Pubblichiamo l’introduzione firmata da Vittorio Sgarbi al libro scritto da Fabio Canessa (edizioni Donzelli) per i quarant’anni di “Azzurro”
di Vittorio Sgarbi
Azzurro è Celentano e Mallarmé. È lo stesso azzurro, è l’assoluto dell’attesa e della felicità. Anche il pomeriggio (l’«après midi») accomuna gli azzurri di Celentano e di Mallarmè: è una luce d’estasi nell’indifferenza del meriggio. Azzurro il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me. E non manca il treno di de Chirico che va al contrario dei desideri. Celentano traduce in umore padano il pensiero di siderale distanza, di astratta luminosità, di Mallarmé, con il tono scanzonato di uno studente che prepara gli esami di maturità, anche «letteratura francese», e pensa alla ragazza lontana, al mare, verso cui lo porta, metafora petrarchesca aggiornata ai tempi moderni, il treno dei desideri. Mallarmè si cala nei pensieri di un ragazzo della via Gluck (Gluck, nome mai sentito prima, ma singolare premonizione musicale, per capriccio del destino). Celentano vorrebbe l’Africa in giardino come un Raymond Roussel nostrano (da noi l’eccentrico francese aveva incantato Carlo Ripa di Meana, non troppo diverso da Celentano, in chiave aristocratica). Sogna e canta l’Azzurro. Ne esce, alla fine, con queste contaminazioni, la canzone più vicina a Battisti che egli abbia cantato.
14/12/2008 – Il Giornale