Alzi la mano chi non ha avuto la maglietta con la sagoma di Celentano preso nella mossa della canzone Yuppi Du.
La mia era gialla, col leggendario fumetto di Celentano stampato in nero e dipinto di spalle nella plastica posa da Re crocefisso. Maglietta rigorosamente acquistata alla fiera, al mercato del Lunedì. Anche perché solo nelle bancarelle la potevi trovare. Che gioia quando mia madre la portò a casa e la indossai per la prima volta. Siamo a metà anni ’70, e io ero poco più che un bambino.
Che ricordi!
Avere la maglietta di Yuppi Du, a quei tempi, era un must. La indossavano i “grandi”, i giovanotti, ma anche le ragazzine a dire il vero, e per noi ch’eravamo ancora bambini quell’immagine del molleggiato era entrata con forza nel circuito del mito. Tenere addosso la t-shirt di Yuppi Du faceva tendenza, diremmo oggi, però allora si usava dire più semplicemente che i giovani “vestivano alla moda”. In una sola parola, la maglietta di Yuppi Du era chic. Cafonalmente chic.
Altri tempi, altra età, altri sogni e vabbuo’. A capo.
Yuppi Du è stato un film pensato e diretto da Adriano Celentano. Singolare, geniale, un musical fantastico e surreale assieme. C’è tutto, ma proprio tutto, il Celentano pensiero di oggi in quella farsa cinematografica di ieri. Un capolavoro, ve l’assicuro. Ma non è nel film, né sul merchandising e neppure nella trama il punto della questione.
Devo per un attimo tornare sul palco dell’Ariston, e raccontarvi di Sanremo 2012 e dell’intervento del “molleggiato”. Appunto, del molleggiato.
Adriano, dopo i sermoni contro giornali, giornalisti e messe cantate, presenta al pubblico la faccia schietta e genuina, quella conosciuta e amata da tutti, quella di cantante e di grande interprete della musica, regalando attimi di vero spettacolo all’Italia e al mondo. Giù con Rock and Roll maccheroni e blues spaghetti come solo lui, Celentano, ha saputo e sa ancora fare.
E nel passaggio sonoro, dal rock misto al boogie woogie prima del rap di “prisencolinensinainciusol”, sullo stacco della cassa rullante, l’Adriano nazionale si permette, a 74 anni suonati, dieci secondi di “molleggi” da puro delirio.
Dieci secondi di “kenz”(1), a volerla dire in siciliano, dieci lunghi attimi di movimenti serpentini, di finte, di pose elastiche, per la rinnovata consacrazione, nel 2012 e dopo 60 anni di carriera, a super “molleggiato” della canzone e del ballo italiano.
I molleggi di Adriano – le mosse elastiche che l’hanno reso celebre, quelle che l’hanno eletto al rango divino nel paradiso del tira e molla sinuoso e a tempo di musica- c’hanno sempre incantato. Ammettiamolo.
Quei movimenti del corpo a scatto l’hanno reso inconfondibile e grande nel panorama dello spettacolo italiano. Così come il suo rock and boogie suonato all’inglese e cantato all’italiana, o ancora il suo hip hop spaghetti, siamo nel 1972, di (vado a braccio sul riff per quel che ricordo) “ai ai mai sesler, eni go so comin pisos ai, in de col men seivuan, prisencolinensinainciusol, oll rait!” che anticipò di un buon lustro l’uscita del singolo Rappers Delight degli Sugarill Gang, il disco che sarebbe entrato nel circuito della storia della disco music e che diede il La al genere musicale rap in tutto il mondo.
Adriano è stato grandioso, un unicum della canzone italiana, non c’è che dire. Peccato che i giornalisti dello spettacolo, dopo l’esibizione di Sanremo 2012, hanno avuto molto da scrivere e da ridire solo sulle prediche da terz’ordine (e dove stava la novità?) e poco o nulla è stato detto sull’artista Celentano.
Ma il punto del nostro articolo non è nemmeno questo.
Sui movimenti del corpo in battuta, sulle mosse a “scatto di musica”, sul ballo a molleggi, il principe non è stato Adriano. Il vero molleggiato è un altro, il maestro dei Kenz, stavolta in maiuscolo, è Jack la Cayenne, al secolo Alberto Longoni, meglio conosciuto come il signore che mangiava le tazzine in una nota sigla televisiva di un programma rai (Non Stop, mi suggeriscono dalla regia) di circa 30 anni fa.
Mister Longoni è stato un caratterista tuttofare dell’avanspettacolo italiano, ballerino, musicista, coreografo, costumista, scenografo, fantasista. Jack la Cayenne è stato quello che s’inventò di sana pianta il ballo a molla che ha fatto la fortuna di Celentano nei vari passaggi televisivi e al cinema. Memorabile è l’interpretazione del prete ballerino di Adriano nel film “qua la mano”. Il super molleggiato della canzone italiana non ha fatto altro che copiare, imitare i passi di danza del maestro Longoni, frutto di un’antica e lunga e forte collaborazione artistica tra i due.
Ed ecco perché vien fuori il ricordo di Yuppi Du all’inizio di questo articolo. Perché è proprio in quel film che Jack La Cayenne interpreta un pezzo di ballo mimico -coi tipici movimenti a molla riprodotti da Celentano in quei dieci secondi sul palco dell’Ariston- tra le stradine di Venezia. Un passaggio memorabile per un film, lo ripeto, che resta unico nella storia del cinema musicale italiano.
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21/02/2012 – RagusaNews.com