La meraviglia che viene dal passato
Precisiamo subito: l’ipotesi che io mi stia rincoglionendo è tutt’altro che peregrina. L’ho contemplata e l’ho prevista. Troppi anni, troppa musica alle spalle, troppo vino, troppo di tutto. Facendomi forte di questa ipotesi di partenza posso arrivare a concludere che “Dormi amore, la situazione non è buona” è un buon disco e non solo di musica pop.
Certo, non si può ignorare che ci sono testi di Mogol e musiche di Gianni Bella che di tanto in tanto stimolano a prendere la scura per pigliare ad accettate l’orrida prosa poetica di Giulio Rapetti, ma quando per fare un disco si riesce a circondarsi da “spalle” come Ludovico Einaudi, Stefano di Battista, Carmen Consoli, Vincenzo Cerami, Neffa, Domenico Modugno, Francesco Tricarico, Fio Zanotti, Celso Valli per gli arrangiamenti, è facile che qualcosa di buono ne esca. D’altra parte per Celentano hanno scritto in epoca recente anche Ivano Fossati, Paolo Conte e Francesco Guccini e pure, se vogliamo, tramite il frammento inedito di Lunfardia, Fabrizio De Andrè. Mancano solo Jannacci e Gaber, ma potrebbero essere prossime puntate.
Quindi, oltre a un magnifico lavoro professionale, come era logico aspettarsi, ci sono anche ottime canzoni: come l’iniziale “Hai bruciato la mia vita“, compresa tra un incipit e una coda dove sovrasta il tutto il pianismo liquido e intenso di Ludovico Einaudi. Celentano canta, come sempre, con convinzione e classe. A qualcuno il modo di cantare del molleggiato può non piacere. Ad esempio Pier Luigi Rosso nel suo intervento sul libro “A canzoni far rivoluzioni e far poesia?” sostiene che “Celentano è il cantante italiano più sopravvalutato: pur riconoscendo il carisma del personaggio … e l’indubbio fascino di una voce che, pur non fornita di una grande estensione, si connota per un certo calore timbrico, risulta smisurata la grandezza correntemente attribuitagli. … Ne deriva una sommaria freddezza esecutiva. Celentano risulta monocorde in ogni suo brano a prescindere dal testo“.
Si può essere o non essere d’accordo ma ascoltando in questo disco la versione celentanesca di “Ragazzo del sud“, inedito di Domenico Modugno, viene da pensarla diversamente. La canzone sembra una folk song di grande peso. Vengono in mente Della Mea e la Marini e l’interpretazione di Adriano è perfettamente in linea con una storia di scontri tra polizia e malviventi nella Torino degli anni ’60, dove entrambi “sono tutti di una razza / sono figli degli stenti / Meridione disperato / Sole e mare e poesia / o bandini per le strade /o arruolati in polizia”.”
“Anna Magnani” è poi nobilitata da una doppia firma: Vincenzo Cerami per il testo e Carmen Consoli per la musica. Neo-realistica e intrigante, anche se, sostanzialmente, mi sarei aspettato di più dal connubio. Viene fuori un brano molto alla Jannacci. La musica jazzata del quartetto di Stefano DI Battista aggiunge ulteriori quarti di nobilità al brano, che però, forse, non è del tutto nelle corde di Celentano. Buona, ma c’è sempre come l’attesa che da un minuto all’altro possa dare di più. Baciarsi comunque i gomiti ad avere canzoni così. Forse il testo di Cerami risente di una a-musicalità di fondo che spinge interprete e autrice a fare acrobazie per restare nei tempi.
Giovanni Pellino sarebbe Neffa ed è l’autore di “Fiori” che è una gradevole pop song che non sfigura nell’album anche se non riserva zampate sorprendenti. Molto più interessante “La situazione non è buona” di Francesco Tricarico, dove la voce di Adriano viene annerita ulteriormente: “La situazione politica non è buona / la situazione economica non è buona / la situazione del mio lavandino non è buona” che è la canzone che chiosa che “la più grande sciagura sono gli architetti”. Ottimo lo stacco a metà canzone con accelerazione improvvisa e voce filtrata. Da chicca la frase “La situazione dei miei capelli non è buona” e il crescendo che introduce al ritornello. Uno dei punti alti dell’album.
Così come è ben più che interessante la “Aria … non sei più tu“, sorta di tango nero che potrebbe ricordare gli Ardecore e che invece è Celentano, rivisto e corretto da Lorenzo Jovanotti Cherubini con Danijel Vuletic. “Aria / da quando tu non sei più tu / vivi / costretta in cattività / tu che sei la madre / sei condannata a morte / dai figli tuoi“. E’ anche il brano che che afferma che “Leggi di giunte comunali con dentro i porci che decretan la tua morte” e che si consente anche la citazione autobiografica: “O Celentan sempre lo disse: odia chi distrugge le città / canta da quella notte di via Gluck, il pianto dell’umanità“.
Per non fare gli schizzinosi ammettiamo che anche il “Fascino” di Mogol-Gianni Bella, con un testo così battistiano di Mogol, infarcito di piccole cose normali, non è affatto male. In coda una ghost track che riassume in breve quanto già cantato più per esteso prima: una sorta di riassunto rapido del disco. Curioso. Insomma: è Celentano, è il cosiddetto mainstrem. Niente per cui capovolgersi sui divani o restare esterrefatti, ma è un disco di buona musica, cantanto e suonato a livelli eccellenti. Mi starò rincoglionendo, ma a me le canzoni di Celentano sono sempre piaciute.
1. Hai bucato la mia vita
2. Aria … non sei più tu
3. Dormi amore
4. La situazione non è buona
5. Ragazzo del Sud
6. Vorrei sapere
7. Anna Magnani
8. Fiori
9. Fascino
10. I tuoi artigli
di Leon Ravasi
05/12/2007 – La Brigata Lolli (www.bielle.org)