Abbagli delle giurie: da Celentano a Vasco
(più Zucchero e Patty)
QUANDO IL FESTIVAL «BOCCIA»
In 58 anni oltre mille canzoni: belle-vincenti, brutte-perdenti-effimere e una aliquota di geniali-incomprese
SANREMO — In 58 anni sono transitate per Sanremo oltre mille canzoni. Che si possono dividere in tre categorie: belle e vincenti, brutte-perdenti-effimere e una aliquota di geniali-incomprese. Caso Adelmo Fornaciari, in arte Zucchero. I critici lo chiamavano «Tonno Nostromo» per via della sua allergia alle camicie alle quali preferiva girocolli particolarmente informali che evocavano il pescatore sull’etichetta delle scatolette. I giurati lo relegarono penultimo (al 21˚ posto su 22 big) in quel festival del 1984 vinto da Albano e Romina con «Ci sarà» e da Ramazzotti fra i giovani con «Terra Promessa».
Zucchero era il brutto anatroccolo, eppure oggi la sua «Donne» (in cerca di guai) viene eseguita, apprezzata ed è diventata un evergreen. Anche uno dei cavalli di battaglia della Mannoia «Come si cambia », brano stravenduto e tutt’ora acclamato nei concerti della cantante, fu relegato dalle giurie solo al 14˚posto. Le giurie di Sanremo non sono totalmente ottuse, tant’è che sia Pausini sia Ramazzotti vinsero nel girone giovani. Ma sono assolutamente insensibili al nuovo che avanza. Ne fece le spese Ruggeri coi suoi Decibel che con «Contessa» finirono all’ultimo posto dell’edizione 1980 e, ancor di più, tanto tempo prima, Adriano Celentano che nel 1966 non arrivò in finale perché fu eliminato col suo «Ragazzo della via Gluck». Che non parlava d’amore e portava tematiche originali come l’urbanistica e l’ambiente. Una esclusione sconfessata dalla storia, uguale solo a quel penultimo posto nel festival del 1983 per «Vita spericolata», che arrivava dopo una violenta campagna antivasco partita da un violento attacco di Nantas Salvalaggio all’indomani di una apparizione del rocker di Zocca a «Domenica In» che accusava senza mezzi termini Vasco: «Un bell’ebete, anzi un ebete piuttosto bruttino, malfermo sulle gambe, con gli occhiali fumè dello zombie, dell’alcolizzato, del drogato “fatto”».
Vasco in quei giorni era sparito, non aveva concesso interviste, aveva disertato le prove e scontava un clima davvero ostile. La canzone bocciata è tutt’ora il simbolo del popolo vaschiano, del malessere, dell’egocentrismo e dell’intrinseca debolezza di tutti noi in continuo conflitto fra grandi aspirazioni e un quotidiano in bianco e nero. Non venne capita dalle giurie e tutto sommato poco anche dai critici. Conservatrice dunque è l’anima giudicante di Sanremo. Rimasta tale anche in tempi recenti. Nel 2002 «Salirò », di Daniele Silvestri, che fu una delle canzoni più trasmesse dalle radio di quell’edizione, si classificò al 14˚ posto. E i gruppo rivelazione di questi anni, i Negramaro, nel 2005 in gara con «Mentre tutto scorre», fu eliminata nella terza serata. Poi la canzone è esplosa ed è tutt’ora venduta e programmata. Nemmeno le alleanze fra titani come Patty Pravo, Gaetano Curreri e Vasco Rossi con una canzone capolavoro come «E dimmi che non vuoi morire» ha smosso l’insensibilità dei giudici popolari del festival. La canzone si classificò ottava nell’edizione del 1997 vinta dai Jalisse con «Fiumi di parole». E «Almeno tu nell’universo» di Mia Martini del 1989 arrivò appena al nono posto. Quest’anno la nostra caccia al genio incompreso non è andata bene. Lasceremo Sanremo col carniere vuoto.
Mario Luzzatto Fegiz
01/03/2008 – Corriere della Sera