A Celentano si devono sempre perdonare molte cose: i troppo facili monologhi, le celebri lunghe pause (che fanno un po’ vacillare la convinzione generale che il silenzio sia un valore salvifico), ora anche la nuova trovata televisiva di interrompere qua e là le belle canzoni con qualcuna delle sue ricorrenti tirate. Gliele si perdona perché, alla fine, la sua capacità carismatica di tenere la scena e la sua concezione di una tivù «a sorpresa», di impostazione teatrale, in cui ti chiedi sempre cosa possa succedere da un momento all’altro, ti tiene attaccato alla poltrona e compensa, quasi sempre, la debolezza dei contenuti.
A dispetto delle dichiarazioni della vigilia, quest’ultimo programma non sembra comunque il più difficile della sua carriera, quanto piuttosto una semplice occasione per la celebrazione promozionale del suo ultimo disco (come del resto sinceramente annunciato, per non dover fare promozione in trasmissioni non gradite che piacerebbe sapere quali siano). C’è anche meno tensione del solito, assenza quasi totale di pathos, un’atmosfera più distesa e non certo elettrica come quella che si respirava, ad esempio, a Rockpolitik. E non si sono certo volute fare le cose in grande dal punto di vista scenografico come in precedenti occasioni, mantenendo un profilo più sobrio. Si è voluto puntare di più sull’ironia, sugli sketch come quello iniziale in compagnia di Mogol e Gianni Bella, sulle incursioni amichevoli come quella di Fabio Fazio nelle vesti di intervistatore grottesco, su un clima più compagnone che narcisistico in senso stretto. Mai visto, ad esempio, un Celentano «fare gruppo» come in questa occasione, ad ogni circostanza possibile, con molta voglia di divertirsi e qualche concessione alla tenerezza. Ne soffre l’intensità dello spettacolo, con qualche punto morto di troppo, perché se è vero che la televisione di Celentano è sempre stata nemica dell’obbligo beota del ritmo a tutti i costi è anche vero che veniva però supportata da una forte carica emozionale e adrenalinica, meno avvertibile nella circostanza.
Nel corso della serata la magia della voce e anche dello sguardo seduttivamente malinconico di Celentano ha preso via via uno spazio crescente, ponendosi giustamente al centro della ribalta. E alla fine, come al solito, sia i molti fans che i pochi detrattori, sia quelli che di Celentano prenderebbero sempre tutto a scatola chiusa sia i fautori del «vorrei che cantasse e basta» avranno trovato il punto comune di intesa al semplice partire dei primi accordi musicali.
27/11/2007 – Il Giornale