia. Notizia nella notizia: entrambi i progetti hanno visto la partecipazione di specialisti italiani. Non un caso, dato che l’Italia è in prima fila nella raccolta di fondi per la lotta alla Sla e che anche da noi l’Ice bucket challenge ha trovato molte adesioni.«La sconfitta della malattia non è dietro l’angolo — spiega il professor Mario Sabatelli, ricercatore del Gemelli di Roma — ma quanto riferito da Nature Genetics ci dice alcune cose importanti. La prima è strategica: anche una trovata all’apparenza strampalata come tirarsi secchiate d’acqua alla fine ha funzionato. Ha coinvolto tutto il mondo su un obiettivo comune perché queste battaglie, che si tratti di raccogliere soldi o di fare ricerca, ormai si vincono solo attraverso la cooperazione internazionale. Poi c’è l’aspetto scientifico: è stato confermato che la Sla nasce non da fattori ambientali ma genetici e in particolare dal malfunzionamento di più geni. Le ricerche ne hanno individuato uno, denominato Nek1, e hanno indicato dove isolarne un altro, il C21. Non siamo ancora riusciti a svelare perché questi geni si ammalano, ma il passo avanti è importante».
Obama e gli altri
All’Ice bucket challenge, due anni fa, si prestarono leader politici di tutto il mondo, da Barack Obama a Matteo Renzi, star dello spettacolo come Steven Spielberg, Tom Cruise, e Beyoncè, fino ai big del digitale come Bill Gates e Tim Cook. Grazie ai 17 milioni di video caricati sui social e ai 440 milioni di clic, ha raccolto denaro in tutto il pianeta e sostenuto 6 diversi programmi di ricerca. Con il coinvolgimento di molti italiani: nella campagna è stata parte attiva Aisla, il gruppo di associazioni dei malati e delle loro famiglie, e Arisla, la fondazione che si occupa nello specifico di ricerca. Il contributo scientifico alle due indagini citate da Nature genetics è arrivato dal Centro auxologico italiano e dal centro «Dino Ferrari» dell’Università di Milano. «È la prima volta che il nostro Paese aderisce al progetto mondiale che punta al sequenziamento completo del genoma di pazienti affetti da Sla sporadica» testimonia il professor Vincenzo Silani, dell’Auxologico.
Adesso la terapia
Apprezzamenti arrivano anche dal Mario Melazzini, medico e uomo simbolo della lotta alla Sla: «I risultati permetteranno di sviluppare nuove strategie terapeutiche e testimoniano che la collaborazione internazionale è fondamentale per una malattia rara come la Sclerosi laterale amiotrofica. La ricerca ha bisogno di essere sostenuta: ogni contributo, come ha dimostrato l’ondata dell’Ice bucket challenge, può aiutare a compiere passi in avanti decisivi».
27/07/2016 – Corriere della Sera (www.corriere.it)