Jerry Calà nel suo libro: “Mi vestivo come Celentano…”
Dall’autobiografia di Jerry Calà Una vita da libidine, pubblicata per Sperling e Kupfer nell’Aprile del 2016:
La musica in casa Calà comunque non mancava mai. Radio e dischi erano una presenza fissa, e l’idolo mio e di Marika in quegli anni milanesi era lui, Adriano Celentano. Vi ho già detto che se mi chiamo Jerry è perché facevo l’imitazione di Adriano che imitava Jerry Lewis. Ma io ero un fan totale di Celentano: cantavo come lui, mi muovevo come lui, mi vestivo come lui. Portavo dei pantaloni svasati che facevano paura, anzi tra noi ragazzini, tutti fan del ragazzo della via Gluck, facevamo le gare a chi aveva la zampa d’elefante più larga, misurandola con il metro. lo avevo un paio di pantaloni neri da libidine che partivano strettissimi in vita e finivano scampanati. Non me li toglievo mai. Praticamente camminavano da soli. Mia mamma mi inseguiva per togliermeli e poterli lavare.
C’era poi un negozio di abbigliamento in piazzale Loreto, a pochi metri da casa mia, dove io restavo per ore incollato davanti alle vetrine a guardare quello che era appeso. Di fatto lì vendevano tutto ciò che indossava Celentano, perché lui allora dettava la moda. Mi ricordo in particolare il capo più folle indossato dal «Molleggiato»: un paio di pantaloni bicolore, bianchi da una parte e neri dall’altra. Erano costosissimi, o almeno così sembravano a me, ragazzino senza soldi. Un giorno convinsi mia madre a venire con me per vederli in vetrina, e lei, che sapeva cucire come quasi tutte le donne che in quegli anni avevano fatto economia domestica alle medie, me li rifece uguali, secondo le mie indicazioni. Non mi cuciva solo i pantaloni, ma anche le camicie strette con i colli lunghissimi. Tutte cose che nessuno aveva il coraggio di portare, tranne Adriano e i suoi tanti imitatori, tra cui io.
Ero un Celentano undicenne talmente fan da essere orgoglioso persino di abitare poco distante da lui. La celebre via Gluck si trova a poco più di un chilometro e mezzo da via dei Transiti, e a piedi ci si mette un quarto d’ora. Ma allora, a quell’età, tutto sembrava lontano, per di più se dovevi passare sotto il pauroso tunnel della Stazione Centrale…
Riuscii però a fare con mio padre quello che avevo fatto con mia madre: convincerlo ad accompagnarmi in visita al tempio del culto celentanesco, la strada in cui era nato. Andammo in macchina girando tra la via Gluck e la via Zuretti, la dove c’era l’erba e ora c’era una città, ma di Celentano nemmeno l’ombra. Lui già non abitava più lì, era per i fatti suoi chissà dove…
Una volta diventato un attore famoso ho incontrato tutti i miei idoli, tranne proprio Celentano!
Lorenzo