Nato a Bologna nel 1940, poco più che maggiorenne fonda il gruppo musicale Golden Rock Boys e inizia ad esibirsi dal vivo. Dopo avere fatto parte anche del gruppo dei Rheno Jazz Ganga (in cui clarinettista è il futuro regista Pupi Avati) Mingardi abbandona la batteria e diventa cantante solista. Si appassiona al jazz e al blues, suonando al fianco di grandi artisti come Paul Bley e Gato Barbieri. Ma è nel 1974 che esce “Nessuno siam perfetti ciascuno ha i propri difetti”, il suo primo album, cantato in dialetto emiliano e in slang americano.
Nel 1976 pubblica il brano “Datemi della musica”, poi portato al successo da Mina, e decide di creare un gruppo dal nome “Andrea Mingardi Supercircus”, in cui ripropone in chiave ironica e divertente alcuni brani in dialetto bolognese.
Nel 1984 con il singolo “Ti troverò” ottiene il primo grande successo. Nel 1985 esce il long playing “Eccitati conflitti confusi (se fossi una donna)” in cui scatena ancora una volta il suo gusto per le immagini fantasiose e ironiche, con cui ritrae il vivere quotidiano. Scrive poi per altri cantanti come Mina e Morandi. Nel 1988 è ai cori nell’album “Dalla/Morandi”, cambia casa discografica e continua intanto l’attività dal vivo. Alla fine del 1990 esce l’album in italiano “Si sente dire in giro”, sempre però con riferimenti al soul americano. Nel 1992 incide l’album “Andrea Mingardi” che contiene “Con un amico vicino”, brano presentato al Festival di Sanremo con Alessandro Bono, a cui seguono altre partecipazioni nel 1993 con “Sogno”, nel 1994 con “Amare amare” e nel 1998 con “Canto per te”. Nel 2006 ha pubblicato il libro “Permette un ballo, signorina” giunto alla terza ristampa e ha duettato con Mina nella canzone “Mogol e Battisti” contenuta nell’album della stessa Mina, “BAU”, dando inizio ad una proficua collaborazione che continua ancora oggi. Nel 2007 esce il cd di cover “Andrea Mingardi canta Ray Charles”.
Nel 2011 e 2012 sbarca di nuovo nel mondo del cinema (dopo un paio di esperienze nei primi anni ’80) ed è tra i protagonisti dei film “La peggior settinana della mia vita” e “Il peggior Natale della mia vita” di Alessandro Genovesi di cui è anche autore della colonna sonora. Pubblica infatti “Auguri auguri auguri”, ben 14 grandi brani natalizi riproposti in versione swing, con piglio da crooner, eseguiti con la The RossoBlues Brothers Band, formazione allargata di grandi musicisti diretta da Maurizio Tirelli.
Arriviamo dunque ai giorni nostri, Andrea compone proprio con Maurizio Tirelli il brano “E’ l’amore” per l’album evento Le Migliori di Mina e Celentano e…
…ACfans ha avuto il piacere e l’onore di intervistarlo (con una gustosa chicca finale)!
- In precedenza avevi scritto per Mina, ma cosa si prova ad aver scritto una canzone per la coppia Mina e Celentano?
Se una canzone è accettata da artisti di questo livello viene da pensare alle loro motivazioni e, soprattutto, al momento in cui sono stati convinti da parole, musica e anima. Dato il tema del brano, deve essere successo qualcosa di intimo, di profondo che me li ha fatti sentire molto vicini. Cosa si prova?
E’ come ricevere un abbraccio affettuoso. - Ci racconti la genesi di “E’ l’amore” scritta da te e musicata insieme a Maurizio Tirelli?
Un percorso speciale, sopratutto dentro sé stessi. Scrivere di due amanti che pur soffrendo, non riescono a vincere quella tremenda malattia che è l’orgoglio, è come raccontare una parte della vita di tutti noi. Spesso la responsabilità di ciò che ci separa dalla felicità è nostra e con Maurizio Tirelli ci siamo inventati inquadrature musicali intrise di dolore e sentimenti profondi. - Come è stata scelta da Mina e Adriano? Hai proposto anche altri brani?
Ah, saperlo! Credo che all’inizio ne avessero selezionate addirittura quattro. Per interposta persona, ero venuto a sapere che erano intenzionati a produrle. Devo dire la verità: “E’ l’amore” in bocca a Mina e Adriano è una soddisfazione enorme ma in un CD come “Le migliori”, con due artisti di quel calibro e provenienza avrei visto con gioia anche un rock’n’roll.
Magari mio, perché no? - Cosa hai pensato al primo ascolto di “E’ l’amore” cantata da Mina e Adriano? Te l’aspettavi eseguita in questo modo?
Pelle d’oca. Si sa che potrebbero cantare qualunque cosa perché è il suono evocativo delle loro voci che batte ogni melodia o poesia. Mina e Adriano sono cartoline della nostra storia, con la stupefacente considerazione che non mostrano alcuna traccia di consunzione.
Ho sentito “E’ l’amore” sei o sette volte di seguito. Mi chiedete se me l’aspettavo così? Semplicemente… l’aspettavo. - I due artisti sono rimasti fedeli a testo e musica da te proposti, oppure hanno apportato qualche modifica/aggiunta?
Il provino con la mia “vociaccia” straziata dalla lontananza dalla donna che amo era più soul e anche più… solo. Ma sia la stesura del brano che le armonie sono state eseguite rispettando la versione originale. Con una chicca in più: il finale con il pianoforte che, tra jazz e blues, dissolve quell’amore nella nebbia del mistero che ogni rapporto tormentato comporta. - L’arrangiamento di Pani e Bongianni è fedele all’atmosfera del brano che avevi in mente tu quando lo hai composto?
Come ho già detto, devo ringraziare Massimiliano Pani e Bongianni, perché nel rispettare con classe la nostra prima idea non si sono comportati come tanti che pur di mettere le mani sulle produzioni, non si rendono conto di sconvolgere l’anima dei pezzi.
Grandi. - Immaginiamo avrai avuto modo di ascoltare il disco interamente: cosa ne pensi?
Il disco è bello, i brani sono adatti al progetto e realizzati bene. Ma mi viene da dire che qualsiasi altra canzone verrebbe travolta dai timbri vocali dei due monumenti. Così, ascoltandolo, si prova una strana e piacevole sensazione: avevi voglia di sentire le loro voci, come fossero quelle delle persone che ami. Timbri che ti danno calore, che ti fanno pensare a qualcosa di buono e che il tempo non ha consumato. - Abbiamo il forte sospetto che questa tua canzone sarà il prossimo singolo lanciato nelle radio, frutto anche del videoclip girato da Ferzan Ozpetek. Hai avuto qualche conferma in tal senso? Immaginiamo tu sia orgoglioso della scelta. Te l’aspettavi?
Sarebbe la ciliegina sulla torta. Credo che pochi possano vantare la scelta di un singolo di una simile accoppiata. Certo, per la grande Mina e la Vanoni ho anche scritto la famosa “Amiche mai” ma il “duo misto” d’Italia è più forte di qualunque altra joint musicale. So che Ozpetek ha realizzato il videoclip e, essendo un ammiratore del regista, sono stato ansioso di vederlo il 12 sera su RAI UNO. Che dire: essere orgoglioso è il minimo. - Sappiamo che conosci Adriano da diverso tempo: come hai avuto modo di conoscerlo di persona?
Siamo entrambi figli del rock’n’roll e le nostre origini risalgono alla notte dei tempi, anzi degli Elvis, dei Chuck Berry e dei Little Richard. Chi ha vissuto quel periodo irripetibile rimane legato a un sentimento di rivoluzione che non ci ha mai abbandonato. La prima volta che l’ho visto è stato in un locale di Vigevano; la “Capannina”. Era un ragazzo e faceva l’imitazione di Jerry Lewis. Bravo, ma quando cominciò a cantare “Tutti frutti”, nessuno riuscì a restare fermo. Negli anni ci siamo incrociati diverse volte. Ricordo con piacere una partita della Nazionale Cantanti a Lourdes. Adriano era con noi e di notte andammo a far visita alla Madonna. Non potrei giurarlo, ma credo che anche lei si sia messa a ballare.
- Parliamo un po’ di te…sappiamo della tua passione per il blues: quali sono i tuoi artisti di riferimento?
Mi piace la risposta numero dieci. Mi piace proprio il dieci. Il dieci è la maglia dei grandi fantasisti del calcio: Pelè, Maradona, Baggio, Messi e pochi altri. Nella musica, i fuoriclasse che amo sono quasi tutti neri, e coloro che mi hanno ispirato rispondono al nome di John Lee Hooker, Ray Charles, Otis Redding, James Brown, Stevie Wonder and so on. Ma c’è anche un bianco fenomenale: Frank Zappa. Poi tenete conto che ho fatto un Sanremo soul e la mia band erano i mitici “Blues Brothers”. - Un album e una canzone che tieni nel cuore?
Sono tanti nella musica blues, rock e pop e per non fare torto a nessuno, vado fuori tema. Cito le melodie del grande Debussy.
Volete proprio una canzone? “Music”. - Hai avuto anche esperienze cinematografiche: meglio il mondo della musica o del cinema?
Il cinema, come un ombrello, copre, protegge e racchiude tutte le mie insopprimibili passioni. Ebbene sì, ho fatto qualche film come attore e in merito ho un paio di riflessioni: lavorare nel cinema è divertente ma anche straordinariamente faticoso. Non è che fare concerti e musica lo sia meno, ma è stimolante, ed è la mia vita. - Paroliere, interprete un po’ fuori dagli schemi, concerti soul e gospel. Il tuo primo successo “Datemi della musica” è stata eseguita poi anche da Mina con la quale hai collaborato anche negli anni a seguire. Inoltre, nel tuo CV sono presenti collaborazioni illustri (per esempio, Morandi). Abbiamo avuto modo di constatare la tua innata cordialità e disponibilità. Come ci si mantiene così umili nonostante tanto successo?
A parte il fatto che non vedo un solo motivo per darsi delle arie, nell’ambiente della musica, dei musicisti veri, si usa dire che più gli artisti sono grandi mano sono “stronzi”. Chi lo è, ha paura della musica, del confronto, del cambiamento e delle naturali cadute che capitano a tutti gli esseri umani nell’arco della loro vita. Ogni tanto quando mi penso, mi piace ripetermelo: nel fare questo lavoro che per me è una grande passione, sono già morto e risorto almeno una decina di volte. Il grafico delle note: basse, alte, medie, forti, delicate, lunghe corte, stonate o perfette, ce lo ritroviamo addosso, come un DNA. Inoltre, faccio tante cose, scrivo, dipingo, compongo, canto e produco ma sempre con la medesima matrice: sperimentare e affrontare sempre nuove sfide. - A proposito della tua collaborazione con Mina, per lei hai scritto molti brani a partire dal 2006. Come è nata e come procede questa proficua collaborazione? Hai qualche aneddoto da raccontarci?
Si possono dire cose nuove di Mina? La signora Mazzini è una splendida ragazza con i piedi saldamente piantati su un palco immaginario e noi siamo tutti lì, seduti davanti a lei, per godere di un miracolo che si ripete. Anzi, se è possibile, si rinnova, perché questo fenomeno canta meglio di sempre, con una freschezza, un’intonazione, un feeling e una padronanza che le altre si sognano.
Quando la sento al telefono e mi canticchia a cappella alcune cose che ha provato, mi sento un privilegiato. Mi tratta come un amico, come un fratello di palco, come se facessimo parte della stessa band, ma principalmente io sono un suo fan.
Aneddoti? E’ tifosa dell’Inter e dopo certe partitacce di quella squadra orfana del “triplete”, ci sentiamo e ci sfottiamo. Non dimenticate che io, purtroppo, sono attaccato al Bologna. - Quali sono i tuoi progetti futuri? Hai in programma un disco da solista?
C’è sempre un disco nel futuro dei cantanti. Anche se non si vendono più, nell’aria svolazzano ancora luoghi comuni come “Hit parade”, “Disco d’oro”, “Milione di copie”, “Primo in classifica”, “Sanremo”, “Diritti d’autore”, “Casa discografica”, “Tournè” e via così.
Ma in questo deserto di sassi e nulla, possono nascere anche dei fiori.
La musica è più forte di tutto e quando si ottiene la sintesi miracolosa di una canzone vale bene tutta la sofferenza, l’indifferenza, l’incompetenza che l’ambiente è costretto a subire. Io sono un rock’n’roll man e non mollerò mai!
Fra l’altro, ho già scalato la mia personale classifica: ho fatto sentire le canzoni nuove al mio amore e mi ha detto che sono tanto belle, belle, belle, “ciccio”. Che sarei io.
Come “E’ l’amore”, no?
Un pensiero su Adriano…
A volte si gode più nel fare degli assist che dei gol. Adriano, come me, è nato con il rock’n’roll, quindi lo sento fratello di rivoluzione. Le cose che ha detto e dice, oltre alle innumerevoli canzoni che hanno punteggiato la vita di tutti noi, le condivido. In fondo, chi è nato con quella musica aveva una missione: cambiare il mondo. Già, quel mondo. Un universo di ipocrisia, di perbenismo, di falso moralismo e di preconcetti insopportabili. Quando si hanno tredici anni e si è una coltivazione ambulante di brufoli, con qualcuno te la devi pur prendere, no? Io cominciai a sfogarmi contro l’establishment pestando sulla batteria e, inforcato il microfono tra le gambe, gridavo tutta la rabbia delle generazioni che alla domanda “perché” si sentivano rispondere: “perché no”. “Io son ribelle” mi rappresentava in toto e, anche se io mi sentivo molto black (più Little Richard e Chuck Berry che Elvis), Adriano era l’unico che potesse incarnare la “fotta” adolescenziale che mi squassava l’anima. Sono passati gli anni e il “molleggiato” molleggia ancora alla grande, con quella sua voce “milanese” da Santa Tecla e da cantine carbonare che tramavano contro i melodrammatici usignoli di allora: Tajoli e Villa. In sostanza, Celentano non è solo una insostituibile cartolina che ci ricorda che “si stava meglio quando si stava peggio” ma un rivoluzionario, un passionario che con ogni nota, ogni gesto e ogni pensiero, è in perenne lotta con un mondo che non vuole mollare la presa su di noi, sull’ambiente e sul potere.
“Buio sulle scale, silenzio che fa male…”, recita la canzone che ho scritto per i “due fenomeni” e la cosa che traspare al primo ascolto è che, al di là della bellezza o meno del brano, è il suono delle loro voci a vincere. Ascoltando “E’ l’amore”, mi sono commosso. Non per futile orgoglio o per smodate ambizioni presenzialistiche. Va bè, con la collaborazione di Maurizio Tirelli, credo di aver composto una canzone che non fa vomitare ma che, però, trova un senso proprio nel timbro degli interpreti. Non so se vi capita di guardare foto di qualche tempo fa, anche non vecchissime. Ebbene, nei gruppi immortalati noti sempre qualcosa o qualcuno che è cambiato. Come se gli anni avessero il compito di sbriciolare ogni cosa, di erodere le poche certezze che abbiamo, di dirci che tutto quello che abbiamo vissuto era sbagliato ed è da rottamare. Amori, società, amicizie, parentele, fleurt o conoscenze occasionali. Quasi tutto sembra svanire in una lenta ma inesorabile dissolvenza, con il risultato che quotidianamente ti pare di perdere punti di riferimento importanti. Celentano e Mina, oggi, non sono icone in bianco e nero, non hanno i pantaloni a zampa d’elefante o acconciature vintage con costruzioni verticali. Sono vivi, veri e straordinariamente bravi. Anch’io, ho come meta lo spostamento di vent’anni avanti del concetto di terza età e i due “ragazzi” pare ci riescano su tutti fronti. Nella canzone, il cui video è stato realizzato dal grande regista Ferzan Ozpetek, sono due amanti al momento separati dal loro maledetto orgoglio. E sono assolutamente credibili quando cantano:
“E’ l’amore, che non mi lascia stare… guardo il telefono che tace… è l’amore che brucia l’anima…”
E ancora di più quando nel finale gridano:
“E’ l’amore che salva l’anima…”
Caro Adriano, non posso dirti altro che: “Uanbabaluba… belàn… ben bù… tutti i frutti… ”
Lunga vita al “molleggiato”!Andrea Mingardi
Lo staff di ACfans.it