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La Caporetto di nonna Rai

Il bilancio di fine autunno degli ascolti premia per la prima volta Mediaste nonostante Celentano, Benigni e i pacchi: dove va il servizio pubblico?

MILANO
Si può parlare di Caporetto infernal-celentanesca della tv di Stato? La débacle di «nonna Rai» nella guerra degli ascolti di fine 2007, la prima dopo anni di vittorie – Canale 5 ha vinto il prime time autunnale col 22.72% di share contro il 22.66% di Raiuno, e se si guarda al target commerciale peggio ci si sente – casca in singolare coincidenza con la riedizione del libretto di culto Allegro ma non troppo di Carlo Maria Cipolla. Nella deliziosa appendice sulla legge generale della stupidità umana, viene dimostrato che il vero stupido è chi fa del male a un altro arrecando danno a sé stesso. L’altra sera, all’ultima spiaggia, Raiuno ha ribaltato il punteggio del sabato, vincendo grazie al prolungamento di Affari tuoi fino alle 21 e 42 per mettere in ballo il premio da 500mila euro. E l’effetto servizio pubblico del Benigni dantesco è volato via in poche ore. Ma è solo uno dei nuovi paradossi della legge generale della stupidità tv, che soprattutto il Grillo Cantante Celentano ha messo in luce.

1. Oltre al solito Ballandi, sono stati decisivi per il rush finale di Del Noce il produttore «dei pacchi» Paolo Bassetti (Endemol) e l’agente di Benigni Lucio Presta, detto MediaPrest da quando si è trasferito con Paolo Bonolis sotto le insegne di Canale 5. E se nel disgelo politico del «Veltrusconismo» sparisce il conflitto d’interessi, ecco che già ora gli interessi stanno molto bene in conflitto. La singolare coincidenza con il caso Raiset, aldilà delle battute, porta a trarre il bilancio in termini di politica culturale dell’egemonia di questa classe dirigente Rai vicina a Berlusconi ora un po’ sotto scacco. Di nuovo, per esempio nell’informazione, hanno costruito ben poco. E alla fine restano memorabili la foga neo-prodiana di Celentano e l’irresistibile breve antistoria dell’Italia del centrodestra fatta da Benigni.

2. Nell’insensata falsa guerra televisiva si dimentica in fretta anche l’impegno della nuova classe dirigente del centrosinistra a rimettere in ordine perlomeno gli orari del servizio pubblico: se Celentano ha bene ostentato la chiusura anticipata in diretta, ecco subito che la prima serata parte quasi in seconda, per non parlare dei reality che sbrodolano ben oltre la mezzanotte. Vespa infine tira fino a notte fonda, e tra un po’ Marzullo farà l’Alba e dintorni. Anche Benigni così diventa un autogol, nota subito il quotidiano cattolico Avvenire o che si chiede: dopo il successo del V dell’Inferno, non sarebbe il caso di trasmettere il Paradiso benignesco in un orario più importante? Non sono più i tempi di Omero letto da Ungaretti ma possono tornare.

3. Celebrando sempre Benigni, è il Giornale che giustamente ricorda il caso del Sergente di Paolini su La 7, un clamoroso buco della Rai in questa stagione. Che appare ancor più profondo se si valuta la questione sul piano del linguaggio: Paolini ha costruito un vero e proprio evento di tutto rispetto, sulla linea da lui già sperimentata di un teatro civile che in tv passa perfettamente e funziona. Invece certe pecche televisive del Benigni-show (regia, luci, tempi) sono state evidenti agli addetti ai lavori, ma sono quisquilie che per fortuna non hanno intaccato lo strepitoso genio comico del nostro Oscar. Che la Rai comunque perda molti treni, oltre ai sergenti nella neve, lo dimostrano i successi di Dr. House e del Capo dei Capi su Canale 5.

4. Come da legge di Cipolla, Benigni dantesco senza spot e più ancora Celentano sono eventi a specchio che denudano l’immagine di una certa programmazione abituale, sottolineano di più l’horror vacui dei vari Pacchi, Treni e Fuoriclasse. Alla fine Celentano ha fatto uno spettacolo impeccabile e particolare, con la suggestione di una svolta «minimalista» del varietà molto contemporanea, come ha notato subito bene Carlo Freccero. Per dispetto, ma anche per sottolineare il paradosso, ha poi voluto portare un pezzo di Raitre su Raiuno, come se ormai esistesse solo lei, con Fabio Fazio e la telefonata a Milena Gabanelli. Ancor più provocatoria la scelta di rimandare uno spezzone di Che tempo che fa e proprio quello contro gli spot sulla rete che per i miliardi di euro di pubblicità richiamava in campo lui e Benigni a fare un po’ di servizio pubblico.

PAOLO MARTINI

04/12/2007 – La Stampa

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