Celentano a Venezia? Chiamatelo Banal Grande
Adriano Celentano arriva alla Mostra del cinema di Venezia e c’è spazio per un incontro di mezz’ora con la stampa accreditata. «Il problema è che almeno venti minuti se ne vanno per le pause» dice il diretto interessato, solo che qui non siamo alla televisione e non ci sono due ore e passa di spettacolo a farle digerire…
Al Festival l’ex molleggiato c’è per due motivi: il primo è che sarà lui a consegnare il Leone d’oro alla carriera a Ermanno Olmi. Il secondo è la proiezione dell’edizione restaurata di Yuppi Du, il film che nel 1975 lo vide esordire con successo alla regia. Per la verità, ce n’è anche un terzo, inconfessato e su cui si preferisce sorvolare, l’essere cioè Adriano l’ultimo vero divo italiano in circolazione, e di quelli che, qualsiasi cosa, lui direbbe qualsiasi cazzata, dicano, si prendono una pagina sui quotidiani. Quest’anno la Mostra è moscia, l’effetto Valentino in apertura, film e festa in onore dello stilista, se n’è andato dopo due giorni, in chiusura si spera ora nell’effetto Adriano.
Questo spiega perché a nessuno, in linea di massima, freghi niente di Olmi e del Celentano regista. Sì, si può fare un po’ di colore sul fatto che quest’ultimo abbia cenato da Cipriani (c’è chi dice alla Giudecca, chi giura di averlo visto all’Harry’s Bar, ma magari era solo Teo Teocoli… ), che si sia fatto aprire all’una di notte la Sala Grande qui al Lido per controllare l’acustica e il sonoro («lo fanno in molti», ci dice un cinefilo militante), che poi se ne sia andato a dormire tranquillo all’Excelsior… Ma sono nuance, quisquilie, pinzillacchere, la verità è che siamo qui per sentirlo esternare. Cosa pensa delle morti sul lavoro? chiede uno. Qual è il suo giudizio sull’Alitalia? domanda un altro. Come vede la prossima Esposizione internazionale di Milano? incalza un terzo.
Vestito come si vestiva trent’anni fa, ovvero di begli stracci che nessuno sa portare bene come lui (nel look è rimasto un rivoluzionario-conservatore), Adriano non si fa pregare, e allinea nell’ordine quanto segue. Le morti sul lavoro sono un male, bisogna stare attenti a ciò che fa il padrone, ma anche alla faciloneria dell’operaio; l’Alitalia che risorge è un bene, ma se dietro la resurrezione c’è un accordo di potere fra la politica e la grande industria, allora è un male; l’Expo di Milano deve essere una vetrina dell’eccellenza italiana, ma il timore è che si riveli una vetrina di cemento…
Un po’ generico, si dirà, ma è che Adriano ogni tanto parte in quarta, ma poi, lo fa anche alla televisione, che come è noto è lo specchio della vita, perde il filo, si dimentica, affastella i temi… Noi giornalisti, mai sazi, insistiamo: il Pincio, ovvero il superparcheggio, è la nostra ultima speranza. «È un’idea di Chicco Testa» ironizza il Nostro: «Dopo averla avuta, la testa se n’è andata ed è rimasto il chicco».
Ridiamo per educazione e speriamo che il seguito sia meglio. «Quando Veltroni lo voleva, Alemanno era contrario, ora che è sindaco invece è d’accordo. Finirà che Berlusconi e Veltroni, ovvero la destra d’accordo con la sinistra, faranno un megaparcheggio anche sotto la Laguna di Venezia». È un’altra battuta, e ridiamo per non piangere.
A onor del vero, un paio di volte Celentano ci prende. La definizione di Letizia Moratti e Roberto Formigoni come i «genitori di Frankenstein» è buona, anche se resta nella sua mente chi poi sia Frankenstein… Oppure, a proposito della sua originalità: «È perché copio molto. C’è sempre qualcuno che è arrivato prima di te. L’importante è che poi tu lo superi».
E Venezia? No, non la Mostra, ma chi se ne fotte della Mostra, Venezia come città, la sua bellezza, il turismo che la strangola… Si può non farlo esternare in materia? Certo che no, e lui non si fa pregare. «Venezia è la mia amante» dice, «anche perché una moglie ce l’ho già». Claudia Mori è una città, ci diciamo perplessi fra colleghi. «Venezia è il testimone contro l’avanzare della bruttura», prosegue sicuro. Il turismo è come l’inquinamento? gli fa una cronista esagitata. Celentano sbanda, chiede lumi, si ripete piano la domanda per vedere se l’ha capita. «È impossibile passeggiare per piazza San Marco, visto la gente c’è. Ma non è che possiamo eliminare il prossimo per passeggiare in solitudine», risponde. La cronista resta muta di fronte a così tanto buon senso e lui ne approfitta per allargare il discorso. «Perché non dare il governo di una regione ai filosofi, come già sosteneva Platone? Sarebbe bello». All’idea che il Piemonte possa finire nelle mani di Umberto Eco, il Lazio in quelle di Eugenio Scalfari molti occhi si inumidiscono…
Adriano Celentano ringrazia. Ha esternato e ora c’è spazio anche per una battuta sul film. «Non è invecchiato, è senza età e questa è una fortuna, anche se non è merito mio. Mica lo so perché mi è venuto così». La scena in cui lui e Charlotte Rampling ballano sul bordo della laguna una danza fra il tribale e il celentanesco e lei, a seno nudo, è più bella che mai, trent’anni dopo è ancora in grado di stupire. Yuppi Du resta un bel film e per questo a Celentano va comunque un grazie. Su tutto il resto fate voi…
di Stenio Solinas
05/09/2008 – Il Giornale