Al Bano a Sanremo “come un gladiatore”
“Adriano, vorrei tanto cantare con te”
Il cantante “eccitatissimo” all’Ariston dopo otto anni. A marzo un concerto a Roma
Quarant’anni di carriera e un sogno nel cassetto: “Una canzone con Celentano”
Le vicende private, il gossip, e quella sberla all’inviato di Cucuzza
“E’ il prezzo del successo. Ma non c’è più rispetto per la vita degli altri”
di ALESSANDRA VITALI
AL Bano è esattamente come te lo immagini. Prepotente, allegro e impulsivo, ironico, incazzoso e generoso. Se gli citi una sua canzone, una a caso, piglia e te la canta, così, a freddo. Sarà al Festival di Sanremo dopo otto anni d’assenza (nel 2003 è stato ospite d’onore, “ma non è la stessa cosa”), si sente “eccitato come la prima volta”. Gli piace la competizione, dice nientemeno che nelle vene gli scorre “sangue di gladiatore” e che Sanremo è “il Colosseo della musica italiana”. E prepara un altro ritorno: a Roma, il 17 marzo, terrà un concerto-evento al Gran Teatro, viaggio musicale attraverso una carriera lunga quarant’anni e lungi dal chiudersi perché, è convinto, “finché c’è musica c’è speranza”.
Al Bano, ci voleva Baudo per rivederla all’Ariston?
“Pippo è la persona giusta. Come me, ha conosciuto Sanremo dalle radici, ne rispetta la storia, fatta di nomi come Modugno, Celentano, Mina, ma anche Vasco Rossi, Eros Ramazzotti”.
Ma in tanti anni la musica è cambiata, non crede che vada cambiato anche il Festival?
“E’ stata la voglia di cambiare che l’ha rovinato. Sanremo è un campionato di note, le note non hanno fatto mai male a nessuno, perché snaturarlo? La gente ha cantato quelle canzoni per anni, è la manifestazione più copiata al mondo, ha sempre dato ossigeno alla musica leggera italiana. E’ un Natale pagano, un rito, e tale deve rimanere”.
Lei però non ha alcun bisogno di Sanremo. Perché ci tiene tanto?
“Fa parte della mia storia. Quella di un ragazzino del Sud, che aspettava 361 giorni per vedere in tv quei quattro giorni di musica poi, in provincia, partecipava alla disputa sulla canzone più bella, e la cantava per il resto dell’anno”.
Dopo Sanremo, Roma, il concerto del 17 marzo. Paura della capitale?
“No, sono emozionatissimo. Torno in una città dove ho fatto cose importanti. Nel 1967, al Palazzetto dello Sport, fui tra quelli che si esibirono prima del concerto dei Rolling Stones. Poi ci sono stato in un’altra occasione, nel 1974, e più di recente per un Natale in Vaticano con Giovanni Paolo II. E’ la quarta volta, vediamo che cosa Roma riserverà ad Al Bano…”.
Magari un inviato di Michele Cucuzza a farle domande sulla sua vita privata…
“Cose che vanno sopportate, nel nome del successo, che ha aspetti positivi e zone d’ombra e suscita cose orrende, invidia, invadenza, diventi un bersaglio. Per questo ho scritto il libro (E’ la mia vita, con il giornalista Roberto Allegri, ndr), per fare chiarezza dopo tante invenzioni sul mio conto. Ci tengo al rispetto, per la vita degli altri e per la vita in generale. La mia bocca serve per baciare, non per mordere, le mie mani servono per accarezzare, non per picchiare”.
Però, all’inviato di Cucuzza, una pizza gliel’ha data…
“Una pizza? Ma quello è stato un semplice gesto di avvertimento. Se gli avessi dato una pizza, se ne sarebbe accorto, mi creda. Non ne potevo più, volevo prendere le distanze da cose con cui non c’entravo niente. Era un segnale, è stato recepito. La violenza vera è altra”.
Quale?
“Quello che è successo a Catania, a Erba, e quel bambino, Tommy, se lo ricorda? Abbiamo smarrito il senso del vivere, bisogna fermare l’invasione dei nuovi barbari, dei falsi valori. Tornare a zappare, quello sì, che ci farebbe bene”.
A zappare?
“Certo. Per imparare che cosa significa stare curvi sulla terra, veder nascere un’insalata, piantare una vigna. E’ lì, la vita”.
Lei ce l’ha un computer?
“Io non so nemmeno come si accende. Conosco i benefici delle nuove tecnologie, certo. Però voglio rimanere fedele all’altro secolo”.
A 64 anni, dopo 40 di carriera, ha ancora un duetto dei sogni?
“Mi piacerebbe fare una canzone con Celentano. Lo apprezzo, non ho mai smesso di seguirlo. Più che un sogno è un vero invito. Ma anche con Giorgia, Mina, Carmen Consoli, Tiziano Ferro, Renato Zero. Mica male, no?”
E il duetto degli incubi, quello che non farebbe mai?
“Con Eminem”.
Non le piace Eminem o non le piace il rap?
“Non mi piace chi semina discordia. Gliel’ho detto, no? Io sono per la poesia della vita”.
07/02/2007 – La Repubblica