L’eminenza grigia del clan Celentano
Claudia Mori: «La bellezza bisogna anche saperla gestire, perché poi passa. Facevo paura agli uomini»
di MARINELLA VENEGONI
MILANO
Nei tempi andati si diceva che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. Ancora non si sapeva nulla della sora Lella, artefice dei cachemire che avrebbero scaldato Fausto Bertinotti nel cammino verso la Presidenza della Camera, e neanche forse si immaginava che una grande donna avrebbe osato addirittura precedere l’Amato, riempire gli spazi che lui lasciava vuoti per indole, distrazione, pigrizia, o solo perché se lo poteva permettere. Di sicuro, il catalogo delle donne di carattere dei nostri tempi è obbligato a registrare l’esistenza di Claudia Mori: che da first lady della canzone, in quanto moglie di Adriano Celentano, è diventata zitta zitta, piano piano, un personaggio cruciale nelle scelte culturali della Rai.
Dopo aver affiancato il marito nei suoi spericolati zig zag fra dischi, cinema e show di grande ascolto, forte delle esperienze accumulate la bella Claudia ha tracimato. Si è buttata a fine Ottanta nel cinema, con Cuore di panna, e poi nella fiction, con De Gasperi e ora con la biografia di Rino Gaetano in lavorazione. Sta progettando un film su Einstein con Liliana Cavani come regista, e un lavoro sui fratelli Mozart, ma il grande show la attizza: dopo il ruggente Rockpolitik di suo marito nel 2005, stava per imbarcarsi nuovamente come produttrice, per lo storico amico di famiglia Teo Teocoli; però s’è messo di traverso il direttore di Raiuno Fabrizio Del Noce, che non la voleva perché non ha mai ricevuto le scuse dopo Rockpolitik, quando si autosospese perché non poteva soprintendere ai lavori.
Teocoli si è tirato indietro, perchè o Claudia o niente. E lo show è saltato: i telespettatori si beccheranno invece in marzo, di sabato sera, uno show sul ghiaccio con la Carlucci. Mentre suonano le trombe delle querele, annunciate da Del Noce, la first lady si augura «che in sede giudiziaria, sotto giuramento, venga finalmente fuori tutta la verità, anche se mi sembrerebbe molto strano che in questa causa si facesse parte attiva la stessa Rai». Ma con Teocoli comunque lavora, ha affidato ad Enrico Vaime una serie di telefilm scritti dove lui sarà un ispettore folle alla Peter Sellers.
Indomabile, tetragona, Claudia Mori. Da quando aveva 14 anni, non s’è mai fermata: «Ho iniziato a far l’attrice allora, mio papà mandò la mia foto a Paese Sera per il film Cerasella e mi presero subito», ricorda lei che ancora reca molti segni di quella bellezza prepotente che è stata. Proprio sul set di un film, Uno strano tipo, aveva conosciuto Celentano: «E sì che non lo volevo fare, qual film, perché venivo dal lavoro in Rocco e i suoi fratelli di Visconti, e per me Adriano era un pazzo. Accettai per mia sorella Anna, che era una sua fan». Era il 1962, e Claudia doveva lavorare: «Vengo da una famiglia onesta e povera, mio padre è morto lavorando come un matto, faceva il rappresentante di commercio. Per farci studiare, qualche pasto lo saltavano e di notte faceva il cameriere in un night. E’ morto a 52 anni perché non c’eran soldi per curarsi. Lavoravo e studiavo. Sono venuta su orgogliosa, testarda. Ho imparato ad affrontar la vita, a scontrarmi: e gli uomini capissero che dovevano fare attenzione». Dalla bellezza non si è fatta sopraffare: «Bisogna anche saperla gestire, perché poi passa».
Adriano, sempre un po’ ritirato, un po’ distratto, s’era trovato la donna giusta. Una con cui duettare, non solo su Chi non lavora non fa l’amore, ma sulle strategie musicali, sui film, più tardi sulla tv. 16 anni fa, le ha proposto di dirigere gli affari del Clan: «Sei seria, caparbia, se ti ci metti lo farai bene». Claudia ha tirato su i tre figli, e ha cominciato ad andare in ufficio. Si alza alle sei meno un quarto tutte le mattine, per tagliare fuori il traffico che da Galbiate la accompagna all’ufficio nel centro di Milano, dove resta fino a sera. Adriano, quando non incide o prepara dischi, sta a casa, pensa, ripara orologi o, come adesso, sta in montagna a giocare a poker con la suocera. Lei pedala: «Sulle fiction, lui non mette naso», confessa; e ammette il caratterino: «Con me è facilissimo andare d’accordo, basta non cercare di fregarmi. Il mio impatto è sempre propositivo, ma se mi accorgo che una cosa non è vera, comincio a diffidare e diventa difficile». Ha le antenne dritte quando la trattano «da donna» («Su questo ho dovuto lottare») e non disdegna le cure del bene collettivo: «Teocoli è sotto contratto alla Rai, lo stanno pagando senza fare nulla. Abbiamo pensato a questo progetto, ma Del Noce ha cassato il programma senza neanche esaminare un preventivo mio, su un concetto di antipatia per tutti quelli che lavoravano a Rockpolitik. Puoi pensare che una tv pubblica ti impedisca di andare nel suo ufficio per seguire la prima riunione di lavoro perché non ho chiesto scusa a Del Noce? Come fai a prevederlo? Umanamente, comunque, ce ne faremo una ragione».
16/01/2007 – La Stampa