di Massimo Boldi
Ho visto Tolo Tolo di Checco Zalone ieri pomeriggio in un cinema di Lucca, code e sala gremita come immagino ovunque in Italia, per il film più atteso dell’anno.
Ho, diciamo così, una certa esperienza nel settore ma non sono un critico cinematografico, quindi parlo unicamente da fan e ammiratore del collega Checco. Dico la verità. Mi aspettavo di ridere tanto, invece ho sorriso, quei sorrisi amari che più che divertire ci interrogano sul mondo che ci circonda, sulle sue debolezze e contraddizioni. Ma da comico non sono deluso, anzi apprezzo che Checco Zalone, re della risata, abbia volutamente rinunciato alla sua comicità debordante per percorrere con il sorriso la strada delle problematiche sociali, in questo caso l’immigrazione. Mi vengono in mente due paragoni di artisti che hanno usato in passato questa chiave interpretativa, Detenuto in attesa di giustizia con Alberto Sordi e La vita è bella di Benigni.
Conosco Zalone da molti anni. Viene da Zelig, programma che nacque nel 1997 ed era condotto da me e Simona Ventura. Zalone arrivò nella seconda edizione, che io non conducevo più, ma lo conobbi ugualmente. Era un ragazzo simpatico e con molta voglia di fare e, soprattutto, piaceva tantissimo al pubblico. Più di tutti gli altri. Zalone aveva una marcia in più anche perché cantava, e cantava molto bene. In quel periodo avevo iniziato la mia avventura di produttore cinematografico con mio fratello Fabio, stavamo iniziando a preparare il film La fidanzata di papà e volevamo scritturare Zalone, perché ci piaceva molto. Checco, purtroppo, non riuscì a prendere parte alla nostra pellicola, perché aveva un altro impegno. Poi, pochi anni dopo, improvvisamente fece un film, Cado dalle nubi, che raccolse un successo straordinario, con incassi da milioni di euro. Incassi che non si facevano più da anni e che anche oggi difficilmente qualcuno riesce a uguagliare. Un successo clamoroso. Perché il personaggio Zalone emana un interesse eccezionale, che trascina al cinema milioni di persone. La differenza tra lui e gli altri comici italiani di successo è notevole. Credo che solamente io e Christian De Sica possiamo metterci nella condizione di fare uno spareggio con lui. Solamente noi siamo riusciti a fare numeri del genere al botteghino. Sono stato a casa sua, qualche mese fa, in privato è una persona molto gentile e serena. Intorno a lui ci sono solo amici veri. A Roma ha acquistato una cascina che di fatto è una sala incisione. Zalone ama cantare, è la sua grande passione, ho potuto vedere il suo modo di lavorare e mi ha fatto molto piacere. Chissà magari un giorno faremo un film insieme, ma potrei fare suo padre, vista l’età…
Anche per il suo amore per la musica, secondo me Checco è un «figlio» di Adriano Celentano, un suo surrogato, un celentanoide. Io ho lavorato con Celentano e lo conosco bene. Adriano ancora oggi è qualcosa di insuperabile, secondo me Checco va analizzato con questo metodo, partendo proprio da Celentano. Il pubblico li segue e li ama. Checco Zalone si è distaccato dalla comicità classica degli anni Ottanta, ma rimane sempre ancorato alla tradizione italiana, così in lui continua la favola di Adriano Celentano, continua il mito.
02/01/2019 – Il Giornale (www.ilgiornale.it)