«La radio boicotta la musica italiana»
Accusa di AudioCoop e Claudia Mori
I network: non è vero, ci guida il pubblico. Solo sei canzoni italiane fra le 40 più trasmesse dalle dieci principali radio
MILANO – Solo sei canzoni italiane fra le 40 più trasmesse dai dieci principali network radiofonici. Nella classifica (realizzata da Knowmark per la rivista Musica e Dischi) sono solo due gli artisti ben piazzati: Irene Grandi con «Brucia la città» al secondo posto e i Negramaro al quinto con «Parlami d’amore». Più staccata «La compagnia » di Vasco (7˚) e poi c’è un buco di ben 13 posizioni prima di trovare Francesco Renga (20˚) e Max Pezzali (21˚) e, infine, Biagio Antonacci (33˚). Per la cronaca il pezzo più trasmesso nella settimana dal 2 all’8 giugno è stato «Ordinary Day» di Dolores O’Riordan, ex cantante dei Cranberries.
Tutta colpa delle radio? Ad aprire la polemica è Giordano Sangiorgi, presidente di AudioCoop (coordinamento che raggruppa alcune etichette indipendenti): «Così si uccide l’identità di chi fa il musicista, si perdono tutti quei valori di una cultura popolare che fa della musica uno dei punti di riferimento più importanti». E lancia uno sciopero contro i network chiedendo che nessuno si sintonizzi sulle loro frequenze il 21 giugno. A fare da puntello alle sue posizioni c’è anche Claudia Mori: «Quella mostrata dalla classifica è una disparità preoccupante – dice -. Se i nomi degli stranieri fossero tutti del livello di McCartney e U2 (34˚ e 35˚ posto, ndr) lo capirei, ma quella griglia è piena di sconosciuti». La «signora» del Clan celentano conclude dicendo che «le strategie dei network sono contrarie ai gusti e agli interessi del pubblico, ma se si continua in questa direzione nessuno avrà più voglia di investire nella scoperta di nuovi talenti e nel lancio di emergenti».
Drastica la posizione di Anna Pettinelli, deejay di Rds: «Noi testiamo il gradimento degli ascoltatori per ogni pezzo. Quello che non passa è perché il pubblico non lo vuole e noi non possiamo difendere un prodotto che non funziona. Non sarà un caso se la musica italiana fatica a funzionare all’estero: se ci fossero dischi decenti non ci sarebbero questi problemi». In Francia esistono le «quote». Le radio sono obbligate a trasmettere una determinata percentuale di canzoni in lingua francese. «Con internet e gli altri mezzi più recenti parlare di quello è anacronistico», dice Enzo Mazza di Fimi, la Confindustria del disco. «Quello che mi preoccupa – aggiunge – è l’assenza di artisti emergenti che dovrebbero garantire che la quota del 52% di vendite, che si è conquistata la musica italiana, non vada persa».
Fra gli artisti che più funzionano in questo momento ci sono i Negramaro. Al quinto posto in questa classifica, al primo addirittura secondo Music Control che monitora ancora più emittenti. «Sarei per far sentire più italiani in radio – dice il cantante Giuliano Sangiorgi – ma forse è un concetto anacronistico. Oggi il campione di riferimento non è più quello di 30 anni fa quando nella cultura c’era molto campanilismo, ma è il mondo intero. E allora ben venga che ci sono 6 di noi che stanno al passo con gli altri Paesi». In controtendenza, rispetto alla ricerca, Rtl: «Nei nostri nuovi ingressi – ricorda il presidente Lorenzo Suraci – c’è un equilibrio al 50% e in questo momento mi sembra che la nostra musica stia meglio che in tanti altri periodi: Zero Assoluto, Pausini, Ferro, Zucchero, Antonacci e tanti altri sono fra i nostri preferiti». Di diverso avviso Linus, voce storica e direttore di Radio Deejay: «Non è una grande stagione per la musica italiana, mancano gli artisti di livello medio- alto». E aggiunge: «Noi che siamo stati sempre esterofili, in questo periodo abbiamo una discreta quantità di connazionali, però ci siamo orientati su esponenti più “moderni”, come Club Dogo e Aeroplani italiani, che altre emittenti non considerano». In politica si chiama dispersione del voto. «Invece – conclude la Mori – bisogna fare sistema e andare tutti nella stessa direzione».
Andrea Laffranchi
16/06/2007 – Corriere della Sera