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Addio a Macchi l’inventore del varietà in Tv

Con Eros Macchi, morto all’età di 87 anni, scompare l’ultimo superstite di quel gruppetto di registi, Daniele D’Anza, Mario Landi, Franco Enriquez e Guglielmo Morandi, che crearono la nostra Tv. Nato come autore di documentari cinematografici, fu scoperto da quel grande talent scout che era Sergio Pugliese, l’inventore dei programmi televisivi in Italia. Macchi si rivelò subito un regista estroso, creativo, ricco di interessi, in grado di passare con disinvoltura e con lo stesso livello di risultati dalla rivista alla prosa, dallo sceneggiato al quiz. Dotato di un senso dell’umorismo abbastanza raro fra i registi, era nel lavoro un professionista serissimo, capace di mantenere i ritmi di produzione più intensi, senza che mai la qualità ne soffrisse. Pugliese inizialmente lo voleva destinare alla prosa, genere di punta della Rai negli anni Cinquanta e Sessanta, ma presto si accorse che Macchi avrebbe portato nella rivista una fantasia che mancava ad altri registi.
L’unico che aveva le sue stesse qualità era Antonello Falqui. Non fu un caso, così, che Macchi e Falqui lavorassero entrambi sui più importanti varietà. Falqui era più formalista, più attento all’eleganza delle immagini, Macchi, invece, era più concentrato sugli interpreti e sui ritmi. Lo dimostrò soprattutto in Un due tre, con i mitici Tognazzi e Vianello, in tre edizioni di Canzonissima e nei varietà con Johnny Dorelli, Johnny 7 (1963) e Johnny sera (1966), di cui era anche coautore. Il rapporto di Macchi con Dorelli fu prezioso, perché il cantante rivelò un talento di entertainer, creando fra l’altro il personaggio di Dorellik, destinato a una straordinaria popolarità. D’altra parte, Macchi, già nel ’64, aveva per primo colto il fenomeno Celentano in Adriano Clan.
Era uno di quei registi in grado di addomesticare, con la sua ironia e insieme il suo polso fermo, anche i cavalli più bizzarri. Che il varietà fosse il suo genere preferito continuò a dimostrarlo negli anni seguenti in programmi che furono tutti campioni d’ascolto, da Doppia coppia (1969) a Signore e signora (1970), da Formula due (1973) a Io a modo mio (1985). In Doppia coppia esplose il talento di Alighiero Noschese, che si scatenò in una serie di imitazioni, o meglio, reinvenzioni, di politici, giornalisti televisivi e annunciatrici, ancora oggi insuperate. Macchi, che aveva colto per primo la genialità mimetica di Noschese, ne esaltò nelle immagini le straordinarie qualità, facendolo affiancare, per giunta, da un’attrice di razza come Bice Valori. In Signore e signori riuscì a mettere insieme con successo un cavallo difficilmente domabile come Lando Buzzanca con la nostra più deliziosa soubrette, Delia Scala.
In Formula due rivelò il talento di imitatrice di una giovanissima Loretta Goggi. In Io a modo mio sostenne l’istrionismo di Gigi Proietti, anche se Il mattatore di Gassman, al quale si rifaceva, era un obiettivo troppo ambizioso. L’Eros Macchi maestro del varietà televisivo oscurò un poco la sua misura ed eleganza di regista di sceneggiati e di prosa. Tom Jones (1960) era assai più bello di quanto affermano certe enciclopedie, mentre nella prosa, dove diresse vari testi, diede le prove migliori non tanto nei drammi o in commedie brillanti quanto in un classico come Candida di G. B. Shaw (1969) e in una commedia di costume come La moglie ideale di Marco Praga (1983), dove Paola Pitagora, voluta a tutti i costi dal regista, diede una prova sorprendente e, probabilmente, mai superata.

10/07/2007 – Il Giornale

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