Celentano sposta 800.000 voti
Se ne è discusso molto. Ma, di per sé, la trasmissione di Celentano ha modificato in misura significativa le opinioni di un segmento relativamente modesto di italiani. D’altra parte, questa è l’opinione degli italiani stessi. Solo il 2 per cento (una percentuale peraltro inferiore al margine statistico di approssimazione del sondaggio) ritiene di avere mutato i propri orientamenti in relazione al programma. E’ vero che si tratta comunque di circa ottocentomila cittadini, una quantità che, nell’attuale situazione, può incidere sul risultato elettorale: ma sono forse meno di quanto molti abbiano fatto ritenere. E’ vero anche che non è detto che la risposta rispecchi pienamente la realtà: non sempre è facile percepire (o semplicemente ammettere) soggettivamente un cambiamento nelle proprie idee. Ma anche ponendo il quesito in modo proiettivo, prescindendo da se stessi («secondo lei la gente è stata influenzata politicamente?»), solo poco più del 10% risponde affermativamente. Assai più sono coloro che intravedono tutt’al più un effetto di rafforzamento di opinioni già maturate in precedenza, nell’ambito del diffondersi di un orientamento ostile al governo, in corso ormai da molti mesi. E’ proprio questo, di solito, l’effetto di una singola trasmissione. Beninteso, la televisione nel suo complesso influenza significativamente la formazione delle opinioni, politiche e non. Una volta, la scelta di voto era determinata soprattutto dall’ambito territoriale di formazione (la zona «rossa» o «bianca») e, in misura minore, dalla condizione sociale della famiglia. Successivamente, ha acquistato rilievo anche il contesto di socializzazione giovanile. Con la erosione delle ideologie tradizionali, i media e, in particolare, la televisione hanno assunto prepotentemente una funzione di riferimento e di «facilitatore» nella maturazione dei giudizi politici. Ma questa non avviene tanto sulla base di un singolo episodio, quanto attraverso la sedimentazione progressiva di più eventi o stimoli. Più in modo mediato, attraverso la riproposta, in un lasso di tempo ampio, di certi modelli e valori (è ciò che fecero alcuni canali di Berlusconi prima delle elezioni del 1994), che in maniera diretta ed esplicita tramite una particolare trasmissione. Un processo del quale, per la sua natura e per le modalità con cui si realizza, è arduo misurare con precisione gli effetti. Ad esempio, si stima che nelle elezioni del 2001 sia passato dall’uno all’altro schieramento grossomodo il 4-5% del corpo elettorale. Molti di più, senza mutare il polo di riferimento, sono passati dal voto all’astensione e viceversa. In entrambi i casi, buona parte è stata, come si è detto, stimolata dalla televisione. Sia nel segmento più limitato che ha cambiato opinione, sia in quello, assai più vasto, che ha «consolidato» la decisione di votare il proprio partito o di astenersi. Nell’insieme, dunque, pare poco appropriato descrivere la trasmissione di Celentano come un terreno di scontro in cui le forze di sinistra hanno strappato voti a Berlusconi. Essa costituisce invece un ambito in cui il presentatore e alcuni suoi ospiti hanno «colpito» principalmente i seguaci della propria parte politica (non a caso gli elettori orientati al centrosinistra hanno seguito la trasmissione in misura molto maggiore), accentuandone, se ce n’era bisogno, le convinzioni. Come peraltro accadeva già nei comizi infuocati di Dc e Pci ai tempi della Prima Repubblica.
Renato Mannheimer
31/10/2005 – Corriere della Sera