Sonia Bergamasco: «Anche al cinema è unico, con le sue incursioni divertenti e balorde come Yuppi Du, accompagnate da abbinate mitologiche: Celentano & Rampling»
di Stefania Ulivi
«Prima di tutto: tanti auguri. Adriano Celentano ha l’età di mia madre, anche se non lo conosco di persona lo sento una figura familiare, legato alle mie radici milanesi». Sonia Bergamasco, attrice, musicista, regista, nel modo di fare insieme timido e sfrontato di Celentano riconosce un mondo intero, racconta. «È profondamente radicato nel suo essere lombardo, non ha mai abbandonato la sua parlata, è riuscito a imporla musicalmente insieme a quella fisicità così prorompente e elastica. Una specie di acrobata della musica». Con una religiosità tutta sua. «Una voce popolare che non ha paura di dire cose stonate rispetto al sentire comune. Un solitario capace di parlare a tutti». E evocare storie, nei pochi minuti di una canzone. «Il ragazzo della via Gluck è un racconto familiare che dice tanto di Milano, una melodia che ho nelle orecchie da sempre, ogni tanto penso che potrebbe essere l’inizio di qualcosa».
Un musicista istintivo. «È il nostro Elvis Presley, ha dato un accento inedito e reso europea la melodia italiana». Con brani che ci sono entrati dentro. «Non te ne accorgi e alcune canzoni ti salgono in superficie. Che so? Ti ritrovi a cantare Soli: “ Un calcio alla tivù / Solo io solo tu”». Anche al cinema, dice, ha lasciato il segno. «Con le sue incursioni divertenti e balorde come Yuppi Du, accompagnate da abbinate mitologiche: Celentano & Charlotte Rampling». Hanno in comune il segno zodiacale. «È un Capricorno come me». L’attrice li compie il prossimo 16 novembre, li festeggerà sul palcoscenico del Franco Parenti con L’uomo seme, da lei ideato e diretto. «Chissà come festeggerà lui. Non sembra affatto che abbia 80 anni, così al di là del tempo, con la sua svagatezza olimpica». Ma l’aspetto che la colpisce di più è un altro. «Mi evoca una certa malinconia lombarda, inconfondibile. Credo che in realtà sia un tipo schivo e riservato».
04/01/2018 – Corriere della Sera