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Il sindaco: Adriano sbaglia

La città che cambia

È scontro sulle accuse del cantante. Il Comune difende le proprie scelte. Il Pd condivide l’attacco. Rampello: basta lamenti

Primo: «Milano è stata scelta da Shanghai come modello di riferimento urbanistico per l’Expo 2010». Secondo: «Da noi stanno lavorando i migliori architetti del mondo, da Fuksas a Liebeskind a Maggiora a Foster». Terzo: «Stiamo valorizzando il verde, le cascine, le strutture agricole, le aree dismesse». Infine la stoccata: «Ognuno faccia il suo mestiere». Il sindaco Letizia Moratti risponde così alle polemiche sollevate da Adriano Celentano sul volto «irriconoscibile» della città. Altro che genitori di Frankenstein (alias Moratti e Formigoni, secondo il ragazzo della via Gluck), altro che brutture. Anche il governatore lombardo contraddice ironico il molleggiato: «Se Celentano sapesse cosa abbiamo in mente gli prenderebbe un infarto». E no Adriano. «La città cambia, si trasforma, cresce». Inutile guardarsi indietro con nostalgia. E «quei poveri» architetti? «Come se fossero loro il male di tutto».

Intellettuali e amministratori difendono la rivoluzione urbanistica in corso. Ma c’è anche chi la pensa come il molleggiato: «Milano è triste e provinciale». Neorinascimento o declino? Davide Rampello, presidente della Triennale, precisa: «Milano sta vivendo un momento formidabile con le trasformazioni di Citylife, Bovisa, Santa Giulia, Sesto San Giovanni. Come si fa a non capirlo? Appena ci si risveglia dal torpore c’è sempre chi vuole che rimanga tutto fermo». Toppo rancore, troppa chiusura al nuovo. Certo, ci sono architetti più o meno bravi, come spiega l’urbanista Mario Bellini. «Ma la città continua a essere un libro di pietra scritto da una società che in essa si legge». Ovvero, tutto quello che viene costruito dipende non tanto dal progettista quanto dal committente: «Come la Roma rinascimentale, voluta dai papi».

Innovare e andare avanti. «Senza accusare troppo gli architetti», dice il rettore del Politecnico, Giulio Ballio: «Sono indispensabili, rendono più vivibile la città e sanno come diminuire le emissioni inquinanti delle abitazioni». Quanto poi al futuro di Duomo e Castello (a rischio rottamazione secondo Celentano), Rampello sbotta: «Io vorrei sapere cosa è stato distrutto di così fondamentale». Bellini, invece, minimizza: «È solo una boutade, la città occidentale tende a conservare i segni della sua storia». Da una parte il cantante, dall’altra gli amministratori. «Ognuno faccia il suo lavoro», dice il sindaco. «Offellé, fa ‘l to mesté», prosegue il vicesindaco Riccardo De Corato. Non è d’accordo Giovanni Bianchi, coordinatore milanese del Pd: «Le sollecitazioni di Celentano fanno riflettere, ha ragione quando dice che Milano è triste. Non ai livelli di Frankenstein, ma decisamente cupa. Il vero problema è la classe dirigente: servono nuove energie per fare — e in fretta — quel cambio di passo di cui la città ha bisogno».

Annachiara Sacchi

10/12/2007 – Corriere della Sera

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