Il gran padre di tutti gli autori di testi del mondo, Mogol – uno che io, come voi, canto tutti i giorni – è in grande attività. Sta per uscire il disco di Adriano Celentano al quale ha collaborato come sempre; ma poi giovedì scorso era in copertina sul Magazine del Corsera, oggi domenica aveva due pagine con commenti alati del politologo Borselli su Repubblica.
Perché, che succede?
Semplice, esce un cofanetto no? E’ Natale no?
Il cofanetto s’intitola “Il nostro canto libero”, contiene il dvd delle interpretazioni tv e due cd con i maggiori successi della leggendaria accoppiata Mogol-Battisti, più due brani mai sentiti (che se non si sono mai sentiti finora, un motivo ci sarà).
Voglio personalmente bene a Mogol, che è un uomo con un alto concetto della musica popolare, e si è dato molto da fare per tenerla su, mentre cade giù, sempre più giù.
Però mi sono chiesta come mai , in questi giorni, muovendosi in prima persona per questa ampia esposizione mediatica, abbia scelto interlocutori lontani dall’ambiente musicale, seppure di sicuro bravi e appassionati.
Mi sono risposta con malizia. In questo modo, Giulio Rapetti Mogol non corre il rischio che qualcuno gli chieda perché si sia messo a scrivere testi per Gigi D’Alessio, e perchè dica che il medesimo gli ricorda Battisti. E pure l’alato commentatore, commentando, non andrà fuori tema-cofanetto, resterà lontano dal fenomeno “essere una donna/non vuol dire riempire una minigonna”.
Il rischio per ora è stato evitato. Ma ,caro Mogol, per tener su la musica popolare bisogna anche tenere su se stessi……
di Mariella Menegoni (critica musicale)
04/11/2007 – La Stampa