Il ragazzo della via Gluck compie 50 anni
Bocciato a Sanremo, il brano di Celentano è diventato un successo internazionale. Ha anticipato l’ambientalismo e ha segnato la svolta nella carriera del Molleggiato.
di Francesco Troncarelli
“Là dove c’era l’erba, ora c’è una città, e quella casa in mezzo al verde ormai dove sarà?”
Questa è la storia di uno di noi, noi ragazzi che giocavamo nei prati, quando il cemento non aveva ancora invaso i sogni e la vita scorreva tra lucciole pasoliniane e gente tranquilla che lavorava. E’ la storia del “Ragazzo della via Gluck”, brano autobiografico lanciato da Celentano nel corso di un Sanremo storico per artisti e relativi brani di 50 anni fa, che ha fatto epoca e ha dato il successo internazionale al Molleggiato.
Ma non solo questo. In quel “Ragazzo” c’è molto di più. La canzone infatti col suo testo fortemente critico e di denuncia si pose subito come una sorta di manifesto ambientalista, precorrendo così i tempi. Temi come l’ecologia, centrale nella vita quotidiana ai giorni nostri, nel 1966 erano materia per addetti ai lavori ed erano estranei nei discorsi e nella sensibilità dei più. Un merito quindi grandissimo per lui e per il suo pezzo.
Adriano Celentano la conosceva bene la via Gluck, strada del quartiere Greco dove era nato al civico 14 nel’38. La zona costeggia i binari della Stazione Centrale e durante la sua infanzia aveva ancora un aspetto periferico con prati, alberi e campi. Ma la vicinanza con la stazione favorirà la sua urbanizzazione, stravolgendo per sempre quel paesaggio per certi versi da Italia ancora rurale degli anni a cavallo del boom.
Adriano che da tempo medita un cambiamento d’immagine per potersi svincolare dallo stereotipo del “provocatore” rock and roll che gli ha dato la popolarità e lo ha reso idolo di certa gioventù da balera un po’ spaccona un po’ ribelle, ha così l’idea di scrivere una canzone sul quel mondo che non c’è più e cui sente la mancanza. E’ un passo decisivo per la sua carriera, che lo spinge verso tematiche più profonde rispetto a quelle più commerciali e nazionalpopolari affronatate sino ad ora.
Coi fidati collaboratori del Clan Luciano Beretta e Miki Del Prete scrive così “Il ragazzo della via Gluck”, ballata dai sapori folk che dimostra chiaramente il cambio di rotta che vuole imprimere alla sua produzione artistica ma anche come è cambiata la sua vita. Celentano, sposato con Claudia Mori, ha ormai tre figli e la famiglia adesso ha un ruolo sempre più importante per lui, è il vero Clan.
Nel 1966, a cinque anni da “Ventiquattromila baci”, Celentano decide di tornare al Festival di Sanremo e lo fa con questa canzone che sente molto, rinunciando a “Nessuno mi può giudicare”, che è stata scritta per lui e che farà invece, la fortuna della Caselli. La presenta in coppia con il “Trio del Clan”, composto dai fedelissimi Pilade, Ico Cerrutti e Gino Santercole. Assolo iniziale di chitarra suonato da lui, pausa interminabile come da copione, poi la frase “Ripeto” e nuovamente l’incipit con la chitarra e a seguire: “Questa è la storia, di uno di noi, anche lui nato per caso in via Gluck…”.
La storia poi è nota, Adriano viene bocciato dalla giuria e non passa alla serata finale. La sua svolta sincera e ambientalista non viene capita, anzi fioccano le critiche. Celentano che non “celentaneggia” non funziona né convince. Ma ad essere bocciati saranno in realtà i suoi detrattori perchè il brano sarà premiato dalle vendite e tradotto in varie lingue (inglese, tedesco, serbo, svedese e norvegese) diventando una hit internazionale a cominciare da quella proposta dalla musa della contestazione parigina Françoise Hardy che fece sua la canzone che diventerà “La maison où j’ai grandi”.
Inguaribilmente nostalgico, sentitamente romantico, decisamente critico, “Il ragazzo della via Gluck” è una pietra miliare della musica italiana. E’ una canzone che col suo testo di forte impatto ha rivoluzionato il modo di pensare sensibilizzando l’opinione pubblica verso tematiche fondamentali per la vita di ognuno e dello stesso pianeta.
L’idea geniale di un ipotetico dialogo di Adriano con un amico con cui come in film, passa in rassegna la sua infanzia e i suoi affetti e soprattutto si rende conto come la natura sia stata immolata sull’altare del progresso, si è rivelata vincente dal punto di vista artistico e drammaticamente vera nei fatti. Celentano la cantò la prima volta a Sanremo esattamente cinquant’anni fa. Riascoltandola ora, il fascino è rimasto intatto. Perché è un capolavoro e perché tanti in quella casa in mezzo al verde hanno lasciato il cuore.
29/01/2016 – Giornale dello Spettacolo (giornaledellospettacolo.globalist.it)