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Celentano fai come Chaplin, canta oppure stai zitto

di ALESSANDRO MONTANARI

Visto che un varietà non è una cosa seria possiamo permetterci di dire quel che da ben altri pulpiti e con ben altre intenzioni hanno già detto Romano Prodi e Clemente Mastella: «Non l’ho visto ma so che…».
Il premier lo disse prima di bacchettare Giovanni Floris per la trasmissione “imboscata� al suo ministro della Giustizia e il Guardasigilli, l’altroieri, lo ha ripetuto prima di chiedere la chiusura della fiction di Mediaset su Totò Riina: «Non l’ho vista ma so che inneggia al boss e va chiusa».
Visto che non siamo né premier né ministri, e che certo non aspiriamo a tappare la bocca a nessuno, possiamo permetterci di seguire alla lettera Oscar Wilde quando spiegava di non leggere mai i libri che doveva recensire temendo che ciò ne avrebbe potuto influenzare il giudizio.
Dopo la faticosa esperienza di “Rockpolitkâ€?, visto e commentato per queste pagine ai tempi del demone berlusconiano, abbiamo preferito non vedere lo show di Celentano ma sappiamo ugualmente che non ci è piaciuto. A leggere i report delle agenzie, infatti, non ci siamo persi niente. Tutto è andato come previsto: il Molleggiato si è prodotto nei soliti pistolotti ecologisti, populisti, pauperisti senza avere le conoscenze scientifiche di Al Gore, la ferocia iconoclasta di Beppe Grillo e la coerenza di Madre Teresa di Calcutta. Non è mancata nemmeno la solita lavagna con buoni e cattivi dalla quale il Paese ha potuto apprendere che Berlusconi è un po’ meno cattivo di prima (ma non ancora redento) mentre Prodi è buono e schietto come il pane perché «fa solo promesse che può realizzare», che gli architetti sono cattivi perché deturpano la città e Letizia Moratti è cattivissima perché lascia che i palazzinari imbruttiscano la sua Milano. E la sua Milano, quello stesso giorno a Parigi per candidarsi all’Expo 2015, ringrazia per lo spot…
Insomma, «la situazione – come potrebbe dire qualunque normale cittadino di Cittadella – non è buona». Solo che se lo dice il cittadino di Cittadella non se lo fila nessuno, mentre se lo dice Lui, pagato con i risparmi del cittadino di Cittadella, l’Italia si desta e s’interroga. Ma stavolta no, non è andata così. Adriano non ha graffiato, non ha lasciato il segno: è scivolato via come pioggia sull’acqua. E questo perché, probabilmente malconsigliato, si ostina ad usare un linguaggio non suo, il linguaggio delle parole, che forse è roba per professionisti, ma sicuramente non per artisti. Il fatto è che Celentano è come Chaplin: non ha bisogno della parola. Per rompere il silenzio, il silenzio vero, quello che si nutre di parole vuote, si è sempre affidato ad altri mezzi: dondolare le gambe, aggrottare la fronte, alzare un sopracciglio e, soprattutto, cantare. Anche Charlot, re del cinema muto, dovette arrendersi al sonoro, ma seppe farlo senza cedere al conformismo uniformanete dei dialoghi. E come fece? Invece di parlare, cantò. E cantò una canzone che non voleva dire niente. Completamente senza senso, ma emozionante e bellissima.

28/11/2007 – La Padania

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