BOLOGNA – È il Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna a ospitare, dal 16 novembre al 3 febbraio 2013, una mostra tutta rock, nata per celebrare proprio l’emblema della musica rock’n’roll: Rewind < < 50 anni di FENDER in Italia, è la mostra curata da Luca Beatrice che ha come oggetto l’intramontabile rock guitar Fender.
Cosa c’entra l’angloamericana Fender con l’Italia? È proprio da una cinquantina d’anni, precisamente dal 1962, che Fender è approdata anche nello Stivale. Inizialmente in modo timido, in quanto Giovanni Bauer, pioniere nella distribuzione di strumenti musicali in Italia dal 1948, incontrando tra i padiglioni della fiera Musik Messe a Francoforte, nell’autunno del 1962, Don Randall, commerciale della ditta Fender in espansione, decise di acquistare sei chitarre per portare questo mito anche nel nostro Paese. Con difficoltà, pochè inizialmente riuscì a venderne solo due, una a Roma e una Napoli.
Ma il ritmo frenetico del rock’n’roll si espanse a una velocità insospettabile, contagiando velocemente anche l’Italia, in particolare le nuove generazioni che cominciavano ad emanciparsi, e influenzando la cultura, le basi e il ritmo di molti nostri cantanti e musicisti, da Adriano Celentano ad oggi.
Ed è così che, tre anni dopo Love Me Fender, ospitata sempre nel medesimo museo, arriva Rewind. 50 anni di Fender in Italia/em>, che analizza l’ultimo mezzo secolo di cultura musicale e visiva italiana, ripercorrendola a ritroso come col tasto rewind di un vecchio mangiacassette, non in modo cronologico, ma attraverso stili e suggestioni. Per restituire uno scenario complesso e diversificato, dove gli stili si rincorrono intrecciandosi tra loro, dal rock al pop, dal melodico all’alternative, dalla dance all’hip hop. Arte, musica e fotografia si fondono in una sola mostra.
Fulcro dell’esposizione sono indubbiamente le Fender customizzate e reinterpretate da ventidue artisti italiani e internazionali interpellati per dare una personale lettura del’oggetto-mito. Gli stili e i linguaggi scelti sono molto diversi, dalla pittura figurativa all’arte concettuale, dall’oggetto all’installazione, dalla street painting alla sound art. In mostra gli italiani Dario Arcidiacono, Alessandro Baronciani, Emanuele Becheri, Carlo Benvenuto, Davide Bertocchi, Valerio Berruti, Cuoghi Corsello, Marica Fasoli, Matteo Fato, FranKo B, Anna Galtarossa, Enrico Ghinato, Ugo Nespolo, KayOne, Giorgio Ortona, The Bounty Killart, Giuseppe Veneziano. Spicca la presenza di artisti internazionali quali Anthony Ausgang, nato a Trinidad e Tobago ma californiano d’adozione, l’inglese Chris Gilmour, l’argentino Daniel Gonzalez, Hubertus Von Hohenlohe, che vive e lavora a Vienna, il tedesco Hermann Pitz.
L’allestimento molto suggestivo, nelle sale storiche del Museo della Musica, lascia dialogare le Fender d’autore con gli elementi visivi e scenografici di una microstoria della musica italiana, che parte dall’inizio degli anni ’60 e arriva a oggi, come dicevamo, seguendo un criterio stilistico e non cronologico, per mostrare che, come già diceva Giambattista Vico qualche secolo fa, la storia è fatta di «corsi e ricorsi».
«Questa mostra propone delle suggestioni legate agli ultimi cinquantanni di storia italiana, non una loro ricostruzione. Grazie a Fender le chitarre diventano fulcro di un percorso più ampio all’interno del quale si incrociano, a tempo di rock, miti, stili di viti, ideali» racconta Luca Beatrice, curatore della mostra.
Ecco quindi il rock degli inizi di Adriano Celentano e dei seguaci di Elvis (Bobby Solo, Little Tony) e quello contemporaneo, di Vasco e Ligabue, dei Litfiba e degli Afterhours, ma anche il rock che si incontra con il pop nelle canzoni degli Stadio o di Cesare Cremonini; le voci di interpreti italiani, da Gianni Morandi a Tiziano Ferro, da Mina a Laura Pausini; la tradizione del pop melodico che parte da Claudio Baglioni e giunge fino a Biagio Antonacci; una serie di fenomeni alternativi, il Beat (dal Piper alla contestazione del ’68), la psichedelia e il pop sinfonico (gli Area e i Pooh) l’indie rock, sia quelli duri e puri, sia quelli che incrociano il mainstream e il pop commerciale; largo spazio viene dato alla canzone d’autore, dalla prima scuola di Genova (Paoli, Tenco, Lauzi, Bindi) a quella di Milano (con Gaber), da Roma alla via Emilia di Guccini, Dalla, Carboni, Ron fino ai giovani Dente e Vasco Brondi; senza dimenticare le culture giovanili, capaci di trasformarsi in fenomeni di moda e di massa, come la dance, l’electropop, il rap e l’hip-hop.
Una serie di scatti fotografici di Guido Harari, Efrem Raimondi, Caterina Farassino e Paolo Proserpio, aiutano ulteriormente il visitatore ad addentrarsi in questo tunnel di storia musicale italiana, che parte per l’appunto dal 1962, anno del debutto di Fender in Italia.
Perché la scelta di Bologna per parlare di un fenomeno dilagato in tutta la penisola (oltre che in tutto il mondo)? Lo spiegano Patrizia Bauer e Giorgio Masetti Zannini, presidente e amministratore delegato della M. Casale Bauer che distribuisce Fender in esclusiva per l’Italia: «Siamo orgogliosi di rendere omaggio alla musica italiana ed in particolare alla cosiddetta Emilia Plain che ha dato molto e molto darà allo sviluppo culturale del nostro Paese».
Un percorso tra immagini, musica, emozioni, che fa rivivere le vibrazioni di allora e di oggi. E pensare che la storia di Leo Fender, il cui prodotto è ora un simbolo, sembra un aneddoto narrato per far sperare tutti noi nel cambiamento, nella possibilità di riuscire ed emergere nonostante il buio della crisi che sta appannando le nostre speranze. Perchè Fender, californiano, altro non era che un (geniale) disoccupato durante la Grande depressione, che si fece prestare seicento dollari per avviare una bottega, la Fender Radio Service, dove si occupava di aggiustare radio e fonografi. Solo nel 1950 mise in commercio una chitarra elettrica a corpo pieno (la Telecaster), e nel 1954 la rivoluzionaria Stratocaster, che folgorò i cuori e gli animi degli americani, e ammaliò infine musicisti e fan in tutto il mondo.
Rewind. 50 anni di FENDER in Italia
Museo Internazionale e Biblioteca della Musica
Palazzo Sanguinetti – Strada Maggiore 34, 40125 Bologna
16 novembre 2012 – 3 febbraio 2013
Inaugurazione: giovedì 15 novembre 2012 ore 18.00
Orari: martedì – venerdì ore 9.30 – 16.00 / sabato, domenica e festivi ore 10.00 – 18.30 / chiuso lunedì
Biglietto: museo e mostra € 5.00 intero, € 3.00 ridotto
13/11/2012 – Wakeupnews.eu