Micol Ferretti
Dopo quasi cinquant’anni di rock, i Ribelli, gruppo storico di Adriano Celentano, tornano sui palchi di tutt’Italia con un nuovo tour, partito alla grande da Milano. La città della via Gluck. Il 7 giugno all’Idroscalo è stato un successo, con 5mila persone ad applaudire la band capitanata dal batterista mantovano Gianni Dall’Aglio. Il concerto è stato registrato e diventerà un cd live, distribuito e venduto durante il tour estivo. Un live che promuove una nuova formula: nel “primo tempo’’ vengono suonate le canzoni dei Ribelli, nel secondo il gruppo rende omaggio al primo Celentano, da “Pregherò” a “Il ragazzo della via Gluck”.
La storia de I Ribelli affonda le radici agli albori del rock italiano.
Era il 1960. Pochi anni prima la musica era stata travolta dalla “slavina” chiamata Elvis Presley, seguito a ruota dalla controparte nera Little Richards.
Gianni Dall’Aglio – definibile il batterista per antonomasia della musica rock italiana, avendo affiancato Adriano Celentano, Lucio Battisti, e Demetrio Stratos – aveva tredici anni.
«Quando gli altri gruppi cominciavano a suonare – racconta Dall’Aglio -, i Ribelli erano già dei veterani del rock. Dove ci esibivamo, spesso era la prima volta che ascoltavano quel nuovo sound. All’inizio eravamo un trio: Adriano Celentano, Gino Sant’Ercole, ed io».
Chi sono dunque i nuovi Ribelli? È sempre Dall’Aglio a presentare orgogliosamente i suoi compagni di viaggio: «I Ribelli di oggi sono una sorta di interazione tra il giovane e il vecchio. Come se padre e figlio andassero insieme sul palco. Una cosa che sta a dimostrare come la musica unisce ed è passepartout per i rapporti umani». Eccoli allora: «Alberto Ferrarini, chitarrista mantovano, col quale ho avuto la fortuna di suonare negli ultimi vent’anni. Particolarmente emozionante l’esperienza con Celentano nella trasmissione “Francamente me ne infischio” – ricorda Dall’Aglio -. Fiorenzo Delegà al basso elettrico. Musicista eclettico e graffiante, per un batterista è l’amante ideale. Di recente ha inciso come session man il disco dei Sonohra. Pietro Benucci, detto “Pelo”, alla batteria. Un talento naturale al quale auguro una grande carriera. Sono sicuro che riuscirà a diventare un grande batterista italiano perché ha tutte le caratteristiche umane e musicali per poterlo fare».
Infine le tre voci che rappresentano la dinamica del gruppo. Chi ascolta e segue un loro concerto trova dei momenti sempre diversi, grazie ad un dinamismo delle voci davvero impressionante. «Maurizio Bellini – continua Dall’Aglio -, voce e tastiere, è il cantante che nel gruppo ha ereditato la pesante responsabilità che Demetrio Stratos, per cinque anni dei Ribelli dal ’66 al ’71, faceva in modo unico. Morris Pradella, chitarra, tastiere, e voce. L’ultimo entrato nel gruppo. Il tipo di musicista col quale mi sento perfettamente a mio agio perché non ha età. Infine Davide Mainoldi, voce e chitarra acustica».
E a proposito di Mainoldi, detto “Ciclope”, Dall’Aglio racconta di «un episodio molto particolare e per certi versi grottesco. Mi ero messo in testa di presentarlo ad Adriano, perché la voce e la cultura musicale di Mainoldi sono davvero invidiabili. Aspettò un giorno intero quest’audizione. Adriano alla fine gli promise di inserirlo in due delle quattro puntate. Sfortunatamente non lo chiamò mai. L’ultima puntata, non riuscendo a comunicare con Adriano, gli scrissi su un cartellone di Mainoldi… la sua faccia fu fin troppo espressiva: si era dimenticato».
25/06/2008 – Gazzetta di Mantova